venerdì 14 febbraio 2014

Lettere dal braccio della morte

da Famiglia Cristiana pubblichiamo volentieri un testo scritto da un detenuto condannato alla pena capitale in California, si chiama Fernando Caro, è possibile scrivergli attraverso il Comitato Paul Rougeau (prougeau@tiscali.it)

Come Fernando, migliaia di condannati alla pena capitale in tutto il mondo hanno bisogno di sostegno e di amicizia. C’ è bisogno di persone che si attivino, mettendo a disposizione un po’ del loro tempo, per aiutarli e per arrivare all’abolizione universale della pena di morte: ormai sono una minoranza i Paesi attaccati questa macabra istituzione del passato. 


Nel sito santegidio.org le indicazioni per scrivere a un condannato a morte.



«Nel braccio della morte, la saggezza e il senno del poi possono soltanto
aggiungere un po’ di auto-punizione alla punizione già in essere.
Il braccio della morte non è il luogo ideale in cui trascorrere il resto della vita. Anni di attesa! Anni durante i quali non sai quando, e se, verrà il momento dell’esecuzione. Il momento in cui persone che ti considerano meno dell’immondizia ti pianteranno un grosso ago nel braccio. L’ultima cosa che vedrai sarà un soffitto bianco, mentre giacerai sulla schiena, chiedendoti che cosa proverai quando la prima sostanza verrà iniettata nel tuo corpo. Legato al lettino da molte cinghie, impossibilitato a muoverti, non potrai neppure grattarti se ti sentirai prudere. La bocca riarsa, solo con i tuoi pensieri, sapendo che la tua vita sta arrivando ad una fine non voluta! 

Almeno, ti dirai, tutta la tempesta interiore e lo stress, e soprattutto l’attesa, finiranno! Smetterai di sperare di non essere giustiziato. Avresti mai immaginato, da giovane, di ritrovarti un giorno in una stanza della morte legalizzata dallo stato? Io sto nel braccio della morte da trent’anni e mi sono posto questa domanda tante volte, troppe per ricordarmi quante siano. Quando arrivai qui, non riuscivo ad accettare di essere stato condannato a morte. Entro poche settimane, però, cominciai a rendermi conto che questa eventualità può diventare concreta. Che la morte è una piccolissima cella in cui ti svegli ogni mattina. Non puoi lasciarla, voltarle le spalle, o chiudere gli occhi per impedirle di osservarti malignamente! Quelli che non riescono ad adattarsi alla condanna a morte, che pende su di loro come la spada di Damocle, finiscono per suicidarsi. Altri lottano con l’idea della condanna, e invecchiano prima del tempo. Ci sono tuttavia anche uomini che riescono ad affrontare bene la situazione, accettandola, non potendo fare di meglio.
So che tutti questi casi si verificano perché li constato ogni anno intorno a me. Naturalmente, nessuno sa veramente che cosa passi nella mente di un condannato a morte. Il tormento di dover aspettare un altro giorno. La libertà è solo un sogno! Sopravvivere ricordando quando potevi camminare lungo una strada, senza indossare catene, e senza il timore che qualcuno ti spari! Che ti spari una guardia carceraria che non si farebbe nessun problema a toglierti la vita! 

Tutti questi pensieri, emozioni, dubbi, paure, limitazioni, sono frammischiate in una fredda realtà che ti congela in una condizione stagnante di limbo. Non contano eventuali buoni proposti che puoi aver fatto nella tua vita. Non hanno più alcuna importanza quando finisci nel braccio della morte. La società ti considera, in qualità di condannato a morte, come un mostro, per la cui vita non merita preoccuparsi. Come ho detto, il braccio della morte non è un luogo in cui trascorrere il resto della vita. Specialmente se ritieni di valere qualcosa. 

Scrivo tutto questo per esperienza diretta. Tanta esperienza! L’esperienza porta saggezza, e molto senno del poi riguardo a ciò che avremmo dovuto fare. Nel braccio della morte, però, la saggezza e il senno del poi possono soltanto aggiungere un po’ di auto-punizione alla punizione già in essere."

Fernando Eros Caro, dal braccio della morte di San Quentin - California

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