(di Alessandra Baldini)
NEW YORK – Quando Thomas Jefferson citava Cesare Beccaria. Anche se le prime leggi degli Stati Uniti usciti dalle Guerre dell’Indipendenza autorizzavano la pena di morte, i Padri Fondatori della nazione americana ammiravano l’opera dell’autore di Dei Delitti e delle Pene, scrive in un editoriale sul National Law Journal lo storico John Bessler, professore di legge alla University of Baltimore School of Law e autore The Birth of American Law: An Italian Philosopher and the American Revolution.
Beccaria era un fervente oppositore della pena capitale e il suo no alle esecuzioni e’ stato citato di recente dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi nei suoi discorsi in settembre all’Assemblea Generale dell’Onu.

I Padri Fondatori – scrive ancora Bessler – erano affascinati anche dal potenziale del sistema penitenziario di eliminare punizioni crudeli. “Beccaria e altri autori che si sono esercitati su delitti e castighi- scriveva Jefferson, terzo presidente degli Stati Uniti e uno dei Founding Fathers piu’ influenzato dall’illuminismo – hanno soddisfatto il mondo razionale dell’ingiustizia e dell’inefficacia della pena di morte”. E anche James Madison, il padre della Costituzione, aveva cercato di far fare alla neonata nazione marcia indietro sul fronte delle esecuzioni: “Non sarei contrario a un processo completo e equo sull’abolizione complete della pena di morte da parte di qualsiasi Stato disponibile a farlo”.
Secondo Bessler, i Founding Fathers nutrivano dubbi radicati e profondi: “Abbracciavano i principi di Beccaria e Montesquieu che ogni punizione che va oltre quanto “e assolutamente necessaria” e’ tirannica”. Un messaggio che secondo lo storico si trasferisce a oggi: “In un’epoca di prigioni di massima sicurezza e di sentenze all’ergastolo senza sconti di pena il ricorso alla pena di morte non puo’ piu’ essere considerato necessario”.
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