venerdì 27 giugno 2014

Giappone eseguita la condanna di Masanori Kawasaki, 68 anni

Un condannato a morte è stato giustiziato questa mattina in Giappone per impiccagione: si tratta della prima esecuzione di quest'anno nel paese, la nona dal cambio di governo nel dicembre del 2012. Le ultime esecuzioni in Giappone risalivano a settembre e dicembre del 2013.

Il condannato giustiziato questa mattina è , giudicato colpevole di un triplice omicidio. "Si è trattato di un caso di assassinio estremamente crudele e l'esecuzione è stata decisa dopo una prudente riflessione", ha provato a giustificarsi il ministro della Giustizia, Sadakazu Tanigaki.


Anche l'Unione europea, attraverso l'Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea, Catherine Ashton, aveva condannato il ritorno della pena capitale: "L’Ue ritiene che la pena di morte sia crudele e disumana e che la sua abolizione è essenziale per proteggere la dignità umana. Pur riconoscendo la gravità dei reati ed esprimendo sincere condoglianze alle famiglie dei defunti e agli amici delle vittime, l’Unione europea non crede che la loro perdita sarà mitigata da queste esecuzioni. L’Unione europea è contraria alla pena di morte in tutti i casi e in tutte le circostanze e ha sempre richiesto la sua abolizione universale".

I sondaggi condotti in Giappone mostrano però che l'opinione pubblica è favorevole al sistema. Il governo giapponese rilascia pochi dettagli sulle esecuzioni e i detenuti non vengono informati delle pene pendenti fino a poco prima delle esecuzioni.

mercoledì 25 giugno 2014

Dal mondo islamico un forte no alla pena di morte



“La Nahdlatul Ulama  – ha dichiarato Impagliazzo – afferma pubblicamente che la pena di morte contraddice i valori dei diritti umani, e si unisce alla battaglia della Comunità di Sant’Egidio per la moratoria delle sentenze capitali. Esprimo volentieri il mio compiacimento per tale importante presa di posizione, che allarga significativamente il fronte di quanti chiedono l’abbandono di questa pratica disumana e crudele”.
“La lotta per un mondo senza pena di morte supera le frontiere politiche, religiose, culturali, e il forte ‘no’ che viene oggi dal mondo islamico incoraggia tutti noi – ha aggiunto il presidente Impagliazzo ricordando il prossimo appuntamento all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che in autunno esprimerà un voto sulla moratoria. “Le esecuzioni – ha concluso Marco Impagliazzo – sono la risposta facile alle paure di un mondo insicuro; mentre la miglior risposta all’insicurezza del nostro tempo è la pace”.

http://www.santegidio.org/pageID/3/langID/it/itemID/9283/Dal_mondo_islamico_un_forte_no_alla_pena_di_morte.html

martedì 24 giugno 2014

Il Ghana potrebbe presto abolire la pena di morte

Il Ghana è pronto per abbandonare la pena di morte. Il Paese potrebbe essere il 12° stato africano ad abolire la pena capitale in favore di altre soluzioni detentive. 

Emmanuel Victor Oware Dankwa (fonte: www.gillbt.org)


Gli elettori ghanesi, infatti, verranno chiamati a votare un referendum per scegliere se abolire o mantenere la pena. La consultazione avverrà molto probabilmente il prossimo novembre.
Il professor Emmanuel Victor Oware Dankwa, presidente della Commissione di revisione della Costituzione, ha fatto sapere che in caso di esito positivo la pena capitale verrà sostituita con una pena detentiva a vita. Con l’occasione i votanti verranno chiamati ad esprimersi anche su altri due quesiti. Il secondo riguarda la possibilità che il presidente possa dichiarare guerra solo se il parlamento rettifica la sua decisione nelle 72 ore successive; la terza prevede che il presidente neo-eletto possa giurare, non di fronte al parlamento, ma davanti al capo della corte suprema.
Dankwa ha detto anche che la commissione ha ricevuto sotto varie forme, dalle lettere ai social network, oltre 83,161 segnalazioni per le modifiche costituzionali. Tra i vari emendamenti alcuni riguardavano anche le modalità di concessione della grazia. Secondo le prime bozze, per alcuni reati come tradimento, rapina, omicidio e delitti legati al traffico di droga, la grazia non sarebbe più nelle mani del presidente ma di un comitato indipendente.
Dankwa ha inoltre spiegato che la consultazione avverrà probabilmente in concomitanza con le elezioni locali di Novembre per risparmiare sui costi e per alzare l’affluenza dei votanti al di sopra del 40%. Secondo alcune rilevazione oltre il 75% dei potenziali lettori sarebbe favorevole ai quesiti referendari.

