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Il procuratore generale iraniano ha affermato lunedì scorso che il pagamento del "prezzo del sangue" ha salvato 358 iraniani dalla pena di morte lo scorso anno. Questa pratica, resa possibile da una legge islamica chiamata Diya ("prezzo del sangue"), consente ai detenuti di salvarsi pagando una somma di denaro dopo essere stati perdonati dalle famiglie delle vittime.
Il caso più famoso è quello di un giovane iraniano, Balal, che due settimane fa è stato salvato dallo schiaffo della madre della vittima, quando già si trovava sul luogo della sua esecuzione. Nel suo caso la Diya ammontava a 3 miliardi di riyal (pari a 65.000 euro). Dopo questo avvenimento, i media iraniani hanno riportato la notizia di altri condannati a morte che sono stati perdonati dalle famiglie delle vittime: uno di essi ha ricevuto il perdono pochi minuti dopo che era già stato impiccato.
Tuttavia, secondo i dati pubblicati dall'Onu, più di 170 persone sono state giustiziate in Iran dall'inizio del 2014. Proprio in questi giorni il relatore delle Nazioni Unite sui diritti umani in Iran Ahmet Shaheed ha esortato le autorità iraniane a svolgere un nuovo processo per una donna condannata alla pena di morte. Ha poi dichiarato: "E' necessario che vengano rispettati i diritti dell'imputata, e che venga condotto un giusto processo, in rispetto della legge iraniana e della legge internazionale".
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