Marazziti, Presidente Commissione Diritti Umani |
In Aula a Montecitorio spaccato il Pd di Matteo Renzi, no deciso a indulto e amnistia del Movimento 5 stelle di Beppe Grillo, il sì convinto di Forza Italia di Silvio Berlusconi, Nuovo centrodestra e Per l'Italia. La disponibilità di Sel e Scelta civica. Il dibattito è in corso e oggi pomeriggio riprenderà in commissione Giustizia al Senato l'esame dei quattro ddl per amnistia e indulto mentre in piazza a Montecitorio prosegue la protesta dei Radicali italiani.
"Occorre, di fronte a un sistema di interventi organico, avere il coraggio di mettere a punto e approvare una legge di indulto e amnistia che può essere risolutiva, proprio perché abbiamo messo mano alle molte deformazioni che si sono sedimentate sul sistema carcerario". Lo dichiara Mario Marazziti, deputato dei popolari per l'Italia, Presidente del Comitato per i Diritti Umani della Camera.
"Amnistia e indulto - prosegue - non sono parolacce o, come vengono descritte, come un incoraggiamento all'illegalità e un colpo di spugna. Oggi possono aiutare la magistratura a ritrovare efficienza per l'annullamento di procedimenti penali non necessari e il sistema carcerario a ripartire da una fisiologia ritrovata. Occorre non farne materia di scontro ideologico o di rinnovati populismi. L'indulto del 2006, subito diventato un figlio disabile rinnegato dai molti padri che aveva fino a prima della nascita, è stato un successo. Ma i populismi e le approssimazioni ne hanno fatto un mostro. Eppure tra chi ha goduto dell'indulto i recidivi sono stati il 33 per cento, la metà di quanto scontano tutta la pena. E chi, tra quanti furono raggiunti dall'indulto, già godeva di benefici o misure alternative al carcere ha commesso reati cinque volte di meno di quanto scontano tutta la pena in carcere".
"Mi appello al Movimento Cinque Stelle, che finora ha usato toni forcaioli - conclude Marazziti - perché operi una revisione profonda e non danneggi migliaia di famiglie italiane sulla base di miti e falsificazioni. A Forza Italia, perché sia disponibile a una maggioranza più larga non solo per le riforme istituzionali. Agli alleati di governo, ma soprattutto al Partito democratico, perché si abbia il coraggio di fare la differenza nella storia d'Italia mostrando coraggio: il coraggio della leadership e non il timore di dovere spiegare le cose importanti, magari difficili, agli italiani".
Avvenire, 5 marzo 2014
di Danilo Paolini
Il bicchiere è mezzo pieno perché, in tempi di grave discredito per le istituzioni, l'assemblea della Camera è riuscita a evitare la vergogna di non onorare con un dibattito l'accorato messaggio del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sull'emergenza carceri. La metà vuota del bicchiere è rappresentata dall'enorme ritardo con cui ciò è avvenuto: cinque mesi.
È vero, nel mezzo ci sono stati un cambio di maggioranza, una crisi di governo e il varo di un nuovo esecutivo, oltre ai tanti consueti "fuoriprogramma" (potrebbe sembrare un ossimoro, purtroppo non lo è) di questa nostra Italia senza pace. Ma, non ci stancheremo mai di scriverlo, quella del sovraffollamento e delle condizioni carcerarie non è e non può essere considerata una questione di serie B. È invece un'urgenza che investe la dignità di decine di migliaia di donne e di uomini, detenuti e operatori nei nostri istituti di pena, che non sono mai numeri di una statistica, e mette in gioco la possibilità di chiamare ancora il nostro uno Stato di diritto.
Per il momento, e non da ieri, questa possibilità sembra in tutta franchezza sospesa per molti motivi, inerenti non soltanto l'esecuzione delle pene ma anche il processo penale e quello civile. Ieri la presidente della commissione Giustizia di Montecitorio Donatella Ferranti (Pd) ha assicurato, aprendo il dibattito sul messaggio di Napolitano, che "siamo sicuramente sulla buona strada" per portare il numero dei detenuti in carcere sotto il livello della capienza massima regolamentare, che è di 47.857. Il problema è che la strada, seppur "buona", è stretta e lastricata di "se".
Il traguardo ideale, proprio perché stiamo parlando di persone, sarebbe ovviamente... ieri. Quello fissato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo è il 28 maggio: tra 83 giorni, se il problema non sarà risolto, i giudici di Strasburgo cominceranno ad applicare la sentenza-pilota "Torreggiani e altri Vs Italia" dell'8 gennaio 2013. Riconosceranno, cioè, il diritto a un risarcimento in denaro a tutti i reclusi (prevedibilmente tanti) che ricorreranno per "trattamento disumano o degradante". I numeri non inducono all'ottimismo, visto che venerdì scorso il numero dei detenuti si attestava a 60.828. Ancora (almeno) 13mila di troppo.