Non tutti gli addetti ai lavori si sono detti entusiasti di questa consultazione. Akuriba Yaagy, comandante di polizia della regione est del paese, ha espresso il suo disappunto per  la possibile abolizione della pena di morte. Yaagy, portando l’esempio di molti Stati americani, ha insistito sul fatto che l’abolizione farebbe venire meno la capacità deterrente della pena incentivando rapinatori e assassini. La posizione di Yaagy fa leva sul fatto che negli ultimi 20 anni ogni condanna a morte è stata poi commutata in una condanna a vita.

La decisione del Ghana accompagna un anno difficile per i diritti umani. Secondo il Rapporto di Amnesty International sulla pena di morte, infatti, nel 2013 vi è stato un aumento del 15% delle esecuzioni rispetto al 2012, soprattutto nell’area mediorientale (Iraq e Iran).
Nel rapporto si legge inoltre che nel corso del 2013 sono state eseguite oltre 778 condanne in 22 paesi diversi. Il paese che conta il maggior numero di esecuzioni è la Cina, seguita da Iran e Iraq. Il paese africano che ha giustiziato il maggior numero di detenuti è la Somalia, mentre la Nigeria, dopo oltre 7 anni, ha ripristinato la pena condannando a morte 4 persone.
Nonostante tutto, il segretario generale di Amnesty International, Salil Shetty ha affermato con cauto ottimismo che ‹‹Il percorso a lungo termine è chiaro: la pena di morte sta diventando un ricordo del passato. Sollecitiamo tutti i governi che ancora uccidono in nome della giustizia a imporre una moratoria sulla pena di morte››.
In Africa comunque la battaglia del Ghana non è la sola. Il rapporto di Amnesty riporta infatti che sono stati compiuti significativi passi avanti anche in Benin e Sierra Leone.

http://ilreferendum.it/2014/06/24/ghana-labolizione-pena-di-morte/

Egitto: preoccupazione per le condanne a morte dei 183 islamisti

Il consigliere della procura generale egiziana Hisham Barakat ha presentato appello contro la condanna a morte, confermata sabato da un tribunale del Cairo, nei confronti di 182 Fratelli musulmani e la Guida suprema del movimento, Mohamed Badie. Lo riferisce un comunicato della procura. 
I condannati, tra i quali il colonnello 

Mostafa Ragab Badie e altri dirigenti della Fratellanza, sono stati riconosciuti colpevoli dell'assalto a una stazione di polizia a Menya  nell'Alto Egitto e della strage degli agenti. 

I Ministri degli Esteri della Ue si sono detti “estremamente preoccupati” anche dalle sentenze pronunciate in Egitto contro i tre giornalisti di al-Jazeera e altri reporter europei condannati in contumacia. “Abbiamo espresso preoccupazione – si legge nelle conclusioni dell’odierna riunione in Lussemburgo – anche per le condanne a morte contro 180 persone a Minya e la recente decisione di aprire il processo contro 14 leader del movimento islamista che rischiano la pena di morte”.

Bielorussia: segreta la data dell'esecuzione e il luogo di sepoltura

Pavel Selyun
Tamara Seylun non si dà pace e non se la darà fino a quando non le verrà restituito il corpo di suo figlio Pavel, messo a morte a metà aprile.

“Voglio seppellire mio figlio, voglio recitare le preghiere e dargli sepoltura cristiana. Posso avere questo diritto?” – chiede, disperata.

Tamara, la pace, rischia di non averla mai. Perché non troverà il corpo di suo figlio.

Le autorità della Bielorussia, l’unico paese europeo a prevedere e applicare la pena di morte, non solo non rendono note in anticipo le date delle esecuzioni ma neanche informano le famiglie a esecuzione avvenuta. Queste vengono a saperlo quando, bussando al portone di una prigione, si sentono dire che il parente “non c’è più”. È il cinico modo per comunicare che l’esecuzione della condanna a morte ha avuto luogo.

Da lì, inizia il calvario delle madri: come prevede l’articolo 175.5 del codice di procedura penale, le salme dei prigionieri messi a morte non vengono restituite e il luogo di sepoltura resta segreto.
Vladislav Kovalev

Lyubov Kovalaeva sta ancora cercando la tomba di suo figlio Vladislav, messo a morte nel marzo 2012 dopo che era stato giudicato colpevole dell’attentato alla metropolitana di Mosca dell’aprile 2011.

