lunedì 17 ottobre 2016

TOKYO Pena di morte: in Giappone qualcosa di muove

Il Sole24 ore
dal nostro corrispondente Stefano Carrer  

Finalmente qualcosa si muove in Giappone sul fronte di un percorso verso l'abolizione della pena di morte o almeno di una moratoria. In questi giorni le iniziative di sensibilizzazione sulla questione che la Comunità di Sant'Egidio promuove a Tokyo presso la Dieta da cinque anni con l'appoggio dell'Unione Europea si sono svolte in una atmosfera di relativo ottimismo, dopo che la Federazione degli Avvocati giapponesi si e' pronunciata ufficialmente per la prima volta contro la pena capitale. 
Un film su un errore giudiziario
Una decisione - quella dei mondo legale - arrivata sulla scia di un clamoroso errore giudiziario che ha riguardato Iwao Hakamada, oggi ottantenne, tenuto in prigione per ben 48 anni – molti dei quali nel braccio della morte – e scarcerato due anni fa per il fondato sospetto che alcune prove a suo carico erano state manipolate dalla polizia. Sulla sua vicenda all'Istituto Italiano di Cultura di Tokyo - nell'ambito del convegno “No Justice without Life” promosso dalla Comunita' di Sant'Egidio il giorno dopo il meeting alla Dieta – e' stato proiettato il film-documentario “Freedom Moon” del regista Kim Sung-woong, che narra la vita quotidiana di Hakamada dopo il rilascio dal carcere, tra problemi mentali e lenti miglioramenti nell'adattamento a una vita normale dopo decenni di isolamento. Era presente la sorella di Hakamada, Hideko, che per quasi mezzo secolo ha sempre lottato perche' l'innocenza del fratello venisse riconosciuta. 

Giappone. Sant'Egidio: aboliamo la pena di morte


da Avvenire 





Meno di due mesi fa, il caso Sagamihara ha sconvolto il mondo: un giovane armato di coltello è entrato in un centro per disabili e ha massacrato 19 ospiti. Al di là delle sterili posizioni di quanti proponevano "l'occhio per occhio" contro il killer, la Comunità di Sant'Egidio ha voluto invitare la società giapponese a una riflessione sul valore della vita. 
Da qui, "No Justice without Life" (Non c'è giustizia senza vita): una due giorni di dibattiti sullo Stato di diritto e il senso della pena nel quadro della campagna internazionale per l'abolizione delle esecuzioni. L'evento - che si è concluso ieri - è stato organizzato con la Commissione per gli Affari sociali del Parlamento italiano, rappresentata a Tokyo dal presidente Mario Marazziti. «Sentiamo la pena capitale in Giappone come una stridente contraddizione con tanti, troppi aspetti della cultura e della tradizione di questo amato Paese», ha detto Alberto Quattrucci, segretario di Uomini e religioni di Sant'Egidio. Al momento, nei bracci della morte giapponesi, ci sono 130 reclusi: il 10-15 per cento potrebbe essere stato vittima di errori giudiziari. 

venerdì 14 ottobre 2016

Tokyo: No Justice Without Life, l'intervento di Alberto Quattrucci


NO JUSTICE WITHOUT LIFE
Dopo caso di Sagamihara, quando nel luglio scorso un giovane armato di un coltello aveva ucciso 19 persone e ne aveva ferite altre 30 in una struttura per disabili, appare urgente raccogliere tutti coloro che credono in una giustizia che rispetti la vita. 
Con la Comunità di Sant'Egidio e la Commissione per gli Affari Sociali del Parlamento Italiano a Tokyo, la prima giornata di riflessione per discutere sullo Stato di diritto e il senso della pena in Giappone, nel quadro della norma internazionale, 
per l'abolizione della pena di morte :

