Lidia Guerrero Saldaño, madre di un condannato a morte |
L'audizione alla Commissione Diritti Umani del nostro Parlamento |
"Grazie a Dio sopravvivo alla condanna a morte di mio figlio Vìctor da quasi 20 anni, la mia vita per salvare la sua. Il braccio della morte è tortura permanente", così ha esordito Lidia Guerrero.
La signora era accompagnata anche da rappresentanti della Comunità di Sant'Egidio che a Buenos Aires e a Roma seguono la vicenda di suo figlio, e dall'avvocato Juan Carlos Vegas. La delegazione era stata salutata da Papa Francesco mercoledì in piazza San Pietro prima dell'udienza generale.
Marazziti ha sottolineato l'importanza della presenza della madre di un condannato a morte, simbolo eclatante della battaglia abolizionista mondiale per l'autenticità della sua testimonianza.
L'avvocato Vegas, già parlamentare argentino, ha illustrato la vicenda di Victor Saldano, condannato a morte in Texas per sequestro ed assassinio, nel corso di un processo che la Corte Suprema stessa americana ha giudicato viziato da pregiudizio razziale. Il detenuto, che da 17 anni si trova nel braccio della morte è ora affetto da grave prostrazione psicologica al limite della follia, e i difensori ne chiedono il trasferimento in un carcere comune.
La Comunità di Sant'Egidio, segue con attenzione gli importanti cambiamenti in atto negli USA, dove si registra una diminuzione delle condanne e delle esecuzioni, purtroppo non ancora in Texas. Ha a cuore fin dal 2002 la situazione di questo cittadino argentino e segue la sua vicenda umana di condannato alla pena più dura, orribile e inaccettabile. Insieme alle altre associazioni abolizioniste farà quanto possibile per la sua salvezza con azioni urgenti e quanto altro possano intraprendere positivamente le città del mondo che aderiscono al movimento "città per la vita".
Vìctor Saldaño |
Il Comitato Diritti Umani sta svolgendo un'indagine conoscitiva al fine di costituire un'alleanza fra parlamentari e parlamenti in grado di esercitare un'influenza positiva a livello internazionale per modificare la cultura che è alla base della legislazione che contempla la pena capitale. Rispondendo alle sollecitazioni rivoltegli, Marazziti ha osservato come l'applicazione della pena di morte, che non produce effetti dissuasivi nei confronti dei possibili criminali né garantisce la sicurezza dei cittadini, è il frutto di una concezione della pena unicamente punitiva, che si rifiuta di considerare ogni possibilità di rieducazione e riabilitazione del colpevole.
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