Due mesi dopo l’esecuzione, Lyubov ha scritto al parlamento, al ministro dell’Interno, alla procura generale, alla corte suprema e al presidente Alexander Lukashenko chiedendo che le venisse restituita la salma del figlio. Sta ancora aspettando che qualcuno le risponda.

Nell’ottobre 2012 il Consiglio Onu dei diritti umani ha concluso che “il rifiuto dello stato di restituire le salme dei condannati a morte per la sepoltura o di rivelare il luogo dove sono stati sepolti costituisce una forma di intimidazione e di punizione nei confronti delle famiglie, che vengono volutamente lasciate in uno stato d’incertezza e di sofferenza mentale”.


Tribunale Sudanese annulla la condanna a morte, Meriam torna libera

La donna, 27 anni, sposata con un americano di fede cristiana e in carcere da febbraio, era stata condannata a morte per apostasia.
Una Corte d'appello sudanese ha annullato la condanna a morte di Meriam Yahya Ibrahim, la donna cristiana accusata di apostasia, e l'ha rimessa in libertà. La 27enne, sposata con un americano di fede cristiana, era stata arrestata a febbraio e il 27 maggio aveva dato alla luce una bambina, Maya, nella clinica della prigione.
Ultimamente molte voci si sono rincorse sulla sua possibile liberazione: qualche giorno fa la Commissione nazionale per i Diritti umani sudanese aveva definito la condanna a morte di Meriam una sentenza in contrasto con la Costituzione, che prevede la libertà di culto. In precedenza Meriam era stata liberata dalle catene per ordine dei medici.
"Meriam è libera, l'hanno rilasciata e ora sta tornando a casa", ha confermato alla Bbc Elshareef Ali, avvocato della donna. "Siamo molto felici e ora stiamo andando da lei", ha aggiunto il legale.
La condanna. Il 15 maggio un tribunale di Khartum aveva condannato a morte per impiccagione le 27enne Meriam, cristiana, madre di un bambino e all'epoca incinta di otto mesi (ha poi partorito in carcere), con l'accusa di apostasia. I giudici avevano inoltre stabilito che la donna dovesse subire cento frustate per aver commesso adulterio, visto che il suo matrimonio con un uomo cristiano non è riconosciuto valido in base alla sharia (diritto islamico).
I giudici avevano dato tre giorni alla donna per rinunciare alla sua fede cristiana, ma in aula, dopo un lungo colloquio con un religioso musulmano, la donna aveva affermato: "Sono cristiana e non ho mai commesso apostasia". Meriam, laureata in fisica, è sposata con Daniel Wani, un sud-sudanese cristiano. Lei è invece sudanese e nel suo paese è considerata musulmana, perché nata da un padre musulmano.
In base alla sharia, una donna musulmana non può sposare un uomo di un'altra fede e i figli nati dalla loro unione sono quindi considerati illegittimi e frutto di adulterio. Per salvare la giovane è stata lanciata una campagna internazionale, alla quale ha contribuito, tra gli altri, l'ong Italians For Darfur. Anche molte ambasciate in Sudan si sono esposte, rivolgendo appelli alle autorità locali.

domenica 22 giugno 2014

Papa Francesco ai detenuti di Castrovillari: "Il Signore è maestro di reinserimento e ci prende per mano."

L'incontro con i detenuti nel carcere di Castrovillari
 Il Signore è un maestro di reinserimento: ci prende per mano e ci riporta nella comunità sociale. Il Signore sempre perdona, sempre accompagna, sempre comprende; a noi spetta lasciarci comprendere, lasciarci perdonare, lasciarci accompagnare. 
Papa Francesco: lavanda dei piedi a Casal del Marmo
Auguro a ciascuno di voi che questo tempo non 

vada perduto, ma possa essere un 
tempo prezioso, durante il quale chiedere e ottenere da Dio questa grazia. Così facendo contribuirete a rendere migliori prima di tutto voi stessi, ma nello stesso tempo anche la comunità, perché, nel bene e nel male, le nostre azioni influiscono sugli altri e su tutta la famiglia umana. 



Leggi da "Avvenire.it" del 21 giugno 2014 il discorso tenuto ai detenuti.

http://www.avvenire.it/Papa_Francesco/Discorsi/Pagine/papa-discorso-al-carere-di-castrovillari-cassano-allo-jonio.aspx

giovedì 19 giugno 2014

Preoccupazione per la ripresa delle esecuzioni negli USA. In 24 ore tre esecuzioni

Marcus Wellons, Georgia
Tre esecuzioni in 24 ore negli Stati Uniti: in Georgia, Missouri e Florida. Dopo la moratoria di fatto di quasi due mesi seguita all'esecuzione shock di Clayton Lockett in Oklahoma, che prima di morire era stato in agonia per 43 minuti, il sistema della pena capitale con l'iniezione letale negli Usa e' tornato a ritmi serrati. 

