mercoledì 25 marzo 2015

Messaggio ad un anno dalla liberazione di Iwao Hakamada


INNOCENTE
tenuto per 48 anni nel braccio della morte da un anno Iwao Hakamada è libero

27 marzo 2014 – 27 marzo 2015

A nome della Comunità di Sant’Egidio voglio oggi rinnovare tutta la nostra gioia e la nostra solidarietà con Hakamada Iwao, ad un anno dalla sua liberazione. E’ stato ingiustamente detenuto per 48 anni nel braccio della morte, condannato sebbene innocente. Abbiamo avuto l’onore di averlo con noi e di ascoltare la sua nobile e preziosa testimonianza nell’ultimo Simposio “No Justice Without Life” in Giappone, promosso da Sant’Egidio insieme alla Lega dei Parlamentari giapponesi contro la Pena di morte, lo scorso 23 ottobre 2014.
Mentre auspichiamo che il suo processo venga riaperto al fine di dimostrare la sua piena innocenza – e lavoriamo intensamente in questo senso – gli manifestiamo nuovamente tutta la nostra vicinanza e il nostro  aiuto.
La sua figura, la sua storia, la sua testimonianza – come egli stesso ha più volte ribadito – è significativa e preziosa a livello mondiale. Egli oggi rappresenta un testimone del valore della vita umana, un esempio per tutti quelli che lavorano con impegno e passione nella battaglia per una autentica giustizia nei tanti Paesi ancora tristemente detentori della pena di morte, tra cui lo stesso Giappone. Il suo grido da voce ai tanti, ai troppi condannati che ancora abitano i bracci della morte in molti Paesi del mondo, perché finalmente la pena capitale venga abolita e il nostro pianeta diventi più umano per tutti. Il suo “caso” pone in stridente contraddizione il sistema giudiziario del Giappone, Paese dalle grandi tradizioni di pace e di cooperazione internazionale, pieno di ricche energie per la regione asiatica e per il mondo intero, ma assurdamente e tristemente legato ad una tragica, antiquata e totalmente inutile pratica come quella della pena capitale. Ripetiamo oggi con Hakamada Iwao: non c’è giustizia senza vita! La
pena di morte non riduce, ma aumenta i crimini e non garantisce la giustizia per nessuno.
Non c'è giustizia senza vita
La Comunità di Sant’Egidio, con l’occasione di questo primo anniversario della liberazione del signor Hakamada, rinnova tutto il suo impegno per un lavoro più deciso ed intenso per l’abolizione della pena capitale, in Giappone e nel mondo intero. 
Iwao giovane pugile
Si unisce inoltre e sostiene il grande e autorevole Appello lanciato da Papa Francesco pochi giorni fa, attraverso la lettera scritta al Presidente della Commissione Internazionale contro la Pena di morte. Il Papa, infatti, condanna in modo forte e chiaro ogni esecuzione capitale, mentre incoraggia tutti a rendere più umano e misericordioso il nostro mondo, già pieno di violenze e conflitti, invitando ad impegnarsi con forza per cancellare sentenze prive di pietà e lunghe attese nei braccio della morte che costituiscono vere e proprie torture. Scrive Papa Francesco: “La vita, soprattutto quella umana, appartiene solo a Dio. Neppure l’omicida perde la sua dignità personale e Dio stesso se ne fa garante. (…) Oggigiorno la pena di morte è inammissibile, per quanto grave sia stato il delitto del condannato. È un’offesa all’inviolabilità della vita e alla dignità della persona umana che contraddice il disegno di Dio sull’uomo e sulla società e la sua giustizia misericordiosa, e impedisce di conformarsi a qualsiasi finalità giusta delle pene. Non rende giustizia alle vittime, ma fomenta la vendetta.” E insiste più oltre: “Cari amici, vi incoraggio a continuare con l’opera che state realizzando – il lavoro per abolizione della pena capitale nel mondo -  poiché il mondo ha bisogno di testimoni della misericordia e della tenerezza di Dio.”
La Comunità di Sant’Egidio fa proprie queste parole di Papa Francesco mentre rivolge, con l’occasione dell’anniversario della liberazione di Hakamada Iwao, un nuovo appello al Governo giapponese perché ascolti le parole autorevoli del Papa e possa sospendere le esecuzioni capitali, attraverso una moratoria, in attesa di una necessaria revisione del suo antiquato e ingiusto sistema giudiziario, contrario ad ogni minimo valore della vita umana e lontano dalla ormai diffusa tendenza internazionale.
Possa la testimonianza e la storia di Hakamada Iwao, innocente e condannato a morte,  rimettere in discussione tale sistema e portare il Giappone alla realizzazione di una giustizia più autentica per tutti. 
A lui esprimiamo oggi tutta la nostra vicinanza e il nostro sostegno.