Non a caso la fiducia della relatrice Ferranti è agganciata a due auspici: che le Camere approvino "entro marzo la riforma della custodia cautelare e il provvedimento sulla messa alla prova e sulla detenzione domiciliare"; che "subito dopo", ovvero in aprile, il governo dia "un quadro complessivo ed effettivo" degli interventi di politica carceraria.
Tanti "se", appunto. Ma poniamo anche che tutto vada per il verso giusto. Ci troveremmo a un mese o poco più dalla scadenza europea con tutte le carte già giocate. Indulto e amnistia infatti - per eccessiva frammentazione, carenza di volontà politica e ragioni di opportunità - sembrano interventi fuori dalla portata di questo Parlamento. Né c'è da sperare nella creazione, a breve, di altri spazi di detenzione tramite la costruzione di nuovi edifici o la ristrutturazione di quelli esistenti.
Insomma, per adesso le celle sono ancora troppo piene. E il bicchiere, si diceva, lo è solo per metà. Reale, per il momento, resta il rischio di doverlo riempire a fine maggio con una mistura amara: un'ulteriore perdita di credibilità internazionale del nostro Paese (e davvero non se ne avverte il bisogno) mescolata con milioni di euro da impiegare in risarcimenti (idem come sopra). Perciò chi deve fare i conti li faccia bene. Anche quei 156 deputati che ieri mattina hanno disertato dibattito e votazione.
Giustizia: né indulto né amnistia per l'emergenza carceri |
Avvenire, 5 marzo 2014
Alla fine, cinque mesi dopo l'appello del Quirinale, Montecitorio discute il messaggio sull'emergenza carceri di Giorgio Napolitano . E formalmente lo approva.
Ma "dissinnesca" il suggerimento del capo dello Stato di "considerare", oltre alle riforme avviate, "l'esigenza di rimedi straordinari" per "intervenire nell'immediato".
Cioè indulto e amnistia, come proposto da Napolitano il 7 ottobre 2013. Ma alla disponibilità di Ncd e Popolari per l'Italia fa argine il Pd: servirebbe "un'assunzione di responsabilità politica - frena la relatrice Donatella Ferranti - di cui bisogna essere ben consapevoli".
Se il decreto Cancellieri e le riforme in pista arriveranno e otterranno i risultati sperati - è la linea del Pd - l'Italia riuscirà a rispettare la data del 28 maggio, termine dato dalla Corte europea per ridare dignità ai penitenziari. Se tutto va bene, dunque. Ma di interventi straordinari il partito di maggioranza relativa non vuol sentir parlare. L'aula approva la relazione della Ferranti con 325 sì (anche di Sel), 107 no e 42 astenuti.
La relatrice auspica quindi che si approvi "entro marzo la riforma della custodia cautelare e il provvedimento su messa alla prova e detenzione domiciliare". E che "subito dopo", ad aprile, il governo fornisca "un quadro complessivo ed effettivo dell'applicazione dei nuovi interventi normativi". Insomma, grazie al decreto Cancellieri convertito dalle Camere "siamo sicuramente sulla buona strada", è l'analisi ottimistica della deputata, anche se "occorre affiancare le misure strutturali con l'attuazione definitiva del piano carceri". Quanto alle misure straordinarie evocate a suo tempo dal presidente Napolitano, la relatrice parla di "responsabilità politica di cui bisogna essere ben consapevoli". E che ben pochi hanno voglia di assumersi.
Tra questi c'è Gian Luigi Gigli, dei Popolari per l'Italia: "Non dobbiamo avere timore di pensare, seppure come extrema ratio, a interventi straordinari come l'indulto e l'amnistia. Diversamente dal passato, potrebbero davvero risolvere il problema del sovraffollamento. L'amnistia avrebbe anche il benefico effetto di ridurre il carico processuale". Concorda il Ncd: "Strumenti straordinari come l'indulto e l'amnistia non ci spaventano, e vanno presi in considerazione", sottolinea Fabrizio Cicchitto.
È lo "scatto d'orgoglio" auspicato dall'Unione delle camere penali, che registra "l'apertura di alcune forze politiche" di maggioranza e "anche di diversi esponenti" del Pd, ma anche, purtroppo, la chiusura della responsabile giustizia" del Pd.
Netta la posizione di Fratelli d'Italia. "Condivido in pieno l'analisi fatta dal capo dello Stato - dice Edmondo Cirielli - su un sistema carcerario vergognoso. Ma non ne condivido le conclusioni: da venti anni invece di intervenire sulle carenze strutturali si è preferito scaricare sui cittadini e sulle vittime queste inadempienze". Durissima l'opposizione della Lega Nord: "Per la sinistra e il governo la priorità è l'indulto - è l'opinione di Nicola Molteni - per noi invece la sicurezza dei cittadini".
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