Marcus Wellons, John Winfield e John Henry questi i nomi dei condannati uccisi nei tre stati americani il 17 e 18 giugno 2014.
Il primo in Georgia è stato Marcus Wellons. Per lui una dose di pentobarbital ad azione rapida.
I suoi avvocati avevano citato il caso di Lockett per provare a interrompere la procedura, sostenendo che la Georgia doveva rivelare dove ha ottenuto il farmaco usato nell’iniezione letale in modo da poterne valutare l’efficacia e assicurarsi che l’esecuzione non fosse crudele, si legge sull’Atlanta Journal-Constitution. Ma nessuno degli appelli presentati alla corte suprema federale, alla corte suprema della Georgia e a una corte d’appello di Atlanta hanno avuto successo. Wellons è stato dichiarato morto poco prima della mezzanotte locale.
John Winfield, Missouri

Un’ora dopo, a mezzanotte, in Missouri è stata eseguita la condanna di John Winfield, 46 anni. Anche i suoi appelli sono stati respinti, riferisce il Los Angeles Times. 


John Henry, Florida
Alle 18 del 18 giugno, ora locale,  l’esecuzione in Florida di John Ruthell Henry. Un giudice ha negato la grazia al condannato. John Henry, 63 anni, gli ultimi appelli, uno dei quali basato sul suo quoziente intellettuale ai limiti del minorato, erano stati respinti.

Torniamo a chiedere trasparenza sul metodi di esecuzione e la clemenza per gli uomini condannati.

Ma soprattutto crediamo che la somiglianza con Dio è premessa della redimibilità dell'uomo. 
Nessuno infatti è irrimediabilmente condannato sulla terra perché nessuno è impenetrabile all'amore, per questo nessuno nessuno è mai irrimediabilmente perduto. 
Torniamo a credere nella certezza che in ogni uomo c’è il bene, può ricevere il perdono e cambiare vita. 
http://www.internazionale.it/news






sabato 14 giugno 2014

Dalla Comunità di Sant’Egidio al carcere della Florida. Giusi Branca e le lettere ai condannati

Giusi, l’italiana che aiuta i condannati a morte della Florida

http://bigbrowser.blog.lemonde.fr/

Il destino dei prigionieri, molti dei quali hanno passato più di 25 anni nel Braccio della morte. Le Monde: «La pagina più deprimente del social network»
di Francesco Tortora

Autorevoli media internazionali come Le Monde l’hanno definita la «pagina più deprimente di Facebook» perché raccoglie i volti e le angoscianti storie dei prigionieri del “UCI and FSP Death Row”, il Braccio della morte del penitenziario di Raiford in Florida. I post e le immagini raccontano il destino dei prigionieri, molti dei quali hanno passato più di 25 anni nel Braccio della morte e sono stati giustiziati in età anziana per i crimini commessi anni prima. A gestire la pagina Facebook è Giusi Branca, quarantottenne italiana che da anni lotta contro la pena di morte e che spende gran parte della sua giornata ad aiutare i parenti dei prigionieri ad avere contatti con questi ultimi e a rendere la loro vita meno deprimente.

Ritmo delle esecuzioni

Lo scopo iniziale della pagina del social network era quello di dare notizie pratiche ai parenti dei condannati (ad esempio come raggiungere la prigione, come ottenere un colloquio, a che ora incontrare i condannati, la posizione delle stazioni di rifornimento vicino al carcere). Peccato che negli ultimi anni queste necessarie informazioni siano state surclassate dalle notizie sempre più periodiche di nuove condanne a morte. Da quando si è insediato in Florida il governatore repubblicano Rick Scott le esecuzioni sono aumentate velocemente. Solo nell’ultimo anno ben 12 persone sono state giustiziate nel penitenziario (un vero e proprio record per un carcere della Florida) e nel prossimo mese altri due prigionieri saliranno al patibolo. Il governatore che a novembre punta alla rielezione ha fatto approvare recentemente il Timely Justice Act, norma che accelera i tempi delle esecuzione dei condannati di lungo periodo e così intende conquistarsi i favori degli elettori più conservatori. L’elenco dei Dead Men Walking è destinato ad aumentare finché il governatore rimarrà in carica.