Bucarest, 23 marzo 2015
Prof. Alberto Quattrucci
Segretario generale di Uomini e Religioni
Comunità di Sant’Egidio

Papa Francesco: la pena di morte è inammissibile

Mercoledì 25 marzo 2015 

di Antonio Salvati

Ricevendo in udienza una delegazione della Commissione internazionale contro la pena di morte, Papa Francesco ha nuovamente ribadito il suo monito contro la pena di morte. Nella lettera consegnata al presidente Federico Mayor si legge: “Oggi la pena di morte è inammissibile, per quanto grave sia stato il delitto del condannato. È un affronto alla sacralità della vita e alla dignità della persona umana che contraddice il piano di Dio per l’uomo e la società e la sua giustizia misericordiosa, e impedisce di conformarsi a qualsiasi finalità giusta della pena”. Si ribadisce non solo l’inaccettabilità morale della pena di morte, ma si invita a recuperare la prospettiva di una pena che rappresenti un percorso significativo, in un’ottica di reintegrazione sociale del condannato.

Come ha più volte sottolineato il giurista Luciano Eusebi “tutto questo non implica che la giustizia penale debba essere costruita secondo un modello di ritorsione del male commesso”. Occorre abbandonare un concetto della giustizia fondato sulla reciprocità dei comportamenti. La pena non ha il compito di soddisfare supposti bisogni di ritorsione, ma di favorire la comprensione della gravità dell’illecito, valorizzando la capacità della sanzione di ricomporre sul terreno dei rapporti intersoggettivi la frattura generatasi con l’atto criminoso. Non a caso Giovanni Paolo II sollecitava significativamente i giuristi, nel messaggio per il Giubileo nelle carceri dell’anno 2000, “a riflettere sul senso della pena e ad aprire nuove frontiere per la collettività”.

"Città per la vita, città contro la pena di morte", Civitavecchia aderisce all'iniziativa

Barbani: "Fare politica vuol dire anche sensibilizzare la cittadinanza sui grandi temi"Il Faro on line - Giovedì scorso, in Consiglio comunale, Civitavecchia ha aderito all'iniziativa della Comunità di Sant'Egidio "Città per la vita, città contro la pena di morte". L'Amministrazione comunale ha sottoscritto l'appello per una moratoria universale ed ha individuato il Monumento ai Caduti quale edificio significativo della città da illuminare il 30 novembre di ogni anno.Il sito istituzionale sarà collegato attraverso un link al sito della Comunità di Sant'Egidio. "Ai più questi possono sembrare atti privi di un significato concreto ma fare politica vuol dire anche sensibilizzare la cittadinanza sui grandi temi per stimolare una riflessione e ricordare che se per noi i problemi sono di un determinato tipo, altrove possono essere ben più gravi - ha dichiarato Claudio Barbani, consigliere M5S -. Come Movimento 5 Stelle siamo felici che la delibera sia passata all'unanimità, sintomo che anche dalle opposizioni hanno condiviso quella che noi sentivamo come necessità, ossia quella di ricordare quali sono le basi dei diritti fondamentali dell'uomo".

lunedì 23 marzo 2015

«Il primo santo? Era un detenuto»

Papa Francesco nel carcere di Poggioreale a pranzo con i detenuti a Napoli 

http://napoli.fanpage.it/

La testimonianza 

Il Mattino
di Antonio Mattone

«Cosa posso fare per voi?», ha chiesto papa Francesco a Claudio, il detenuto argentino seduto a tavola accanto a lui, confidandogli la possibilità di chiedere misure di clemenza per i carcerati nel Giubileo.La visita di Francesco nella Casa circondariale «Giuseppe Salvia» è stata segnata da questa intenzione espressa durante una chiacchierata confidenziale tra argentini. 
C'era una grande attesa per la venuta di Bergoglio a Poggioreale. Quando ha fatto il suo ingresso nella chiesa adibita a refettorio è stato accolto da un lungo applauso e dai cori da stadio che a Napoli si cantavano ai tempi di Maradona. Poi ha preso la sua borsa nera, ha tirato fuori una medicina e si è andato a sedere al suo posto.
Claudio viene da Mendoza, 40 anni compiuti e una lunga pena da scontare. Sua madre, fervente cattolica, alcuni mesi fa gli ha spedito dall'Argentina un libro scritto da Bergoglio prima di diventare Papa, dal titolo «Mente abierta, corazon creyente» che lo sta aiutando a riflettere e a ricomprendere i suoi errori. «Mio figlio di 12 anni appena ha saputo che il Santo Padre veniva qui a Poggioreale mi ha scritto: dici al Papa che ti faccia uscire». Parlano in modo familiare i due. Francesco vuole sapere della sua vita, del motivo per cui è finito in carcere. E poi si informa su quello che fanno i volontari con i carcerati. 
Claudio gli dice che era già stato qui al pranzo di Natale della Comunità di Sant'Egidio, e si riteneva fortunato perché aveva mangiato accanto a un comico di Made in Sud, ma mai avrebbe immaginato di sedere fianco a fianco con papa Francesco. Alfredo che gli sta di fronte gli dice che ha lo stesso nome di suo padre.
È stata davvero una grande festa il pranzo con il Papa nella galera più grande dell'Europa occidentale. A tavola, tra i 112 detenuti, all'ultimo momento sono stati inseriti anche quelli che fanno parte della squadra di lavoranti, per sostituire chi è stato scarcerato o trasferito. È la giusta ricompensa per chi in questi giorni ha lavorato senza sosta. 
Siedono mischiati agli altri anche i detenuti protetti, un fatto impensabile fino a qualche mese fa. Inizia il pranzo servito dai volontari della pastorale diocesana della diocesi. Il Papa mangia con gusto e apprezza. Quando viene intonata «Napul`è» scrosciano gli applausi, mentre il cardinale Sepe si alza e va a dirigere il coro dei volontari. 
Ma il momento più intenso è stato lo scambio di battute con i detenuti. Alessandro, originario di Policoro in Basilicata, in carcere da 7 anni ma prossimo a tornare a casa dai suoi 2 bambini, gli chiede: «Santo Padre, noi che siamo marchiati a vita, emarginati, esclusi da tanti percorsi di inserimento troveremo accoglienza fuori da queste mura?». E il Papa gli risponde: «Hai messo il dito nella piaga: l'inaccoglienza è una delle più grandi crudeltà della società odierna, come l'ergastolo, e bisogna fare un grande lavoro di educazione con la gente». È un esplicito richiamo alla misericordia quello di Bergoglio: «Tutti noi nella vita abbiamo commesso  almeno un peccato. Nessuno può dire di non aver motivi per essere carcerato, io per primo. Perché voi si e io no?» si chiede il Papa. E poi continua con una metafora sportiva: «La vita è come il calcio e il portiere deve prendere il pallone da dove viene, così ciascuno di voi». 
Quello di papa Francesco è un grande incoraggiamento ai detenuti. Chiede a tutti di scommettere sul futuro e di andare avanti. Il detenuto argentino gli domanda come fare per poter continuare a superare le tentazioni che lo aspettano quando sarà libero, senza gli aiuti di chi lo sostiene in carcere. Francesco ricorda un canto alpino che dice «l'arte di salire non è non cadere, ma non restare a terra». «È facile cadere - continua - ma bisogna rialzarsi subito. Se tu cadrai, rialzati nel tuo giardino di Mendoza!». 
Ad un certo punto è Bergoglio stesso a fare una domanda al ragazzo: «Tu sai chi è stato il primo santo canonizzato nella chiesa? Un carcerato». E cita il Buon ladrone, condannato a morte ma assolto da Gesù sulla Croce. Poi si fa ora di andare via. Francesco sale sulla papamobile, percorre i viali interni del carcere per un ultimo saluto ai detenuti che sono rimasti nelle loro celle. 