L'intervento del Prof. Alberto Quattrucci 
Venerdì 14 ottobre ore 10:00 – 12:30 

Prof. Alberto Quattrucci Segretario generale UeR - Comunità di Sant’Egidio

Eccellenze, onorevoli parlamentari, cari amici,sono cinque anni che la Comunità di Sant’Egidio promuove a Tokyo, in ottobre, eventi pubblici sul tema dei diritti umani e della pena capitale: quattro anni che lo facciamo qui, in questa sala, nel cuore del potere legislativo giapponese. Il titolo: “NO JUSTICE WITHOUT LIFE”, non esiste giustizia senza vita.

giovedì 13 ottobre 2016

Sant'Egidio: 14 ottobre a Tokyo la Conferenza No Justice Without Life


Domani 14 ottobre a Tokyo la prima giornata che raccoglie parlamentari, testimoni, uomini di religione per l'abolizione della pena di morte in Giappone



Dopo caso di Sagamihara, quando nel luglio scorso un giovane armato di un coltello aveva ucciso 19 persone e ne aveva ferite altre 30 in una struttura per disabili, appare urgente raccogliere tutti coloro che credono in una giustizia che rispetti la vita. 

La Comunità di Sant'Egidio e la Commissione per gli Affari Sociali del Parlamento Italiano invitano a due giornate di riflessione per discutere di nuovo sullo Stato di diritto e il senso della pena in Giappone, nel quadro della norma internazionale, per l'abolizione della pena di morte 

di seguito il programma dell'evento del 14 ottobre a Tokyo:


Conferenza venerdì 14 ottobre ore  10 - 12,30

No Justice Without Life                                                                       
House of RepresentativesFirst Members’ Office Bldg. 1F – Congress Hall2-1-2 Nagata-cho, Chiyoda-ku, Tokyo

Program

I Part

Conduttore
Yuko Shiota
Center for Prisoners’ Rights

Opening Addresses
Alberto Quattrucci
Secretary General of Peoples and Religions
Community of Sant’Egidio
Domenico Giorgi
Ambassador of Italy to Japan
Francesco Maria Fini
Deputy Head of  EU Delegation to Japan, Introductory Lecture
Mario Marazziti
Chairman of the Commission for Social Affairs to the Italian House of Representatives

Movie on the Death Penalty in the World


II Part



Moderator

David McNeill
Japan correspondent  for Irish Times, Independent 
and Japan Times newspapers, USA

Interventions
Shizuka Kamei
Chairman  of the Parliamentary League 
for the Abolition of Death Penalty 


Yoshio Urushibara

Komeito Party - 

Chairperson of the Central Committee


Seiken Sugiura
Liberal Democratic Party 

Former Minister of Justice
who refused to carry out executions during his term of office


Witnesses


Osamu Kamo
President of JFBA's Committee 

on Abolition of the Death Penalty


Hideko Hakamada
Sister of Iwao Hakamada, innocent, world’s longest-held 
death row inmate - 48 years - freed on March 27th, 2014


Ryuji Furukawa
Seimeizan Shweitzer-ji 

Contributions

Yukihisa Fujita
Democratic Party, 

Director General of International Department
Mizuho Fukushima
Social Democratic Party, 

Member of the House of Councilors of Japan
Tadashi Shimizu
Japan Communist Party , 



Member of the House of Representatives of Japan
Nobuto Hosaka
Mayor of Setagawa 

Former Secretary General of the Parliamentary League 



for the Abolition of Death Penalty 

III Part
Conductor
Yuko Shiota
Center for Prisoners’ Rights 

Debate


(free interventions)

Conclusions
Mario Marazziti
Chairman of the Commission for Social Affairs 

to the Italian House of Representatives




mercoledì 12 ottobre 2016

Ue chiede moratoria esecuzioni a Bielorussia

Pena di morte, Delegato europeo: “L'abolizione avvicinerebbe Paese a standard europei”
di Velino International 0956 21 ore fa  fonte ilVelino/AGV NEWS/Sputnik  Minsk