http://www.santegidio.org/scrivere a un condannato


Dalla Comunità di Sant’Egidio al carcere della Florida
- Giusi Branca, nata in Australia da genitori italiani in servizio all’estero, oggi vive in Olanda e passa diversi mesi della sua vita in Florida. Tuttavia dichiara a Corriere.it che l’Italia è l’unico paese in cui si sente a casa e di cui ha profonda nostalgia: “Per l’umanità e la civiltà – spiega la quarantottenne - che rimane per me unica al mondo” Anni fa - racconta - mentre lavoravo in un istituto di lingue cominciai ad interessarmi ai diritti umani e mi associai ad alcuni gruppi umanitari, tra cui la Comunità di Sant’Egidio, iniziando ad aiutare a tradurre le lettere dei detenuti del Braccio della morte. Guardando casualmente un sito dedicato ai condannati alla pena capitale riconobbi il nome di un antico conoscente. Con molta esitazione gli scrisse e dopo diverse settimane ricevetti una risposta del tutto inaspettata. Da allora con lui ho continuato ad avere un’intensa attività epistolare e quando sono in Florida vado a trovarlo nel penitenziario” (l’uomo è stato condannato a morte per omicidio ed è rinchiuso in carcere da 25 anni ndr).

venerdì 13 giugno 2014

da un editoriale del New York Times: "Non esistono esecuzioni pulite"

da: THE NEW YORK TIMES

Non esiste un’ Esecuzione “Pulita” 

Traduzione a cura della redazione di questo blog.

Da Jesse WEGMAN
5 giugno 2014
Diversi commentatori si sono risentiti per la posizione presa dal post Taking Note la scorsa settimana in merito alla moratoria sulle esecuzioni dell'Ohio, che ha dato seguito ad una serie di tentativi pasticciati lì e altrove, per uccidere i condannati a morte mediante iniezione letale.

Il post sosteneva che "non c'è un modo pulito per uccidere qualcuno: o è veloce e cruento, e perciò ritenuto troppo 'disumano', o comporta pelle cotta, decapitazione accidentale, rantoli, sbuffi, soffocamento e simili".
"Sbagliato", ha scritto Hey Skipper dell'Alaska in un commento significativo. "L’asfissia con gas inerte, in genere utilizzando l'azoto, è veloce e dolorosa
come quando ci si addormenta".

Dan Adams di Seattle ha approfondito con precisione come tale metodo funzionerebbe. Tra le altre cose, ha spiegato, "i condannati non avvertirebbero alcuna mancanza d'aria o altra sofferenza, in quanto queste reazioni fisiologiche dipendono da una concentrazione eccessiva di anidride carbonica nel sangue. Nella camera a gas, l’anidride carbonica verrebbe espirata via come in condizioni normali. Il corpo non ha alcun avvertimento contro l'ipossia, per altri versi non tossica, in quanto questa condizione atmosferica non esiste quasi da nessuna parte sulla Terra".

Altri hanno sostenuto che "ci sono molti modi indolore per uccidere", e hanno sottolineato che ogni giorno noi anestetizziamo pazienti in ospedale e sopprimiamo animali domestici e da fattoria senza difficoltà.


Ci sono alcune cose che vale la pena dire su tutto questo.

In primo luogo, come i lettori abituali di questa pagina già sanno, ci opponiamo categoricamente all'imposizione della pena di morte. Alla luce di ciò, non c'è ora, né ci sarà mai, un metodo di esecuzione che possa essere abbastanza "umano" per essere da noi tollerato.

martedì 10 giugno 2014

Carcere di Carinola: 500 detenuti al concerto di Valentina Stella

Il concerto di Valentina Stella al carcere di Carinola
Sembrava di stare a una festa di piazza e non in un carcere. Erano 500 i detenuti che hanno partecipato al concerto di Valentina Stella nel campo sportivo del carcere di Carinola, un evento organizzato dalla Comunità di Sant'Egidio. 
Carinola è un comune agricolo del casertano, famoso per le buone ciliegie che produce la terra.

Questo carcere è stato di recente trasformato da struttura ad “alta sicurezza” a Istituto a “custodia attenuata”, dove viene attuata la cosiddetta “vigilanza dinamica”, le celle sono luogo di pernottamento e la vita del detenuto si svolge al di fuori, con attività le più varie. Questa modalità di trattamento risponde al mandato assegnato all'Amministrazione di creare condizioni per un "trattamento penitenziario conforme a umanità e dignità" dove la persona detenuta è davvero al centro dell'azione
rieducativa.


