Il mondo si sta mobilitando per salvare Reyhaneh Jabbari, la 26enne iraniana condannata a morte nel 2009 per l’omicidio, avvenuto nel 2007, di un ex impiegato del ministero dell’Intelligence.
La donna ha dapprima ammesso l’omicidio, dichiarando di aver reagito a un’aggressione sessuale; poi ha denunciato di essere stata costretta a confessare sotto tortura; infine, ha chiamato in causa un’altra persona, un uomo, presente nella stanza in cui era avvenuto l’omicidio.
L’esecuzione, dapprima fissata il 15 aprile poi il 30 settembre, è stata ulteriormente rinviata di 10 giorni. Manca poco tempo al nuovo appuntamento col boia.
Quello di Reyhaneh Jabbari è uno dei rari casi di condanne a morte in Iran di cui il mondo viene a conoscenza, in questo caso grazie alla madre della donna, e su cui si mobilita. Nei primi nove mesi di quest’anno, le esecuzioni nel paese sono state già oltre 550.
Per coloro che si battono contro la pena di morte, colpevole o innocente, Reyhaneh Jabbari non deve morire. Mettiamo dunque a disposizione l’appello di Amnesty International per l’annullamento della condanna e la riapertura del processo.
http://www.amnesty.it/iran-pena-di-morte-reyhaneh-jabbari
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