Minsk, 09:56 - 21 ore fa (AGV NEWS)
L’Ue esorta il governo di Minsk ad introdurre una moratoria delle esecuzioni in vista dell'abolizione della pena di morte nel Paese. "La Bielorussia è l'unico Paese del continente europeo in cui ancora è in vigore la pena capitale. Esorto le autorità della Bielorussia a commutare le condanne e a stabilire una moratoria formale sulle esecuzioni come primo passo verso l'abolizione della pena di morte" ha detto il capo della delegazione europea in Bielorussia, Andrea Wiktorin sottolineando come questo passo avvicinerebbe il Paese agli standard dell’Ue. Wiktorin ha inoltre fatto notare che secondo la costituzione bielorussa, la pena di morte è prevista come "misura temporanea". Secondo gli attivisti dei diritti umani nel paese, due persone sono state giustiziate dall'inizio del 2014, mentre altri due, che sono stati condannati nel 2013, sono attualmente nel braccio della morte.



martedì 11 ottobre 2016

10 ottobre, 14ma Giornata contro la pena di morte

In occasione del 10 ottobre 2016, 14ma giornata mondiale contro la pena di morte, la Comunità di Sant'Egidio, che ha partecipato alla fondazione della World Coalition against the Death Penalty,  e che da anni è impegnata nella battaglia abolizionista, organizza in Giappone una conferenza internazionale presso il Parlamento (14 ottobre) e un dibattito presso l'istituto italiano di cultura di Tokyo (15 ottobre). 
Gli incontri svilupperanno il tema della giustizia e dei diritti umani nel sistema penale giapponese e vedranno la partecipazione di registi, parlamentari, rappresentanti religiosi e del mondo della cultura, e di Hideko Hakamada, sorella di Iwao Hakamada, condannato a morte innocente e detenuto nel braccio della morte per 48 anni fino alla liberazione a marzo 2014. 


Negli stessi giorni la Comunità di Sant'Egidio organizza una serie di incontri nelle carceri italiane (Avezzano, Sulmona, Paliano, Rebibbia, Regina Coeli, Civitavecchia) sul tema della violenza e della pena di morte, con la partecipazione di Tamara Chikunova, la coraggiosa attivista uzbeka che ha contribuito all'abolizione della pena capitale in Uzbekistan, Kirghisistan e Mongolia.

La Comunità di Sant'Egidio sottolinea come, nonostante si riduca costantemente il numero di paesi che mantengono la pena capitale nella loro legislazione, essa sia ancora ampiamente utilizzata anche per crimini meno gravi e applicata indiscriminatamente anche a soggetti più deboli (minori, disabili mentali). La giornata mondiale 2016 vuole porre l'attenzione sull'utilizzo distorto della pena di morte quale strumento di prevenzione del terrorismo.  Alcuni paesi hanno infatti ripreso le esecuzioni dopo anni di moratoria, altri hanno ampliato l'applicazione della pena capitale ai reati connessi al terrorismo. 

Tuttavia, segnali incoraggianti vengono da alcuni paesi con cui la Comunità di Sant'Egidio ha a lungo collaborato in vista dell'abolizione della pena capitale. Negli Stati Uniti, continua, seppur lentamente, un trend abolizionista: 20 stati hanno abolito la pena capitale e 4 hanno imposto una moratoria, mentre  la California si prepara ad un referendum per l'abolizione il prossimo 8 novembre. In Guinea-Conakry, il parlamento ha recentemente approvato una riforma del codice penale che apre la strada alla piena abolizione della pena di morte. Inoltre, molti paesi che hanno partecipato al IX congresso internazionale dei Ministri della Giustizia organizzato dalla Comunità di Sant'Egidio (Roma, 22-23 febbraio 2016), si sono impegnati a modificare le loro precedenti scelte e a sostenere la moratoria universale della pena di morte che sarà presentata e votata dall'assemblea generale delle Nazioni Unite nei prossimi mesi. 

lunedì 10 ottobre 2016

Non c’è pena valida senza speranza! #NoDeathPenalty

Papa Francesco contro le condanne a morte:   “Non c’è pena valida senza speranza!” è il tweet pubblicato da Papa Francesco in occasione della quattordicesima Giornata mondiale contro la pena di morte. 