Il saluto della direttrice Carmen Campi
E’ stata una festa davvero entusiasmante che non è stata fermata da qualche goccia di pioggia che è cominciata a cadere qualche minuto prima dell’inizio del concerto e che alla fine ha rinfrescato una calda giornata del mese di giugno. I detenuti hanno accompagnato con i cori l’esibizione della cantante, si sono esibiti in balli coreografici e hanno così potuto godere di qualche ora davvero straordinaria. 
Con grande passione il direttore del carcere Carmen Campi ha accolto la proposta della Comunità di organizzare questo evento e ha ringraziato tutti i volontari che sono venuti  per preparare la festa. Tra la Comunità e il carcere di Carinola c’è una consolidata amicizia che negli anni sta crescendo. Infatti l’Istituto è stato uno dei primi in Campania ad organizzare un incontro per la campagna “liberare i prigionieri in Africa” e solo qualche mese fa c’è stata una distribuzione di scarpe ai carcerati più poveri.  
E’ intervenuto anche il vicecapo del Dap Francesco Cascini che rivolgendosi ai detenuti ha spiegato lo sforzo che l’amministrazione sta facendo per rendere più umana la vita all’interno delle carceri. 
Il vescovo di Sessa Aurunca mons. Franco Piazza ha annunciato che anche per il prossimo anno la sua diocesi si preoccuperà di far vedere le partite di calcio ai detenuti, scatenando un grande entusiasmo e tanti applausi. In questa ottica la comunità curerà la formazione dei volontari della diocesi che poi andranno a svolgere il servizio nel carcere. 
Sono intervenuti anche il provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria della Campania Tommaso Contestabile, il presidente del tribunale di sorveglianza di Napoli Carminantonio Esposito e il sindaco di Carinola Luigi De Risi. A tutti è stata offerta una bibita rinfrescante tenuta in fresco in alcuni frigoriferi allestiti nel campo sportivo.
Una standing ovation ha accompagnato la notizia di un detenuto a cui è stata notificata la scarcerazione durante il concerto e che è andato via salutando tutti tra strette di mano e applausi. 
Ma la riprova del successo della festa si avuta all’indomani quando è arrivata la telefonata di Ciro, un detenuto che lavora all’esterno del carcere e che non ha potuto partecipare alla festa perché è rientrato in Istituto durante l’esibizione canora. Ciro ha conosciuto gli amici della Comunità anni fa nel carcere di Poggioreale ed ha comunque ascoltato una parte del concerto dalla sua cella. Al rientro dei detenuti, senza dire che conosceva la comunità, ha ”intervistato” i partecipanti al concerto chiedendo se gli era piaciuto. “Avete ricevuto complimenti a non finire – ha detto Ciro - si sono divertiti da morire e sono rientrati tutti più contenti”. “Voi siete persone che avete dato tanto, e non vi posso dimenticare”, ha continuato. La telefonata si è chiusa con una richiesta: “Voi per tanti anni mi avete servito al pranzo di Natale a Poggioreale, adesso che uscirò definitivamente, vorrei servire io i poveri, al pranzo di Natale che farete l’anno prossimo”.
La giornata si è conclusa nell’ufficio del direttore con un assaggio delle buonissime ciliegie locali offerte dagli agenti ai volontari e agli ospiti intervenuti alla manifestazione. Questa cordialità testimonia come sta cambiando e come può diventare il clima all’interno di un carcere.
Malgrado questo auguriamo a tutti i detenuti di Carinola di poter ritrovare al più presto la libertà, e con questa le loro famiglie, un lavoro e una vita migliore.  

L'Ohio riprenderà a praticare l'iniezione letale?

Romel Brooms, Ohio death row
La pena di morte e la sua applicazione negli USA continuano a suscitare questioni e dibattiti. 

Il caso di Romell Broom e il ricorso presentato dai suoi avvocati nel 2012, su cui la Corte suprema deciderà a giorni, riportano in evidenza il fatto che le modalità di esecuzione della sentenza si traducono in un “cruel and unusual punishment” proibito dall’Ottavo Emendamento della Costituzione.

Romell Broom, che è nel braccio della morte dell'Ohio per un delitto commesso nel 1984. Il ricorso presentato dai suoi avvocati non è il normale tentativo di ottenere una sospensione o un rinvio dell’esecuzione. Si tratta invece della richiesta di sottrarre Broom ad una nuova punizione crudele e straordinaria.




Il 15 settembre 2009, Broom doveva essere ucciso con iniezione letale, ma,nonostante 18 tentativi durati 120 minuti, il personale medico non era riuscito ad iniettare i farmaci. L’allora governatore dell’Ohio,Ted Strickland, fermò l’esecuzione.

