La Chiesa in Pakistan chiede al Governo di ripristinare la moratoria sulla pena di morte
La Chiesa cattolica «apprezza la santità dell’uomo e crede che nessuno dovrebbe avere il diritto di togliere la vita. Ci opponiamo con forza alla pena capitale», anche perché «al momento, il sistema giuridico in Pakistan è imperfetto»: attraverso una dichiarazione — ripresa dalla Misna — di Cecil Chaudhry, direttore esecutivo della Commissione nazionale di pace e giustizia, l’episcopato in Pakistan ha chiesto al Governo di ripristinare la moratoria sulla pena di morte dopo che nei giorni scorsi altri otto detenuti sono stati giustiziati nella provincia di Punjab.
Chaudhry in particolare ha deplorato l’esecuzione di Aftab Bahadur Masih, un cristiano condannato a morte, impiccato il mese scorso poco prima dell’inizio del Ramadan nonostante seri dubbi sulla sua età. La famiglia del condannato ha sempre sostenuto che aveva solo 15 anni quando venne accusato di aver commesso un omicidio.
L’appello della Chiesa per fermare le esecuzioni segue un appello simile rivolto dalle Nazioni Unite poco prima che gli otto detenuti fossero uccisi. Allo stesso tempo l’Onu ha chiesto al Governo pachistano di commutare immediatamente in pene detentive le sentenze di morte per coloro che sono in attesa dell’esecuzione. «La pena di morte è una forma estrema di punizione e, se utilizzata, dovrebbe essere solo per i crimini più gravi, dopo un giusto processo che rispetti le severe garanzie richieste dal diritto internazionale dei diritti umani», ha dichiarato Christof Heyns, relatore speciale delle Nazioni Unite sulle esecuzioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie. Heyns ha anche richiamato l’attenzione sul caso di Shafqat Hussain, il cui processo — afferma — non ha rispettato le norme internazionali. Shafqat è condannato per un crimine commesso quando era minorenne e dovrebbe essere giustiziato il 4 agosto. «Rinnovo», ha concluso il rappresentante dell’Onu, «il mio precedente appello al Pakistan a continuare la moratoria».
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