Il 22 giugno scorso il Papa aveva affermato che "la pena di morte è inammissibile, per quanto sia grave il reato commesso dal condannato. 

È un affronto all’inviolabilità della vita e della dignità della persona umana che contraddice il disegno di Dio sull'uomo, la società e la sua giustizia misericordiosa (...). Essa non rende giustizia alle vittime, ma incoraggia la vendetta. Il comandamento 'Non uccidere' ha un valore assoluto e riguarda sia l'innocente e il colpevole” (Videomessaggio al Congresso mondiale contro la pena di morte). 

Ricordiamo Asia Bibi nella preghiera nella speranza che la prossima udienza porti salvezza

Asia Bibi affronterà il prossimo 13 ottobre una nuova udienza davanti alla Corte Suprema del Pakistan, che nel 2015 aveva sospeso la sua condanna a morte. 

Nel 2010, dopo un litigio con le compagne di lavoro, Asia Bibi, una contadina cristiana del Punjab, fu accusata di blasfemia e condannata a morte, condanna riconfermata dalla Corte di Appello. 

Da allora ha sempre vissuto in una cella del braccio della morte sostenendo di essere stata condannata per la propria fede religiosa.

Ci auguriamo che con la prossima udienza si possa giungere a chiarezza.  Il tutore della famiglia di Asia Bibi, Joseph Nadeem, ha sottolineato la delicatezza di quest'ultima udienza e ha chiesto "la preghiera costante di tutti i cristiani e di tutti gli uomini di buona volontà”, ci uniamo al suo invito e chiediamo a tutti di ricordare Asia nella preghiera.  