D'altra parte il dibattito suscitato dall'uso improprio dei farmaci letali ha imposto un ripensamento, tanto che un giudice federale dell'Ohio ha recentemente disposto la moratoria sulle esecuzioni capitali per consentire alle autorità e ai tribunali di determinare se il protocollo per l'iniezione letale sia in linea con i dettami costituzionali. Il nuovo protocollo infatti ha aumentato le dosi dei farmaci utilizzati per mettere a morte i condannati ed e' stato adottato in aprile, dopo che il 16 gennaio scorso l'esecuzione di Dennis McGuire si era trasformata in una dolorosa agonia durata 25 minuti. 

Ci auguriamo che le decisioni dettate dall'emergenza diventino presto un reale ripensamento che conduca all'abolizione della pena capitale.

lunedì 9 giugno 2014

Missouri: Poliziotto Penitenziario accusato di dare sostegno a un condannato a morte

Nel braccio della morte di Potosi nel Missouri un poliziotto penitenziario è indagato con l'accusa di dare sostegno alla richiesta di clemenza di un condannato a morte. 

L'agente, che lavora al Dipartimento da oltre 20 anni, si sta impegnando a diffondere la petizione in favore di John Winfield e dichiara di aver 
supervisionato la sua condotta per anni e descrive la sua bontà verso gli altri prigionieri e le loro necessità e il rispetto con cui egli è considerato da personale e detenuti. Egli afferma inoltre che in più di 20 anni di servizio, ha incontrato pochi individui eccezionali che sono stati condannati a morte, ma che sono diventati uomini completamente cambiati. 
E che Winfield è "una persona compassionevole e generosa che ha la capacità di mentore dei giovani detenuti e cambiare le loro vite ".

L'esecuzione di Winfield è purtroppo prevista per il 18 giugno per l'uccisione di due donne nella contea di St. Louis nel 1996.

Veglia ecumenica a Rebibbia: "Dio rimette insieme i pezzi della nostra vita"


Il vescovo Matteo Zuppi
Veglia ecumenica a Rebibbia: «Unità e accoglienza» alla periferia dell'umanità
Alla casa circondariale, la preghiera in preparazione alla Pentecoste. Il vescovo Zuppi: «L’amore di Dio ci trasforma e rimette assieme i pezzi della nostra vita» di Ma. Fin.

La casa circondariale maschile di Rebibbia è il luogo scelto quest'anno dalla Diocesi di Roma per la veglia ecumenica in preparazione alla Pentecoste. Nel cosiddetto “Nuovo Complesso” si trovano ristretti circa 1800 uomini a fronte dei 1100 previsti sulla carta. Una condizione di sovraffollamento che rende difficile la vita quotidiana e che fanno del carcere una di quelle «periferie» del mondo denunciate da Bergoglio. «Abbiamo scelto il carcere per dare un segno di unità e, come il Papa ci ha chiesto, anche per raggiungere le periferie dell'umanità». 

Monsignor Marco Gnavi, incaricato diocesano per l'ecumenismo e il dialogo, spiega così il senso della veglia tenutasi il 3 giugno all'interno dell'istituto penitenziario. «La promessa che vi facciamo - dice, rivolgendosi ai detenuti che partecipano alla preghiera - è che porteremo le vostre attese fuori dal carcere». Don Sandro Spriano, cappellano a Rebibbia, ricorda la visita pastorale che Benedetto XVI fece in quel luogo nel 2011: «Invece di celebrare la messa dialogò con tutti noi. Uno gli disse: “Là fuori si parla male di noi”. Ratzinger rispose: “È vero, e si parla male anche del Papa. Io però parlerò di voi”. Siamo uomini privati della libertà - insiste il sacerdote - ma con il desiderio di tornare ad essere accolti e non separati dalla società. Per questo vi prego: parlate bene di noi».
La visita di Papa Benedetto nel dicembre 2011


Evento di comunione e dialogo ecumenico, la veglia è presieduta da monsignor Matteo Zuppi, vescovo ausiliare del Settore Centro. Accanto a lui sull'altare della Chiesa costruita nei primi anni novanta tra le mura del carcere romano, anche i rappresentanti di altre confessioni come ad esempio, per i romeni ortodossi, l'archimandrita Atanasio, il pastore luterano Jens Martin Kruse e il pastore valdese Antonio Adamo che spiega come la loro presenza lì sia «un piccolo segno che tuttavia contiene un messaggio di solidarietà e di simpatia perché di fronte al Signore si è tutti in debito».

