Da Avvenire
Il Colosseo illuminato contro la pena di morte. Oltre duemila le città che hanno aderito alla campagna. Celebrato il Nebraska, primo Stato Usa a guida repubblicana a dire no alla pena di morte
di Matteo Marcelli
La scelta del 30 novembre non è casuale. È il giorno in cui, nel 1786, il Granducato di Toscana divenne il primo Stato europeo ad abolire per legge la pena di morte. Da 14 anni però è anche la data che segna «un nuovo modo di combattere della società civile in favore di una giustizia che sappia rispettare la vita», per usare le parole di Mario Marazziti, ieri alla Camera per la presentazione di "City for life", la giornata internazionale delle città contro la pena di morte promossa dalla Comunità di Sant'Egidio. Un movimento in crescita che, secondo il presidente del Comitato per i Diritti umani della Camera, ha contribuito a portare a 114 i voti a favore per la moratoria mondiale sulla pena di morte. Una battaglia alle Nazioni Unite a guida italiana e promossa, tra gli altri, proprio dall'organizzazione romana. «La pena di morte non gode di buona salute - spiega ancora Marazziti - ma ci sono Stati in cui purtroppo le esecuzioni sono riprese. Anche per questo è necessaria un'alleanza internazionale per la vita».
Oltre duemila le comunità che hanno aderito quest'anno, molte le capitali: Roma, Londra, Città del Messico, San Salvador, Conacry, Kinshasa, Rio De Janeiro e altre.
Monumenti illuminati (come nel caso del Colosseo) o convegni in università, iniziative pubbliche e momenti di preghiera. In alcuni casi si tratta di società «che lottano all'interno di Stati che praticano e approvano la pena di morte - dice ancora Marazziti - o sono provate da una grande violenza come San Salvador» e City for life offre loro il suo sostegno.
Così è accaduto anche per il Nebraska, celebrato ieri come primo Stato americano a guida repubblicana, storicamente conservatore, ad abolire la pena di morte. Un caso particolare, risolto solo nel maggio scorso anche e soprattutto grazie al voto dei repubblicani che hanno superato il tentativo di ostruzionismo del governatore Pete Riketts. Repubblicano e convinto sostenitore della pena capitale, Riketts ha prima annunciato il suo veto e poi sostenuto e pubblicizzato l'acquisto di una sostanza per l'iniezione letale, il Pentobarbital, la cui produzione è stata danneggiata anche grazie all'attività di Sant'Egidio. «Quando sono stato eletto sapevo che sarebbe stata una questione fondamentale - racconta il senatore repubblicano del Nebraska Mark Kolterman - È stato un voto difficile, ma credo che la vita inizi dal concepimento e debba finire con una morte naturale. Ritengo sia stata la decisione giusta. Ho preferito i miei principi alla strategia elettorale». Come lui anche il senatore Colby Coash, stesso partito, vuole ringraziare la Comunità per il supporto: «Quando sono diventato il leader di una coalizione trasversale contro la pena di morte non avevo idea che il mondo ci stesse guardando. Sono grato del sostegno ricevuto da Sant'Egidio».
C`è poi l'appoggio della comunità cattolica, senza la quale l'impresa sarebbe stata ancora più difficile: «Senz'altro rappresenta un aiuto enorme - spiega ancora Colby Coash - abbiamo avuto il sostegno di tre vescovi da tre delle nostre diocesi ed è stato fondamentale». Un ruolo che riconosce anche Miriam Kelle, attivista del Nebraska e sorella di James Thimm, ucciso dopo mesi di tortura da Michael Ryan, poi condannato a morte.
L'assassino di suo fratello è deceduto prima dell'esecuzione: «Sono grata che sia potuto morire per cause naturali - racconta - e non c'è sangue sulle mie mani. Bisogna capire che la pena di morte non è un deterrente e che il punto fondamentale è l'educazione. La chiesa cattolica può aiutare molto in questo. Si tratta di scardinare un atteggiamento mentale che dura da centinaia di anni nel nostro Paese».