mercoledì 30 ottobre 2013

Sant'Egidio: un convegno ieri a Tokyo dal titolo "No justice without life"


Si è svolto ieri a Tokyo il Simposio promosso dalla Comunità di Sant’Egidio dal titolo “No Justice Without Life”.
Ha avuto luogo presso l’Istituto di Cultura Italiano, “uno dei simboli – ha affermato in apertura l’Ambasciatore italiano Giorgi - di maggior rilievo e visibilità della cultura italiana in Giappone”. L’incontro ha fatto seguito a quello tenutosi un anno fa nello stesso Istituto,
approfondendo la riflessione e coinvolgendo un ampio numero di realtà istituzionali ed associative, impegnate sui temi dei diritti umani e, in modo specifico, sulla problema della pena di morte ancora in uso in Giappone.
La ricchezza dei contributi ha disegnato in modo ampio la problematica e le contraddizioni vive nel Paese, mentre ha indicato l’urgenza di un impegno concreto nell’informazione nei confronti della popolazione e nella riflessione a livello legislativo perché il Giappone non resti isolato, ma entri con determinazione nella tendenza mondiale della moratoria verso l’abolizione della pena capitale.
Il convegno si è articolato in tre sessioni: la prima sul valore della vita umana; la seconda sull’impegno a costruire un mondo giusto per tutti; la terza sull’abolizione della pena di morte in Giappone e nel mondo.
Si è sottolineato in apertura come la Comunità di Sant’Egidio da oltre dieci anni si sia impegnata in Giappone per raccogliere le energie delle realtà associative del paese nella direzione di una difesa della vita e di una sensibilizzazione circa la disumanità, oltre che l’inutilità, della pena di morte.
“La violenza – ha ribadito Alberto Quattrucci - nasce sempre dalla paura e nessuna forma di violenza, soprattutto quando si tratta di violenza di Stato, ha mai risolto il problema della paura anzi, al contrario, non ha fatto altro che aumentarla.”
Quindi l’Ambasciatore Giorgi, che ha parlato della Comunità di Sant’Egidio come di una “risorsa preziosa dell'Italia moderna, ma anche di una realtà che ha la propria casa nel mondo”, ha affermato che “il Giappone è nel mondo un punto di riferimento fondamentale di democrazia, di libertà, di stabilità sociale…” ed ha concluso: “…siamo qui per esortare i nostri amici giapponesi, con rispetto e con fermezza, a cominciare un cammino sul sentiero del dibattito aperto.
E siamo pronti, da amici che condividono gli stessi valori, a offrire un contributo di idee se e quando ci sarà richiesto.”Dopo il contributo significativo di Hans Schweisgut, Ambasciatore dell’Unione Europea in Giappone, che ha offerto nuovamente la collaborazione piena dell’Europa al dibattito sulla pena di morte sotto il titolo "Europe against the Death Penalty – Join the discussion", ha preso la parola Mario Marazziti, Presidente del Comitato per i Diritti Umani della Camera dei Deputati italiana, tra i fondatori della World Coalition Aganist the Death Penalty.
Ribadendo che “l’Italia è un grande amico del Giappone” ha affermato che “la pena di morte non e’ un tratto identitario del Giappone. Quando in Europa la pena di morte era normale, nel Medioevo europeo l’imperatore Saga, nell’818, qui in Giappone, aboliva la pena capital e questo divieto durò tre secoli, fino al 1156.
”Ha poi continuato: “In Giappone si può essere giustiziati, anche senza avere avuto la possibilità di appelli.  Dal 6 giugno 2012 non e’ richiesta la verifica del caso per i reati di pena di morte. Questo aumenta la possibilità di errore giudiziario, specialmente nel caso di confessioni estorte, che, come sappiamo dalle cronache, sono possibili. Anche per la fase del Daiyo Kangoku, quella di interrogatori che si estendono, senza garanzie e con trascrizioni selettive fino a 23 giorni: il che aumenta il rischio di confessioni estorte, come in altre parti del mondo”. Tra le proposte, quella di avviare in Giappone la fine del regime di isolamento come pratica ordinaria, di consentire l’accesso di parlamentari, ONG e media ai bracci della morte, come avviene negli Stati Uniti e in altri paesi e la messa in atto di una moratoria delle esecuzioni avviando una Commissione indipendente e qualificata di revisione e studio della pratica della pena di morte in Giappone, con adeguata informazione dell’opinione pubblica.
Con la proiezione di alcune scene del film di Banmei Takahasi sul “caso Hakamada” - l’ex pugile, ormai dimostrato innocente, che si trova da 47 anni nel braccio della morte vicino Tokyo, senza possibilità di riaprire il suo processo – si è aperta la seconda sessione. La tavola rotonda, condotta dal giornalista Muneto Nikai ha raccolto interventi significativi e toccanti, come quella della sorella dello stesso Hakamada “…i settantasette anni di un giapponese so o una data molto importante…mio fratello li compie quest’anno, ma è ancora chiuso nel braccio della morte da quarantasette anni. Non potremo festeggiarlo. Ormai non mi riconosce più, non vuole neanche che io vada a trovarlo. Ma la sua innocenza è stata dimostrata. Perché non si da il permesso di riaprire il processo…?”. Il monaco
Ryuji Furukawa ha parlato dell’ingiustizia del caso di Fukuoka: un altro innocente condannato ed anche eseguito…Ha concluso la sessione il Presidente di Amnesty International Japan, sottolineando le difficoltà nel riaprire il caso Fukuoka – sarà il 16 dicembre il processo per decidere in merito…- ha parlato dei principali punti di lavoro, contro la pena di morte, delle organizzazioni e delle Ong Japan.
Ampia la terza sessione dell’incontro. Dalla funzione dei media alle procedure giudiziarie nei confronti dei carcerati e dei condannati a morte: interrogatori di sedici ore per estorcere “confessioni forzate”. E’ intervenuto alla fine George Kain dal Connecticut (USA), affermando che anche nelle situazioni più difficili, attraverso una adeguata sensibilizzazione ed un appropriato intervento mediatico è possibile l’abolizione della pena di morte. In sintesi sono risultati, nella battaglia per l’abolizione della pena capitale, due gli aspetti fondamentali: una ampia e diffusa informazione nella popolazione ed un serio e preciso intervento a livello legislativo per studiare, in modo ragionevole e coraggioso al tempo stesso, forme di pena alternative di pena che possano inserirsi nella tendenza mondiale dell’abolizione della pena di morte. Questo secondo aspetto sarà quello affrontato in dettaglio domani, nell’importante e storico dibattito promosso dalla Comunità di Sant’Egidio, all’interno della Camera dei Rappresentanti del Parlamento giapponese.



 

Nessun commento:

Posta un commento

I vostri commenti sono graditi. La redazione si riserva di moderare i commenti che non contribuiscono alla rispettosa discussione dei temi trattati