Nella navata della chiesa tanti detenuti ascoltano in silenzio l'omelia di monsignor Zuppi che parla della gioia che vince la rassegnazione, la stessa che pervase i discepoli «quando alla morte di Gesù pensarono “È andata male” e invece lo Spirito Santo che scese su di loro per consolarli finì per cambiarli». E come si cambia? Alla domanda il vescovo ha una risposta chiara: «Si cambia quando sentiamo di essere amati». Quindi propone un esempio di vita e indica un percorso: «Una volta conoscevo un tipaccio che di sei parole pronunciate, cinque erano bestemmie e parolacce. All'improvviso è diventato un “micione”, come si dice a Roma, e sapete perché? Si era innamorato, aveva trovato una “lei” che lo aveva cambiato col suo amore. E pensate un po', con lo Spirito di Dio questo amore è ancora più grande perché rende nuovo ciò che è vecchio e innocente il peccatore». 
La conferenza interreligiosa, per cercare insieme la pace

L'invito è ad aprire quel cuore «per fare spazio a Dio» e «a dare, a nostra volta agli altri l'amore e la speranza ricevuti». Secondo una tradizione giapponese, conclude Zuppi, «quando si rompe un vaso si rimettono insieme i cocci, unendoli con l'oro cosicché il vaso è più prezioso di prima. Questa è Pentecoste: Dio che rimette assieme i pezzi della nostra vita».

http://www.romasette.it/

sabato 7 giugno 2014

La Sierra Leone abolirà presto la pena di morte

Il procuratore generale e il ministro della Giustizia on. Franklyn Bai Kargbo hanno assunto un impegno pubblico: il Paese a breve abolirà la pena di morte come una forma di punizione come una misura di urgenza. Nel corso di un'audizione pubblica davanti al Comitato contro la Tortura delle Nazioni Unite a Ginevra lo scorso mese di maggio, il ministro ha dichiarato di aver ricevuto istruzioni precise da parte del presidente Ernest Bai Koroma e che la Sierra Leone era già uno stato di fatto abolizionista e che tutte le condanne a morte sono state commutate in ergastolo. Intervenendo in una sessione pubblica del Comitato a Ginevra, Kargbo ha detto che sulla questione il suo ufficio ha .
Il governo dunque ha presentato al Parlamento un disegno di legge per un nuovo codice di procedura penale che prevede la semplificazione e l'accelerazione  dei processi penali e le pene alternative.

 Le questioni sollevate dal Comitato e dalle ONG comprendono il recepimento della Convenzione, pena di morte, detenzione cautelare prolungata dei sospetti, condizioni carcerarie e carenza di personale del carcere, punizioni corporali, indipendenza della magistratura, sistema di giustizia minorile, assistenza legale, leggi sull’aborto, SGBV (Violenza sessuale basata sul genere), MGF (mutilazioni genitali femminili) e matrimonio precoce.
La sessione, trasmessa sul web, è stata rinviata a lunedì 5 maggio alle 15:00.

Nel frattempo, il Comitato ha lodato la Sierra Leone per il grande miglioramento nel riferire agli organismi sui diritti delle Nazioni Unite.

lunedì 2 giugno 2014

Papa Francesco scrive a 500 minorenni condannati all'ergastolo negli USA

Il Papa scrive a 500 minorenni all'ergastolo
Cinquecento ragazzi detenuti in alcune carceri degli Stati Uniti e condannati all'ergastolo senza possibilità della condizionale.

Hanno scritto al Papa, e Francesco ha risposto loro, dicendo tra l'altro di essere stato "commosso profondamente" dai racconti dei giovani detenuti, assicurando la sua preghiera, e chiedendo a sua volta loro che preghino per lui. 

La vicenda è riferita dal periodico dei gesuiti statunitensi America Magazine. L'insieme delle 500 lettere è stato raccolto da padre Michael Kennedy, direttore esecutivo del Jesuit Restorative Justice Initiative. 

"Ho letto - ha risposto il Pontefice - le lettere che lei mi ha fatto recapitare gentilmente da ogni angolo degli Stati Uniti d'America, da parte di centinaia di ragazzi condannati in così giovane età all'ergastolo senza condizionale. Le loro storie e la loro richiesta che questa forma di sentenza venga rivista alla luce della giustizia e della possibilità di una riforma e riabilitazione mi hanno commosso profondamente". 

Papa Francesco ha subito fatto sapere di aver ricevuto le lettere e ha stabilito che ogni detenuto che ha scritto una lettera riceverà una copia della sua risposta a padre Kennedy.

L'esistenza degli ergastolani minorenni è nota alle associazioni dei diritti umani come Amnesty international, secondo cui l'America è l'unico paese al mondo che infligge questa pena per reati diversi dall'omicidio. Grazie a loro inoltre negli ultimi anni alcuni stati come la California hanno vietato l'ergastolo per i minori.