da "La Stampa"
Un gruppo di giuristi argentini ha presentato un volume che raccoglie il pensiero del Pontefice su temi che vanno dal carcere alla pena di morte
Il `no´ assoluto alla pena di morte, il ricorso alla detenzione solo quando non ci sono altre alternative e una giustizia che rimetta al centro la dignità dell’uomo. È il pensiero giuridico del Papa raccolto nella pubblicazione «Por una justicia realmente humana» che oggi è stata portata in Vaticano da un gruppo di giuristi argentini. Il libro - che è stato presentato nel pomeriggio nel corso di un evento organizzato dall’associazione Antigone e dall’Università Roma Tre - nasce da uno scambio di messaggi tra Bergoglio e l’associazione internazionale di diritto penale, per arrivare ad una udienza, il 23 ottobre 2014, in cui il pontefice ha messo a punto una serie di considerazioni sulla detenzione, dai «limiti» della pena alla condanna della tortura. E ora quelle parole sono diventate una sorta di trattato giuridico.
«L’intervento del Papa - ha detto Patrizio Gonnella, presidente di Antigone - non ha pari nella sua radicalità. Nel dibattito pubblico è molto raro che vengano affrontati temi come quelli del populismo penale, della tortura, della pena di morte, delle condizioni carcerarie, della non ineluttabilità del carcere. Un discorso radicale e profondo».
I giuristi argentini, ospiti del convegno a Roma Tre, avevano incontrato questa mattina Papa Francesco al termine dell’udienza generale. Francesco da Alejandro Slokar, presidente della Camara Federal de Casacion Penal, ha donato al pontefice un crocifisso realizzato dalle donne detenute del penitenziario argentino di Ezeiza, nella provincia di Buenos Aires.
Angela Ledesma, Presidente della II Camera Federale della Cassazione argentina, ha sottolineato che «Papa Francesco chiede una giustizia più umana e in questo interpella innanzitutto noi giuristi. Chiede più equità perché ancora oggi, almeno in Argentina, la giustizia è forte con i poveri e accomodante con i ricchi».
Toccante la testimonianza di Marc S. Groenhuisen, presidente della società mondiale di vittimologia: «Quando ho incontrato Papa Francesco gli ho chiesto apertamente: se un bambino viene ucciso come spieghi ai genitori che il colpevole non debba finire in carcere? E lui mi ha risposto: `non si aumentano i diritti delle vittime diminuendo quelli dei colpevoli´. Mi ha colpito, è questa una sfida alla quale dobbiamo dare seguito».
Paola Severino, vicerettore dell’Università Luiss ed ex ministro della Giustizia, ha ricordato come quando riuscì a portare Papa Francesco nel carcere minorile di Casal del Marmo, appena due settimane dopo la sua elezione a pontefice, per il giovedì santo. «Così vicino ai semplici e ai sofferenti ha riportato l’attenzione su uno dei temi più dolorosi e più dimenticati della nostra giustizia, che è quello del carcere. Il nostro Paese ha fatto molto per le misure alternative e per la qualità della vita dei detenuti ma stenta a crescere una cultura sociale. Il carcere non interessa ai media e per la gente resta qualcosa di `altro da me´».
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