Più di 500 partigiani del presidente islamista Mohamed Morsi, destituito dall'esercito, sono stati condannati a morte per le violenze commesse la scorsa estate.
Dei 529 condannati alla pena capitale, fin dalla seconda udienza del processo aperto sabato scorso a al-Minya, a sud del Cairo, solo 153 sono attualmente in stato di detenzione.
La Comunità di Sant'Egidio esprime preoccupazione per una condanna così estrema. Una pena durissima che, associata al numero così alto di condannati, induce a chiedere clemenza e a sperare che presto tale decisione venga modificata o mitigata.
Egitto:
pugno ferro su pro-Morsi, 529 condanne a morte
Sentenza
senza precedenti. Fratelli musulmani: "Reagiremo"
(di Giuseppe
Maria Laudani)
(ANSA) - IL
CAIRO, 24 MAR - Una sentenza shock: al patibolo
529 sostenitori
dei Fratelli musulmani. Una pena durissima
quella emessa
oggi in primo grado dalla Corte d'assise di Minya
nell'ambito del
maxi-processo che si e' aperto sabato scorso e
che vede
imputati oltre 1.200 sostenitori della confraternita
per i disordini
e le violenze dello scorso 14 agosto in Alto
Egitto, dopo la
destituzione dell'allora presidente Mohamed
Morsi.
Gli Stati Uniti
si sono detti "profondamente preoccupati" e
hanno lanciato
un appello al Cairo perche' assicuri a tutti i
detenuti
trattamenti giusti e rispettosi della dignita' umana.
"E'
grottesco", ha tuonato Amnesty International. "Le
condanne a morte
devono essere annullate. Emetterne cosi' tante
in un singolo
processo fa superare all'Egitto la maggior parte
dei Paesi per
numero di condanne inflitte in un anno", ha
dichiarato la
vicedirettrice dell'organizzazione per l'area
Hassiba Hadj
Sahraoui.
La maggior parte
degli imputati sono contumaci, mentre 153
sono in carcere.
Diciassette sono stati invece prosciolti dalle
accuse. Nei
giorni a venire dovranno comparire in aula altri 700
sostenitori di
Morsi, anche loro accusati di avere attaccato un
commissariato,
di avere ucciso un ufficiale di polizia e di
avere tentato di
assassinarne altri due. Tra loro c'e' la guida
spirituale della
Confraternita, Mohamed Badie. Le proteste a
Minya erano
seguite a quelle avvenute sempre nello stesso giorno
al Cairo, con
gli sgomberi dei sit-in di Rabaa che avevano
causato
centinaia di morti.
Alcune fonti
all'ANSA hanno riferito che i contumaci che
decideranno di
consegnarsi alla giustizia potranno essere
processati
nuovamente, mentre quelli condannati oggi possono
ricorrere in
appello davanti alla Cassazione. Ad ogni modo la
Corte d'assise
di Minya ha inviato il dossier al Gran Mufti'
d'Egitto -
autorita' religiosa e civile - che ha il compito di
ratificare le
condanne a morte o di respingerle.
La tensione e'
diventata palpabile davanti al tribunale dopo
la lettura della
sentenza. Scioccati i familiari dei condannati
che hanno urlato
slogan contro esercito, polizia e magistratura.
Uno dei legali
della difesa, Tarek Fouda, ha affermato che in
aula e' stato
loro vietato aprire bocca. Parole di fuoco da
Hamza Zoubaa,
portavoce di Giustizia e Liberta', partito della
Fratellanza che
sul suo account ha minacciato una "nuova fase
della
rivoluzione con nuovi metodi dal risultato inatteso e
senza
precedenti". Dura reazione anche dal movimento
integralista
Jamaa Islamiya.
E le proteste
non si sono fatte attendere: in migliaia hanno
manifestato in
varie citta' del governatorato, mentre secondo
l'agenzia Mena
alcuni sostenitori di Morsi hanno dato fuoco ad
una scuola, al
punto che in serata e' stato decretato lo stato
di allerta nella
regione.
Tra le molte
reazioni di condanna alla decisione del
tribunale anche
quella da parte di Gamal Eid, direttore
dell'Arab
Network for Human Right, convinto pero' che la
sentenza nei
successivi gradi di giudizio verra'
"modificata"
e mitigata, ma che avra' comunque un "impatto sul
futuro del Paese
perche' rimarra' impressa nella mente degli
egiziani".
(ANSA).
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