martedì 4 ottobre 2016

Spiragli da oriente. La Thailandia verso la depenalizzazione

Hassan Bassi racconta per Fuoriluogo.it la svolta della Thailandia verso il modello portoghese nella gestione dell’uso di sostanze psicoattive.Nel difficile panorama orientale caratterizzato da paesi che applicano la pena di morte per reati legati alla droga, dalla repressione e la violenza ai danni dei consumatori; e delle più famose centrali di produzione illegale di droga al livello mondiale, come il  triangolo d’oro indocinese e la Cina per la frenetica attività di produzione di nuove sostanze psicoattive, si è aperto uno spiraglio di luce, proprio in uno di quei paesi storicamente caratterizzato da un feroce, per quanto inefficace, proibizionismo, la Thailandia.yaba, la sostanza più diffusa in Thailandia In Thailandia la legge prevede la pena di morte per i trafficanti di droga (anche se è dal 2009 che non si registrano nuove esecuzioni) e le pene per reati legati alle droghe sono altissime, spesso superiori ai 15 anni di reclusione. A questo va aggiunto che è prassi l’avviamento a programmi obbligati di trattamento disintossicante per i consumatori di droga.Dal febbraio del 2003 quando l’allora primo ministro Thaksin Shinawatra lanciò la propria guerra alla droga, lasciando libertà ai capi dipartimento ed alla polizia di compilare blacklist di spacciatori o sospetti tali, in Tailandia la repressione contro trafficanti e consumatori non si è mai fermata. Il risultato dei primi 3 mesi della campagna del 2003 furono 2800 esecuzioni extragiudiziarie, ed a fine anno si contavano 73.300 persone arrestate. Grazie al lavoro della commissione d’inchiesta insediatasi nel 2006 sappiamo che almeno la metà delle persone uccise non aveva alcun legame con il mondo della droga: erano state inserite nelle blacklists dai referenti governativi locali per vendette personali o per eliminare concorrenti scomodi. Proprio come sta succedendo oggi nelle vicine Filippine. Il risultato della guerra alla droga di Thaksin oltre alla carneficina fu quello di far aumentare alle stelle il prezzo della droga così da spingere molti consumatori verso sostanze più economiche ma molto più pericolose per la salute con i problemi che ne conseguono.La sostanza più usata in Thailandia sono le  metanfetamine il cui consumo non è mai significativamente diminuito dal 2003 ad oggi, anche perché legato ai massacranti turni di lavoro soprattutto dei camionisti tailandesi. La Narcotics Control Board tailandese (come riportato dalla testata Al Jazzera) ha calcolato che ci sono circa 2 milioni di tailandesi che fanno uso di “yaba”, un mix di metanfetamina e caffeina, conosciuta anche con il nome di “droga dei pazzi”. La stima appare al ribasso, se si considera che la quantità di yaba sequestrata ogni anno al solo confine con il Myanmar (Birmania) è di 100 milioni di pillole, e che la produzione non avviene solo nel vicino paese, dove malgrado la pena di morte, i laboratori di produzione di metanfetamine e di raffinazione dell’eroina sono efficientissimi, ma anche nella stessa Tailandia attraverso centinaia di laboratori clandestini.Oggi i detenuti in Thailandia sono circa 320.000, su di una popolazione di 67 milioni di abitanti, ed più del 70% lo è per reati legati alla droga.La svolta del Ministro-GeneralePaiboon Koomchaya, Ministro della Giustizia della ThailandiaPaiboon KoomchayaDi fronte a questo desolante quadro, il generale Paiboon Koomchaya, attuale ministro della giustizia della giunta militare tailandese, ha iniziato nel 2015 una riforma della normativa sulle droghe in senso meno restrittivo eliminando la parificazione fra consumatori e spacciatori, considerando le condizioni sociali del reo e indirizzando gli interventi verso un approccio non punitivo per coloro che utilizzano sostanze.Il Generale dice di ispirarsi al modello portoghese e la proposta di riforma è stata presentata in un evento collaterale durante Ungass 2016 in collaborazione con la rete IDPC. Dopo Ungass il ministro-generale non ha aspettato molto per dichiarare pubblicamente che la guerra alla droga ha fallito e che è necessario un cambio di approccio. Come riportato da diverse testate giornalistiche tailandesi, malgrado le prime dichiarazioni del Ministro siano state criticate in patria, e lo stesso sia stato costretto ad una temporanea marcia indietro, oggi la sua proposta è forte e prevede la legalizzazione della metanfetamina. Tecnicamente si tratterebbe di spostare le metanfetamine dalla tabella I alla tabella II, in modo che i medici la possano prescrivere come medicinale senza incorrere in sanzioni. La politica di legalizzazione prevede inoltre che lo stato possa produrre sostituitivi di qualità che possano essere utilizzati dalle persone con problemi di dipendenza offrendo comunque loro la possibilità di sottoporsi a percorsi di disintossicazione volontaria.Il Ministro ha ben inquadrato il problema quando ha affermato che la detenzione non risolve la questione della diffusione della droga né i problemi delle persone che ne fanno un uso problematico, e tantomeno i trattamenti obbligati, che spingono i cittadini a non fidarsi e a non rivolgersi ai servizi quando hanno un problema con le sostanze. Il prossimo passo, ha promesso, è la rimozione del kratom e della marijuana dalle tabelle delle sostanze narcotiche per inquadrarle come erbe mediche di libero utilizzo.Insomma anche nell’oriente la war on drugs comincia a vacillare: con la speranza che le assurde politiche proibizioniste, oggi tragicamente impersonificate dal filippino Duterte, possano presto prender atto della loro inefficacia e dannosità e lasciare il passo alle evidenze scientifiche e pratiche.