domenica 22 marzo 2015

Il mondo ascolti le parole di papa Francesco sulla pena di morte

COMUNICATO STAMPA

Il mondo ascolti le parole di papa Francesco sulla pena di morte. Si arrivi presto ad una moratoria universale
Sant'Egidio accoglie con gratitudine l'esortazione del pontefice perché si abbandoni la pratica della pena di morte

Le parole del Papa vanno ascoltate: la pena di morte è un affronto alla sacralità della vita e - – come sottolinea papa Francesco nella lettera inviata oggi al Presidente della Commissione internazionale contro la pena di morte - oltre ad essere “crudele, inumana e degradante”, si rivela un grande fallimento perché “non rende giustizia alle vittime, ma incoraggia solo la vendetta”.

La Comunità di Sant’'Egidio, che da anni porta avanti una campagna internazionale contro la pena capitale con il movimento “Città per la Vita” (a cui hanno aderito finora circa 2.000 Comuni in 98 Paesi di tutti i continenti) esprime il suo ringraziamento e la sua vicinanza a Papa Francesco per le parole con cui condanna in modo forte e chiaro le esecuzioni capitali.

Il Papa incoraggia tutti a rendere più umano e misericordioso il nostro mondo, già pieno di violenza e di conflitti, invitando ad impegnarsi con forza per cancellare sentenze prive di pietà e lunghe attese nei bracci della morte che costituiscono vere e proprie torture.


Sant’'Egidio giudica di grande importanza anche l’'appello, contenuto nella stessa lettera, a migliorare le condizioni carcerarie, “nel rispetto della dignità umana delle persone private della libertà”.

http://www.news.va/it/news/francesco-mondo-sia-libero-da-pena-di-morte-e-solo

http://www.santegidio.org/pageID/3/langID/it/itemID/11460/Il_mondo_ascolti_le_parole_di_papa_Francesco_sulla_pena_di_morte_Si_arrivi_presto_ad_una_moratoria_universale.html

venerdì 20 marzo 2015

I numeri delle esecuzioni capitali negli Stati Uniti


di Frank R. Baumgartner e Anna W. Dietrich 
Washington Post del 19 marzo 2015

http://www.ilpost.it/2015/03/19/numeri-pena-di-morte-usa/

Dal 1973 a oggi sono state condannate a morte più di 8000 persone, ma le esecuzioni sono state solo 1359: e non è una buona notizia, spiega il Washington Post

Quante sono negli Stati Uniti le probabilità di essere effettivamente uccisi dopo una condanna a morte? Analizzando i dati relativi a tutte le sentenze di condanna a morte emesse dal 1973 – l’inizio dell’era moderna per la pena capitale (dopo una sentenza della Corte Suprema che pose delle limitazioni, ndr) – a oggi, risulta che l’esito più probabile non è l’esecuzione della pena, e nemmeno una vita nel braccio della morte aspettando una sentenza d’appello. La cosa più probabile che può capitare è, al contrario, che la condanna a morte venga annullata.
Dal 1973 al 2013, 8.466 condanne a morte sono state decise dai tribunali statunitensi. 

martedì 17 marzo 2015

L'appello per la salvezza dei condannati a morte in Indonesia


Firma e fai firmare l'appello  al Presidente dell’Indonesia per la salvezza di 10 condannati a morte che rischiano l'esecuzione

La Comunità di Sant'Egidio chiede di sospendere le esecuzioni e di ripensare le modalità per contrastare il narcotraffico 

http://nodeathpenalty.santegidio.org/

La situazione dei dieci condannati a morte stranieri che rischiano l'esecuzione in Indonesia continua a preoccupare, per questo non cessiamo di chiedere clemenza e di pregare perché le esecuzioni siano sospese.

