Nel corso degli anni il Prof. Veronesi ha più volte ricordato che “il male non esiste nell’uomo, che ha un’origine ambientale e non genetica e che la scienza ha dimostrato come il cervello si rigeneri continuamente durante la vita”. Veronesi invita a credere di più nel cambiamento perché “condannare un uomo di 40 anni per un delitto commesso a 20 è come condannare un’altra persona perché, ormai, non è più lui”. E ricorda il caso a noi caro di Anthony Farina, condannato a morte in Florida, per la sua salvezza è in corso una vasta campagna di solidarietà promossa dalla Comunità di Sant'Egidio e altre Associazioni.
Pubblichiamo l'articolo a sua firma apparso su L'Unità di oggi 20 ottobre 2013
di Umberto Veronesi
Il nostro sistema di neuroni è plastico e si rinnova perché il cervello è dotato di cellule staminali proprie. Questo dimostra che la persona che abbiamo messo in carcere, non è la stessa vent'anni più tardi.
Il dibattito sulla giustizia, che si è scaldato negli ultimi giorni attorno ai temi dell'amnistia e dell'indulto, non è solo politico ma anche civile, culturale, etico e per certi aspetti scientifico.
Nella mitologia greca Nemesi, dea della vendetta, era il volto tragico di Dike, dea della giustizia. Per molti secoli il concetto di vendetta e giustizia sono stati interscambiabili, finché arrivò l'insegnamento di Gesù di Nazareth, che introdusse l'idea di perdono e di ravvedimento: la "metànoia" che Giovanni Battista predicava sulle rive del Giordano. In sostanza la possibilità di una metanoia presuppone che anche chi ha sbagliato può cambiare. Perché anche chi ha sbagliato può cambiare il proprio pensiero e dunque può essere recuperato.
Questo principio è stato ripreso nei tempi moderni, quando molti Paesi hanno affinato l'idea di una giustizia rieducativa. Un modello avanzato in questo senso si trova ad esempio in Norvegia, il cui codice penale non prevede pene detentive superiori a 21 anni (salvo reati di crimini contro l'umanità e genocidio) nel rispetto di una filosofia e un'organizzazione orientata al reinserimento dei criminali nella società. È in nome di questa filosofia che tutta la popolazione ha accettato con grande senso civico anche la condanna (ad appunto 21 anni di prigione) di Breivik, l'autore di una strage di ragazzi inermi e giovanissimi, che tutti ben ricordiamo. E un principio a volte difficile da accettare emotivamente, ma che ha condotto a risultati molto concreti: la Norvegia ha uno dei tassi di recidiva di crimine fra i più bassi del mondo.
Anche la Costituzione italiana all'articolo 27 recita: "Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato", ma purtroppo la realtà delle nostre carceri sembra ignorare del tutto questo punto. La situazione delle celle è stata definita da Silvio Scaglia come peggiore di quella descritta dai giornali, dove per il carcerato "c'è meno spazio di quello che le leggi prevedono per i maiali". Ma se neppure la dignità è rispettata, come si può anche solo pensare a una rieducazione?
Del resto la nostra legge ammette ancora l'ergastolo ostativo, che è un'infamia perché è una condanna a morire in carcere; dunque una forma diversa, ma non meno crudele, di pena capitale: una pena di morte civile o pena fino alla morte, perché chi sa di non poter mai più tornare alla sua vita, è condannato ad una agonia lenta e spietata. Tanto da far dire - riporto una frase dell'ergastolano Carmelo Musumeci - "fatemi la grazia di poter morire". Un sistema carcerario punitivo è contro la civiltà ed è contro la scienza. La ricerca scientifica ha ormai dimostrato in modo certo che il Dna dell'uomo è programmato per il mantenimento della specie e invita dunque a procreare, educare, abitare, fare sapere, costruire ponti e legami che rendano più sicura la vita. Pertanto l'uomo è biologicamente portato al "bene", e il "male" è la reazione a situazioni avverse, ad abusi o violenze subite. Come diceva sant'Agostino il male è la privatio boni, l'ombra del bene o la sua assenza. Di conseguenza, se il bene è l'origine, è possibile riportarvi chi è caduto nel vortice del crimine. Anche qui ci viene in aiuto la ricerca scientifica che, pochi anni fa, ci ha confermato che il nostro sistema di neuroni è plastico e si rinnova, perché il cervello è dotato di cellule staminali proprie in grado di generare nuove cellule. Questo dimostra scientificamente che la persona che abbiamo messo in carcere, non è la stessa vent'anni più tardi e che per ogni uomo esiste per tutta la vita la possibilità di cambiare ed evolversi, adattandosi a nuovi stimoli.
Mi ha molto colpito a questo proposito il caso di Anthony Farina, ricordato ai media pochi giorni fa dalla moglie del noto attore Colin Firth, Livia Giuggioli. A soli 18 anni Anthony, un ragazzino povero, brutalizzato, vittima di abusi e violenze in famiglia, con il fratello di 16 anni rapina un fast food, spinto dalla madre. Durante la rapina il fratello minorenne uccide una persona e Anthony, pur innocente, entra comunque nel braccio della morte. Oggi Anthony ha 40 anni, ancora rischia la pena capitale in Florida e la sua vita è appesa agli appelli degli attivisti contro la pena di morte, come Livia. Come può la civile America uccidere un uomo per un crimine che - forse, o forse no - ha commesso 22 anni fa? Come si può nel terzo millennio legittimare la violenza vendicativa, come nella Grecia antica, perpetrando un omicidio di Stato?
Proprio per combattere la violenza in ogni sua forma, soprattutto se istituzionalizzata, ho fondato cinque anni fa il movimento "Science for Peace", a cui aderiscono molti uomini di scienza, fra cui 21 Premi Nobel. A partire dallo scorso anno, ci siamo impegnati in una campagna internazionale a favore di una giustizia rieducativa e per questo nel corso della prossima Conferenza mondiale Science for Peace, sul tema "Dna Europa" che si terrà a Milano il 15 e 16 novembre prossimo, dedicheremo una sessione ai sistemi giudiziari e carcerari europei. Siamo convinti che un'Europa unita, Premio Nobel per la pace 2012, debba promuovere sistemi di pena che neghino la vendetta e la violenza, rispettino la dignità umana e tendano al recupero della persona in ogni fase della sua vita.
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