martedì 25 marzo 2014

Preoccupazione per le condanne a morte in Egitto



Più di 500 partigiani del presidente islamista Mohamed Morsi, destituito dall'esercito, sono stati condannati a morte per le violenze commesse la scorsa estate.  
Dei 529 condannati alla pena capitale, fin dalla seconda udienza del processo aperto sabato scorso a al-Minya, a sud del Cairo, solo 153 sono attualmente in stato di detenzione. 
La Comunità di Sant'Egidio esprime preoccupazione per una condanna così estrema.  Una pena durissima che, associata al numero così alto di condannati, induce a chiedere clemenza e a sperare che presto tale decisione venga modificata o mitigata. 



Egitto: pugno ferro su pro-Morsi, 529 condanne a morte
Sentenza senza precedenti. Fratelli musulmani: "Reagiremo"

(di Giuseppe Maria Laudani)

(ANSA) - IL CAIRO, 24 MAR - Una sentenza shock: al patibolo
529 sostenitori dei Fratelli musulmani. Una pena durissima
quella emessa oggi in primo grado dalla Corte d'assise di Minya
nell'ambito del maxi-processo che si e' aperto sabato scorso e
che vede imputati oltre 1.200 sostenitori della confraternita
per i disordini e le violenze dello scorso 14 agosto in Alto
Egitto, dopo la destituzione dell'allora presidente Mohamed
Morsi.
Gli Stati Uniti si sono detti "profondamente preoccupati" e
hanno lanciato un appello al Cairo perche' assicuri a tutti i
detenuti trattamenti giusti e rispettosi della dignita' umana.
"E' grottesco", ha tuonato Amnesty International. "Le
condanne a morte devono essere annullate. Emetterne cosi' tante
in un singolo processo fa superare all'Egitto la maggior parte
dei Paesi per numero di condanne inflitte in un anno", ha
dichiarato la vicedirettrice dell'organizzazione per l'area
Hassiba Hadj Sahraoui.
La maggior parte degli imputati sono contumaci, mentre 153
sono in carcere. Diciassette sono stati invece prosciolti dalle
accuse. Nei giorni a venire dovranno comparire in aula altri 700
sostenitori di Morsi, anche loro accusati di avere attaccato un
commissariato, di avere ucciso un ufficiale di polizia e di
avere tentato di assassinarne altri due. Tra loro c'e' la guida
spirituale della Confraternita, Mohamed Badie. Le proteste a
Minya erano seguite a quelle avvenute sempre nello stesso giorno
al Cairo, con gli sgomberi dei sit-in di Rabaa che avevano
causato centinaia di morti.
Alcune fonti all'ANSA hanno riferito che i contumaci che
decideranno di consegnarsi alla giustizia potranno essere
processati nuovamente, mentre quelli condannati oggi possono
ricorrere in appello davanti alla Cassazione. Ad ogni modo la
Corte d'assise di Minya ha inviato il dossier al Gran Mufti'
d'Egitto - autorita' religiosa e civile - che ha il compito di
ratificare le condanne a morte o di respingerle.
La tensione e' diventata palpabile davanti al tribunale dopo
la lettura della sentenza. Scioccati i familiari dei condannati
che hanno urlato slogan contro esercito, polizia e magistratura.
Uno dei legali della difesa, Tarek Fouda, ha affermato che in
aula e' stato loro vietato aprire bocca. Parole di fuoco da
Hamza Zoubaa, portavoce di Giustizia e Liberta', partito della
Fratellanza che sul suo account ha minacciato una "nuova fase
della rivoluzione con nuovi metodi dal risultato inatteso e
senza precedenti". Dura reazione anche dal movimento
integralista Jamaa Islamiya.
E le proteste non si sono fatte attendere: in migliaia hanno
manifestato in varie citta' del governatorato, mentre secondo
l'agenzia Mena alcuni sostenitori di Morsi hanno dato fuoco ad
una scuola, al punto che in serata e' stato decretato lo stato
di allerta nella regione.
Tra le molte reazioni di condanna alla decisione del
tribunale anche quella da parte di Gamal Eid, direttore
dell'Arab Network for Human Right, convinto pero' che la
sentenza nei successivi gradi di giudizio verra'
"modificata" e mitigata, ma che avra' comunque un "impatto sul
futuro del Paese perche' rimarra' impressa nella mente degli
egiziani". (ANSA).


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