Questa seconda ondata di esecuzioni ha provocato molte pressioni, sia a livello locale che internazionale, ma il governo fino ad ora non ha ceduto. Il Presidente Indonesiano ha già ribadito che non concederà la grazia e ha riaffermato che intende dare priorità alla battaglia contro la droga. Molte associazioni locali, Kontras, LBH Masyarakat, Human Right ASEAN, Migrant Care, insieme alla Conferenza Episcopale indonesiana, sostengono che i dati forniti (40 morti per droga al giorno) non sono aderenti alla realtà. 

Ecco i nomi dei 10 condannati per i quali chiediamo al Presidente Joko Widodo clemenza e un ripensamento sulle modalità di lotta al narcotraffico:
Rodrigo Gularte ( Brazil )
Raheem Agbaje Salami ( Nigeria)
Sylvester Obiekwe ( Nigeria)
Okwudili Oyatanze ( Nigeria )
Martin Anderson (alias Belo, from Ghana)
Serge Areski Atlaoui ( France )
Mary Jane Fiesta Veloso (Philippines)
Zainal Abidin ( Indonesia)
Myuran Sukumuran ( Australia )
Andrew Chan ( Australia)

Questo il testo dell'appello:

Come Comunità di Sant’Egidio facciamo appello al Presidente dell’Indonesia Joko Widodo affinché decida di sospendere la condanna a morte dei 10 stranieri per i quali è prevista l'esecuzione.
Esprimiamo profonda preoccupazione per la sorte di questi 10 condannati i cui reati sono connessi al traffico di droga.
Siamo colpiti per il fatto che Repubblica di Indonesia, quale grande democrazia, abbia scelto la pena di morte per rispondere al bisogno di sicurezza della società, l’Indonesia ha sicuramente a disposizione ben altri mezzi per difendere i cittadini dalla violenza e per contrastare il traffico di stupefacenti.
Siamo convinti che la pena di morte non previene i crimini, non ripara il male fatto alle vittime e ai loro famigliari, può colpire persone innocenti e non estirpa le radici della criminalità. Inoltre non concede al reo la possibilità di essere rieducato e di cambiare vita.
Uno stato come l’Indonesia che tiene in alta considerazione l’evoluzione democratica dei Diritti Umani ricorda sicuramente che il primo diritto umano è quello alla vita, perché non c’è giustizia senza vita.
Per tutte queste ragioni la Comunità di Sant'Egidio, che da tanti anni lavora in Indonesia accanto ai poveri e per la pace, chiede un gesto di clemenza e un ripensamento, che preveda l’adozione di misure severe per contrastare il narco-traffico, e la promozione di una cultura e di una legislazione che difenda la vita e la dignità umana.
Ci rivolgiamo infine al Presidente fiduciosi che vorrà prendere in considerazione questo appello per la difesa della vita di coloro che sono condannati a morte.
Rispettosamente

lunedì 16 marzo 2015

Le Comunità di Sant'Egidio di Indonesia impegnate per la difesa della vita

Le Comunità di Sant'Egidio di Indonesia sono fortemente impegnate in questo tempo per la difesa della vita dei dieci stranieri condannati a morte, che rischiano l'esecuzione. Incontri e preghiere per tenere desta l'attenzione sul pericolo di esecuzioni e continuare a sperare. 

Quello contro la pena di morte è uno sforzo iniziato già nel mese di gennaio, in occasione della precedente esecuzione dei sei condannati alla pena capitale, quattro uomini e due donne, che hanno trovato la morte il 14 gennaio scorso. 


Attraverso incontri e conferenze dicono la propria contrarietà alla pena di morte e chiedono clemenza in collaborazione con la Commissione Giustizia e Pace della Conferenza Episcopale indonesiana, con la rappresentanza indonesiana per i Diritti Umani presso l'Asean e altre otto associazioni che nel paese si occupano della difesa dei Diritti dell'Uomo.



Insieme a loro anche Siti Musdah, un'autorevole donna musulmana, teologa e giurista,
professore presso l'Università islamica di Jakarta e Presidente della Indonesian Conference on Religions and Peace (ICRP), nonché direttore della Megawati Institute, sostenitrice del Presidente Jokowi, ma anche convinta che la pena di morte sia contraria al senso di umanità e alla fede islamica.


