di Guido Santevecchi
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«Ho visto condannati a morte uccisi con un colpo alla testa davanti a me. Il fango, il sangue e il cervello schizzati sui miei pantaloni». «Qualcuno non muore subito, si dibatte a terra, con le mani che si contraggono per aggrapparsi alla vita». Sono parole del giudice della Corte Suprema della Repubblica popolare cinese Lu Jianping, un uomo che sente «una tortura nell’anima». Il magistrato, 52 anni, è anche docente di diritto alla Normale di Pechino ed è sempre stato contrario alla pena di morte, fin da quando, studente di legge nel 1983, gli fu ordinato di assistere a un’esecuzione capitale per imparare le procedure. Quell’immagine degli ultimi attimi di un condannato a morte davanti al plotone d’esecuzione non lo hanno più lasciato. Ora l’ha raccontata alla “Xinhua”.
Tre anni fa il professore e altri cinque giuristi universitari sono stati distaccati per ordine del Congresso del Popolo alla Corte Suprema di Pechino, che si occupa della revisione e convalida delle sentenze di morte. Lu Jianping racconta di aver dovuto scrivere «approvato» su diversi fascicoli che mandano a morte i condannati, perché ci sono casi chiari, 55 tipi di reati, per i quali la legge cinese non ammette interpretazioni e clemenza «e io oggi sono un giudice». «Nelle carte vidi la foto del primo condannato: giovane, di bell’aspetto. Lo avevano preso con un chilo e mezzo di droga. Esecuzione approvata. Di notte quel condannato esce ancora dai faldoni ed entra nei miei sogni».
È l’agenzia “Xinhua” che rilancia le parole del magistrato con il titolo «La battaglia per la vita e la morte di un giudice cinese». È significativo che la voce del governo di Pechino pubblichi una storia così forte che esprime dubbi sulla pena di morte. La “Xinhua” scrive che «le autorità da molto tempo considerano la possibilità di abolire la pena di morte. La questione fu posta al Congresso del Popolo per la prima volta nel 1956». Si parla anche della riduzione da 55 a 46 dei reati punibili con la morte.
Pechino rifiuta di divulgare i dati, ma secondo statistiche non ufficiali nel 2013 in Cina sono state eseguite 2.400 sentenze di morte, un quinto in meno rispetto al 2012. Sempre più che in tutti gli altri Paesi del mondo messi insieme.
"È significativo che la voce del governo di Pechino pubblichi una storia così forte che esprime dubbi sulla pena di morte."
RispondiEliminaTutto può cambiare! Bellissimo
Grazie Sandra Battisti