lunedì 3 ottobre 2016

Usa; per la prima volta in 50 anni, meno meta’ e’ favorevole pena di morte



http://www.onuitalia.com/2016

NEW YORK, 2 OTTOBRE – Per la prima volta in quasi 50 anni gli americani favorevoli a punire con la pena di morte un condannato per omicidio sono scesi sotto il 50 per cento, ha scoperto l’ultimo Pew Research Survey. E’ un’evoluzione ancora fragile ma significativa. Il rilevamento, a due mesi dal voto sulla nuova risoluzione Onu sulla moratoria e mentre la Corte Suprema si prepara a tornare sull’argomento, coincide con un progressivo calo delle esecuzioni negli Stati Uniti: quest’anno dovrebbero essere il numero piu’ basso in termini assoluti in un quarto di secolo mentre e’ in calo anche il numero di stati che applicano la pena capitale.

Negli Usa il sostegno alla pena di morte e’ in progressiva diminuzione dopo aver toccato il suo apice all’inizio degli anni Novanta quando ben otto americani su dieci erano a favore. Finora gli americani convinti della necessita’ di mantenere in azione le camere della morte erano stati una solida maggioranza. Il 49% del sondaggio sondaggio Pew mostra che per la prima volta da quando Richard Nixon era alla Casa Bianca il partito del patibolo e’ finito in minoranza.

Secondo i dati Pew, era dal novembre 1971 che il sostegno alla pena di morte era così basso (contro le esecuzioni si sono schierati oggi in 42 su cento). Il numero dei fautori del boia e’ sceso di ben sette punti (oltre dunque il margine di errore) dal marzo 2015 quando il 56 per cento si era schierato a favore. In altri sondaggi una maggioranza di americani hanno ammesso che in base all’attuale sistema un innocente rischia di essere messo a morte.

Stavolta il sostegno all’iniezione letale e ad altre forme di punizione capitale e’ risultato più alto tra gli uomini (55%) che tra le donne (48%). In maggioranza contrari i giovani tra 18 e 29 anni; più a favore i bianchi (57%) dei neri (29%), mentre tra gli ispanici la pena di morte e’ favorita dal 36% mentre il 50% e’ contrario. (@alebal)

“Le preghiere del Papa libereranno mia madre, Asia Bibi”

Da Vatican Insider

Alla vigilia dell’udienza della Corte Suprema di Islamabad, in Pakistan, sul caso della cristiana condannata per blasfemia, parla la figlia della donna


«Sento che il Papa prega per mia madre e continuerà a pregare. E con le sue preghiere mia madre sarà liberata»: alla vigilia dell’udienza della Corte Suprema di Islamabad sul caso di Asia Bibi, la cristiana pakistana condannata per blasfemia, la figlia della donna, Esham, ricorda la visita in Vaticano al Pontefice, compiuta nell’aprile del 2015, e si appella a Papa Francesco perché con le sue preghiere interceda a favore della madre, rinchiusa da anni nel braccio della morte di un carcere pakistano.  

La basfemia è tema estremamente delicato in Pakistan dove l’Islam è la religione di Stato: la legge prevede la pena di morte per chi venga condannato per aver insultato l’Islam e spesso l’accusa di blasfemia viene utilizzata per risolvere controversie personali. Asia Bibi è diventata un simbolo del tema, ma le autorità pakistane appaiono esitanti tra il rispetto dei diritti umani e le concessioni al pressing degli estremisi religiosi. 

Papa Benedetto XVI chiese pubblicamente la liberazione di Asia nel 2010. Il marito ha anche scritto al presidente pakistano, Mamnoon Hussain, per ottenere la grazia e l’autorizzazione a partire per la Francia, ma invano. Sono stati respinti numerosi ricorsi ma la Corte Suprema lo scorso anno ha accettato di esaminare il caso. L’udienza è stata fissata per la seconda settimana di ottobre, ha detto l’avvocato di Bibi, Saif-ul-Mulook, senza però dare una data precisa.