Le Comunità di Sant'Egidio in Indonesia pregano affinché siano risparmiate le vite dei 10 condannati a morte. Tra venerdì e domenica scorsa si sono tenuti degli affollati incontri di preghiera a Maumere, con una cerimonia detta delle mille candele, e a Kupang, Jakarta, Yogyakarta e altri luoghi. I media hanno ripreso questi incontri di preghiera che rappresentano anche una risorsa di cultura e di speranza.  

giovedì 12 marzo 2015

Pena di morte, approvata nello Utah legge che ripristina la fucilazione

Lo senato dello Utah ha approvato una legge che autorizza la fucilazione dei condannati a morte nel caso in cui non siano disponibili i farmaci per l'iniezione letale. 

Se verrà firmata dal governatore Gary Herbert questa legge costituirà la risposta più estrema di uno stato americano alla penuria di pentobarbital, il barbiturico per anni usato per le esecuzioni fino a quando negli anni scorsi la Ue ne ha vietato l'esportazione negli Stati Uniti proprio per impedirne l'uso per, l'iniezione letale. 
In realtà il 'firing squad', il plotone di esecuzione, ha continuato ha essere sempre legale in Utah, unico stato insieme all'Oklahoma. Fino al 2004 i condannati potevano sceglierlo. 

La legge approvata, con 18 voti favorevoli e 10 contrari, permette alle autorità carcerarie di ricorrere alla fucilazione - con o senza l'assenso del condannato - di fronte all'impossibilità di recuperare i farmaci necessari per il cocktail letale finora usato. 
Come è tristemente noto, alcuni stati, come l'Oklahoma e l'Ohio, hanno cominciato ad usare farmaci alternativi che nei mesi scorsi hanno trasformato alcune esecuzioni in orribili agonie dei condannati, provocando shock e proteste in tutto il mondo. Anche il Texas sembra stia terminando il pentobarbital, ne rimane il quantitativo sufficiente per un'altra esecuzione.

La Corte Suprema degli Stati Uniti ha accettato di pronunciarsi sull'uso di questi nuovi farmaci. Per questo il senatore repubblicano che ha presentato la legge ricorrere alla fucilazione "in assenza di altre alternative, è la cosa più umana".

Il governatore non ha comunque ancora reso noto se firmerà la legge, limitandosi a ribadire che l'inieizione letale rimane il metodo di esecuzione preferito ma ammettendo che lo stato ha difficoltà ad ottenere i farmaci per il cocktail letale. Dal 1976, anno in cui la pena di morte è stata ripristinata negli Stati Uniti, vi sono state solo tre fucilazioni, secondo i dati del Death Penalty Information Center.

Costa d'Avorio,via la pena di morte anche dal codice penale. Sant'Egidio: "Un esempio per tutta l'Africa!”

L'Assemblea Nazionale della Costa d'Avorio ha adottato all'unanimità un progetto di legge che modifica e completa il Codice Penale del paese (la n° 81- 640 del 31 luglio1981). Da ora in poi nel testo di legge la parola pena di morte sarà sostituita da carcere a vita. 

La Comunità di Sant’Egidio si felicita con il parlamento ivoriano per l’adozione del progetto di legge. La decisione, presa dal governo ivoriano e adottata dall’Assemblea Nazionale, completa il cammino per l’abolizione della pena di morte, già avviato dalla Costa d’Avorio il 23 luglio del 2000 con la decisione di eliminarla dalla Costituzione.


Sant’Egidio giudica la scelta del governo e dell’Assemblea Nazionale della Costa d’Avorio “un passo decisivo" per l’abolizione della pena capitale in tutta l’Africa e "un esempio importante" per il continente, che corona la battaglia portata avanti da anni per la difesa della vita in questo importante Paese dell’Africa Occidentale con l’adesione di numerosi Comuni ivoriani alla campagna “Città per la vita”.

mercoledì 11 marzo 2015

Preoccupazione per la situazione dei condannati in Indonesia.

La situazione dei dieci condannati a morte che rischiano in questi giorni l'esecuzione in Indonesia continua a preoccupare, in particolare per il caso dei due australiani, si teme che le esecuzioni possano avvenire in questa settimana. 

Per questo non cessiamo di chiedere clemenza e di pregare perché le esecuzioni siano sospese. 

Per il momento otto di loro sono stati trasferiti nell’Isola di Nusakambangan (tristemente nota in passato come carcere per le esecuzioni di prigionieri politici) tranne Mary Jane e Zainal ABIDIN. Questa seconda ondata di esecuzioni, secondo indiscrezioni della stampa e del Procuratore della Repubblica, dovrebbe avvenire in questo mese.  Il governo fino ad ora non ha ceduto alle pressioni locali e internazionali. Il Presidente Indonesiano ha già ribadito che non concederà la grazia e ha riaffermato che intende dare priorità alla battaglia contro la droga. Molte associazioni locali, Kontras, LBH Masyarakat, Human Right ASEAN, Migrant care, insieme alla Conferenza Episcopale indonesiana,  sostengono che i dati forniti (40 morti per droga al giorno) non sono aderenti alla realtà. 

