A dicembre la pena capitale è stata ripristinata dopo il massacro alla scuola di Peshawar
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Sette persone sono state giustiziate in Pakistan, un’esecuzione che porta a sedici il numero delle persone uccise dopo la disattivazione della pena capitale nello Stato asiatico del 2008. A dicembre il dispositivo era stato riattivato per il caso dell’attacco terroristico dei talebani contro la scuola di Peshawar che ha fatto 150 morti di cui 134 scolari.
Due dei condannati a morte sono stati impiccati per il loro ruolo in un tentativo di omicidio dell’ex presidente Pervez Musharraf, tre altri per violenze settarie, un altro per un attacco contro il consolato americano di Karachi nel 2003 e un altro ancora per l’uccisione di un avvocato.
L’esecuzione è avvenuta proprio nei giorni in cui il segretario di stato statunitense John Kerry si trova in Pakistan per rafforzare la cooperazione sui temi della sicurezza fra Washington e Islamabad.
Secondo Amnesty International sarebbero addirittura ottomila i condannati a morte detenuti nelle prigioni pakistane. Dopo il massacro di Peshawar e la riattivazione della pena capitale le autorità di Islamabad hanno previsto di effettuare circa 500 esecuzioni. Ovviamente la ripresa delle esecuzioni capitali ha provocato la reazione di numerose associazioni per la difesa dei diritti umani europee secondo le quali la pena capitale non rappresenta uno strumento efficace per lottare contro il terrorismo. La scorsa settimana, nonostante l’opposizione dei partiti islamisti e dei deputati progressisti, il Parlamento pakistano ha approvato la creazione di nuovi tribunali militari che avranno il compito di giudicare i civili per atti di terrorismo.
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