Ad oggi i condannati prossimi all'esecuzione sono 10:
Rodrigo Gularte ( Brazil )
Raheem Agbaje Salami ( Nigeria)
Sylvester Obiekwe ( Nigeria)
Okwudili Oyatanze ( Nigeria )
Martin Anderson (alias Belo, from Ghana)
Serge Areski Atlaoui ( France )
Mary Jane Fiesta Veloso (Philippines)
Zainal Abidin ( Indonesia)
Myuran Sukumuran ( Australia )
Andrew Chan  ( Australia)

Venerdì 27 febbraio, nella Sede della Conferenza Episcopale di Jakarta, si è tenuta una Conferenza Stampa.  La Comunità di Sant’Egidio in quell'occasione ha affermato che la povertà e l’ingiustizia sociale sono i fattori che determinano l'aumento della criminalità nella società globalizzata. La battaglia da affrontare è nelle cause della povertà piuttosto che nelle cause della criminalità: per questo la pena di morte non può costituire un deterrente. 

L’Ambasciata francese ha tenuto una conferenza stampa nella sede di Jakarta con la presenza della moglie del condannato francese. Le Ambasciate Europee a Jakarta insieme alla delegazione UE  hanno chiesto udienza al Ministro degli Esteri e sono stati ricevuti dal Direttore Generale del Ministero. Tra i condannati Rodrigo Gularte, brasiliano, soffre di disturbi psichiatrici sin dall'adolescenza e anche in carcere, dal 2005, ha ricevuto le cure necessarie, ma in Indonesia nessuna normativa specifica un esonero dalla pena capitale ai malati psichiatrici. 
Le Comunità di Sant'Egidio indonesiane in questi giorni si raccolgono in preghiera per chiedere la salvezza di questi prigionieri.

martedì 10 marzo 2015

8 marzo: festa della donna, ha più senso se insieme a quelle più deboli

L'8 marzo ha avuto un significato nuovo quest'anno nelle carceri femminili di Roma e Avellino. 

Nella Giornata internazionale della donna si ricordano le conquiste sociali, politiche ed economiche delle donne, ma anche le discriminazioni e le violenze cui sono ancora oggetto in molte parti del mondo. 

Quest'anno una delegazione del movimento  "Viva gli Anziani“ della Comunità di Sant’Egidio di Napoli, si è recata a salutare le donne detenute nel carcere di Avellino, qualcuna aveva con sé i bambini da 0 a 3 anni, erano 5: la più piccola ha 6 mesi, un piccolo ha smesso di parlare da quando è nel carcere. Altre ragazze in gravidanza. Storie toccanti che richiedono un nuovo pensiero.

Le signore di "Viva gli Anziani" non sono venute a mani vuote, e hanno offerto mimose e cioccolatini a nome del movimento. Le donne, alcune straniere le avevamo conosciute al pranzo di Natale nel carcere di Pozzuoli, altre attraverso la campagna “liberare i prigionieri” che da anni impegna i detenuti nell'aiuto al dramma delle carceri africane. 

"La festa della donna ha più senso se insieme a quelle più deboli", lo hanno detto le cantanti del Teatro dell'Opera che hanno preso parte alla festa della donna che si è tenuta a Rebibbia proprio l'8 marzo scorso, regalando un bellissimo concerto. 



Pena di morte, così l’Italia disse basta

da Avvenire

di Edoardo Castagna


Per arrivare alla piena abolizione della pena di morte, l’Italia ci ha messo la bellezza di 142 anni. Tanti ne sono passati da quel 13 marzo di 150 anni fa, quando per la prima volta la Camera dei deputati votò per la moratoria, al 2007, quando una legge costituzionale ha cancellato l’ultimo accenno alle esecuzioni nel nostro ordinamento. Anche se, di fatto, l’Italia è uno dei Paesi che possono vantare i più lunghi periodi di disoccupazione per i boia nella storia moderna.

Nella patria del Dei delitti e delle pene (1764) si registrò il primo decreto abolizionista già nel 1786, quando il Granducato di Toscana di Pietro Leopoldo fu il primo Paese al mondo ad abolire tortura e pena capitale. La Toscana rimase tuttavia l’unico Stato italiano senza forche, così con l’Unità ci si trovò di fronte al dilemma: estendere l’abolizionismo toscano a tutto il neonato Regno o, viceversa, ripristinare le esecuzioni anche nell’ex Granducato? La soluzione, in prima battuta, fu squisitamente italica: pena di morte estesa a tutto il Paese, tranne la Toscana.

Un ripiego tanto insoddisfacente che già nel 1861 Carlo Cattaneo fondò il Giornale per l’abolizione della pena di morte, animato da giuristi come Pietro Ellero e Francesco Carrara e che ebbe il sostegno, tra gli altri, di Guerrazzi, Tommaseo, Carducci e Garibaldi. In Parlamento fu Pasquale Stanislao Mancini il capofila della battaglia abolizionista. Irpino, ministro della Pubblica istruzione e poi degli Esteri, Mancini propose alla Camera il 17 novembre 1864 una legge che con somma chiarezza proclamava: «È abolita nel Regno d’Italia la pena di morte». Incassato all’unanimità il parere favorevole della commissione parlamentare, la proposta – ricostruisce Italo Mereu nel suo La morte come pena, pubblicato da Donzelli nel 1982 e ripetutamente ristampato (l’ultima volta nel 2007) – passò all’aula. 

sabato 7 marzo 2015

Ferrara: un riconoscimento a chi lotta contro la pena di morte

Insignita Tamara Chikunova che ha combattuto contro le condanne a morte in Uzbekistan, Kirghisistan, Kazakistan e Mongolia

http://www.estense.com

Oggi, venerdì 6 marzo alle 16, nella sala degli Arazzi della residenza municipale, l’assessora alle Pari Opportunità Annalisa Felletti ha consegnato a nome dell’Amministrazione comunale di Ferrara il riconoscimento ‘8 Marzo’ a Tamara Ivanovna Chikunova, per il suo profondo impegno a favore dell’abolizione della pena di morte e della tortura. All’incontro sono intervenute Paola Pirani (referente Amnesty International), Paola Freschini (Comunità Sant'Egidio) e Girolamo Calò (presidente Consiglio comunale). Erano presenti inoltre altre autorità civili e militari, fra cui il prefetto Michele Tortora e l’assessora comunale Chiara Sapigni.

A seguire, nel salone d’Onore del Municipio, è stata inaugurata la mostra fotografica a cura di Ippolita Franciosi e Letizia Rossi e del Centro Donna Giustizia “Patchworks, the face of freedom is female. Dalla violenza alla creatività, raccontare l’invisibile dell’essere”, realizzata da donne uscite dalla tratta e dalla violenza. L’iniziativa ha il patrocinio del Comune di Ferrara.


venerdì 6 marzo 2015

Indonesia, dibattito sulla pena di morte: intervista a un boia

In Indonesia s'infiamma il dibattito riguardo alla pena di morte, con dozzine di prigionieri tuttora in attesa di venire fucilazione. Parla uno dei boia, che spiega in un'intervista le modalità di esecuzione, ed i sentimenti di chi sta dall'altra parte

da http://news.fidelityhouse.eu/

6 marzo 2015

In questi giorni sta accendendosi sempre di più il dibattito sulla pena di morte in Indonesia, a causa della controversa vicenda degli 11 prigionieri condannati alla pena capitale per reati inerenti allo spaccio ed al consumo di droga. In Indonesia, infatti, per i condannati per traffico di sostanze stupefacenti la legislatura locale prevede l’esecuzione. Tra i prigionieri in attesa del concretizzarsi della sentenza vi sono anche due australiani, un brasiliano ed un nigeriano. Il governo dell’Australia ha peraltro proposto uno scambio di prigionieri a quello indonesiano: i due cittadini accusati di spaccio, per due detenuti indonesiani attualmente reclusi nelle prigioni di Cranberra. Ma il Paese asiatico ha rifiutato categoricamente la proposta: per l’Indonesia, chi spaccia sul suo territorio deve venire giustiziato a prescindere dalla cittadinanza e dagli accordi diplomatici.

giovedì 5 marzo 2015

Condannati a morte in Indonesia, da anni aiutano ad uscire dalla droga con l'arte

Non molti sanno che due dei condannati a morte in attesa di esecuzione in Indonesia hanno dato vita, da alcuni anni, a un programma di riabilitazione attraverso l'arte. Oltre ad essere disumana, la loro uccisione interrompe un percorso di resurrezione offerto a molti. Questo video è un appello al presidente Jokowi, perchè vada a vedere cosa sono stati capaci di fare, quanta speranza e quanto futuro c'è in vite di persone che hanno avuto il coraggio di cambiare e fare qualcosa di bello per gli altri. Da vedere e far vedere a tanti.



Accogliamo l'appello di questo video! Facciamolo girare e invitiamo tanti a mandare mail, tweet, messaggi su Facebook al presidente indonesiano Jokowi, affinchè capisca che  
NON C'E' GIUSTIZIA SENZA VITA

LA VITA E' IL PRIMO DEI DIRITTI UMANI SUI QUALI  SI E' IMPEGNATO IN CAMPAGNA ELETTORALE E SU CUI IL SUO PAESE GLI HA DATO FIDUCIA


Pena di morte: Usa, media cattolici compatti, ora basta

NEW YORK, 05 MAR - Usa, media cattolici compatti, ora basta Liberal e conservatori. In una rara manifestazione di unita' i principali media cattolici negli Usa sia di stampo progressista che conservatori hanno pubblicato oggi un
editoriale contro la pena di morte negli Stati Uniti.
 "Noi direttori di quattro giornali cattolici - America magazine, National Catholic Register, National Catholic Reporter, e Our Sunday Visitor - chiediamo ai lettori delle nostre diverse pubblicazioni de all'intera comunita' cattolica negli Usa di prendere posizione con noi e dire che la pena capitale deve finire", si legge nell'editoriale che e' stato ripubblicato dall'Osservatore Romano.
   Il documento e' stato provocato dall'esame in corso alla Corte Suprema sui protocolli delle iniezioni letali. Oggi la Santa Sede a Ginevra ha lanciato un nuovo appello al mondo per "una moratoria globale sull'uso della pena di morte", in vista della sua abolizione: cosi', secondo quanto ha riferito la Radio
Vaticana, mons. Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente vaticano presso l'Ufficio Onu di Ginevra, durante la 28/ma sessione del Consiglio dei Diritti Umani in corso nella citta' elvetica. (ANSA).

mercoledì 4 marzo 2015

Tamara Chikunova premiata a Ferrara per il suo impegno contro la pena di morte e la tortura

Il 7 marzo Tamara Chikunova incontrerà i giovani del Liceo Ariosto, dell'Istituto “G.B. Aleotti”,  dell’Istituto per Geometri e dell'Istituto d'Arte. 

In questi mesi gli studenti della città di Ferrara hanno preparato l'evento con studi e lavori collettivi sul tema della pena di morte. 


Venerdì 6 marzo alle 16 in sala Arazzi della residenza municipale di Ferrara il sindaco Tiziano Tagliani a nome dell'Amministrazione comunale di Ferrara e accompagnato dalle Associazioni del territorio, cittadini e le scolaresche, consegnerà il riconoscimento '8 Marzo' a Tamara Ivanovna Chikunova, per il suo profondo impegno a favore dell'abolizione della pena di morte e della tortura.
Nel corso della cerimonia sono previsti gli interventi dell'Assessore Annalisa Felletti, di Paola Freschini per la Comunità di Sant'Egidio e di Paola Pirani per Amnesty International.   

Ferrara è città per la vita
A seguire, nel salone d'Onore del Municipio, verrà inaugurata la mostra fotografica del Centro Donna Giustizia "Patchworks, the face of freedom is female. Dalla violenza alla creatività, raccontare l'invisibile dell'essere" realizzata da donne uscite dalla tratta e dalla violenza.

Giornalisti, fotografi e videoperatori sono invitati.

martedì 3 marzo 2015

Lo sguardo del Papa sul limite umano - Dove comincia la misericordia

da AVVENIRE
del 3 marzo 2015

di Marina Corradi 

​Vado per la strada, passo davanti al carcere: "Eh, questi se lo meritano", "Ma tu sai che se non fosse stato per la grazia di Dio tu saresti lì? Hai pensato che tu sei capace di fare le cose che loro hanno fatto, e anche peggio ancora?"». 

Ieri il Papa è tornato su un tema che gli è caro, e che anzi, ha ricordato, è il primo passo per un cammino cristiano: il riconoscersi peccatori, e non solo nelle parole che la domenica, all’inizio della Messa, si possono magari distrattamente ripetere. 

La saggezza del sapere riconoscere in sé anche il male che non si vede. Come l’invidia, ha esemplificato Francesco; che è in effetti quel male che ci sfiora, almeno, quasi tutti, ma può restare nascosto in fondo al cuore. Non è un reato, certo, l’invidia – anche se può essere all’origine delle peggiore violenza. È un ospite che ci abita, indisturbata, come un virus con cui l’organismo convive.

Le parole del Papa interpellano quelli che mai, dicono, ucciderebbero o ruberebbero; e lavorano onestamente, e pagano rigorosamente le tasse. Quelli che passando, qui a Milano, davanti alle mura grigie di San Vittore, pensano con un sentimento di disprezzo e rivalsa: «A quei delinquenti, ben gli sta». O evocano con nostalgia la pena di morte, o dicono, di un assassino: «Che lo chiudano dentro, e buttino via la chiave». Affermando nella stessa durezza del giudizio la certezza di essere "altri", del tutto altri uomini, rispetto a "quelli là".

E anche nella quotidianità di questo Paese, da anni, come è cresciuta l’onda di un’"onestà" innalzata come uno stendardo: che divide "noi", gli onesti, da loro, sempre "loro", i ladri. Dove per onestà si intende una fedina penale immacolata. Ma, parlando cristiano, quanto male può avere nel cuore un cittadino modello, che paghi fino all’ultimo le tasse, e non violi una virgola del codice della strada. Quanto male c’è in un uomo che induce una donna a buttare via il bambino che aspetta, in un genitore che non perdona, in un figlio che abbandona i suoi vecchi.
Non sono reati, certo. Niente che ti porti in galera. Ma peccati sì, e quali. E allora passando davanti a San Vittore o a Regina Coeli ognuno, insegna il Papa, dovrebbe farsi cosciente del male che ha in sé. Magari, solo per grazia di Dio nella vita nostra non c’è stato quell’incontro, quell’occasione, quell’attimo che precipitano in una voragine la strada di altri. Per grazia di Dio c’è stata invece una madre, un padre, un amico, a fermarci. A quei segreti scambi che disegnano il nostro destino, per grazia di Dio abbiamo preso il binario giusto. Tutto qui.


lunedì 2 marzo 2015

Georgia: negata la clemenza a Kelly R. Gissendaner, da 70 anni nessuna donna ha subito l'esecuzione

Kelly Renee Gissendaner doveva essere la prima donna ad incontrare il boia in una camera della morte della Georgia dopo 70 anni, ma l'esecuzione della condannata, prevista per questa sera, e' stata posticipata all'ultimo momento, per l'arrivo di una tempesta di neve che potrebbe causare ritardi nei trasporti.

Lo Stato della Georgia ha negato le ultime richieste di clemenza per Kelly, condannata alla pena capitale nel 1997 per l'omicidio del marito Douglas Gissandener.  L'esecuzione è stata rimandata a lunedì prossimo alle sette di sera. 

Kelly sarà la seconda donna condannata nella storia della Georgia. La prima fu Baker, una cameriera afro-americana, condannata per l'omicidio di un uomo bianco nel 1944 da una giuria di tutti uomini di razza bianca. La donna aveva detto di aver agito per auto-difesa: sessant'anni dopo lo Stato le riconobbe un perdono postumo. 
Dal 1977 ad oggi, le donne condannate a morte negli Stati Uniti sono state 15.