sabato 31 ottobre 2015

Dal 3 novembre in libreria "Life" di Mario Marazziti

Life”, il nuovo libro di Mario Marazziti contro la pena di morte

da www.onuitalia.com
(di Alessandra Baldini)





ROMA – Un libro che attraversa la storia, le religioni, le diverse culture. “Life” di Mario Marazziti, in libreria il 3 novembre con Francesco Mondadori, fa il punto sul movimento mondiale che ha portato il pianeta, in maggioranza, a rinunciare alla pena capitale. “E’ un libro a cui tengo molto. E’ un pezzo di vita e un’idea della vita”, ha detto l’autore, parlamentare, presidente della Commissione per i Diritti Umani della Camera dei deputati e portavoce della Comunità di Sant’Egidio, con proprio all’interno della cosiddetta ONU di Trastevere, ha avuto un ruolo personale in questo cambiamento epocale.

La copertina del libro edito da Francesco Mondadori La copertina del libro edito da Francesco Mondadori
Sottotitolo, “Da Caino al Califfato, verso un mondo senza pena di morte”, “Life” e’ un libro sulla vita, “l’arte di vivere che si scopre assieme alle famiglie delle vittime, ai condannati, agli innocenti, mentre si fa un viaggio in luoghi sconosciuti”. Scritto in presa diretta, nelle sue 256 pagine porta dentro il braccio della morte in Texas, nel sistema giudiziario e nelle sue contraddizioni, nella vita di un condannato a morte innocente, il numero 100 in America. “Life” è anche un resoconto dettagliato del ruolo che l’Italia e l’Europa hanno avuto e ancora hanno in questa intelligente diplomazia umanitaria.

Il libro segue a ruota “13 Ways of Looking at the Death Penalty”, scritto da Marazziti qualche mesi fa in inglese e diretto specificamente al mercato americano. E’ in America, e per la precisione a San Quentin, che nasce l’impegno dell’autore per chiudere per sempre con la pena di morte: Marazziti aveva otto anni nel 1960 quando Caryl Chessman fu messo a morte con la camera a gas: “Ricordo l’infografica sui giornali: la capsula di veleno che cadeva da una fessura sul soffitto in una catinella di acqua, il veleno che si sprigionava, il condannato soffocato a morte”.

Il metodo di Marazziti, che nel 2007 ha contribuito all’approvazione all’ONU della prima moratoria sulla pena di morte, è quello della “ricetta Sant’Egidio”, lo stesso mix di ricerca di rapporti personali e di strumenti ancora non usati, che ha portato la Comunità di Trastevere, fondata da Andrea Riccardi, a mediare i conflitti in Mozambico e Costa d’Avorio, Centrafrica e Filippine. Che ha creato, fra l’altro, il progetto Dream, che cura e assiste i malati di Aids e le loro famiglie in Africa, e l’iniziativa Città per la Vita: dal Colosseo illuminato a 1.500 eventi ogni novembre in giro per il mondo. (AB, 31 ottobre 2015)

Community of Sant'Egidio / Cities For Life 2014 - The Video Story

A un mese dal 30 novembre vi riproponiamo il Video Story di Cities For Life 2014. 

E’ in corso la preparazione la XIV edizione della Giornata Internazionale “Cities for Life - Città per la Vita / Città contro la Pena di Morte” e sono già giunte numerose adesioni. L’iniziativa consente di valorizzare il ruolo che nel processo abolizionista possono giocare le Municipalità, attraverso l’organizzazione e la diffusione di iniziative educative e culturali che mantengano viva l'attenzione su questo tema cruciale, insieme al fenomeno della violenza diffusa in tanti contesti urbani. Nel 2014 oltre 2000 città di 100 paesi del mondo si sono dichiarate "Città per la vita" e si sono impegnate per l'abolizione della pena di morte.

Per consultare più facilmente la mappa abbiamo realizzato una lista, che si arricchisce ogni giorno di nuove adesioni e che trovate in fondo a questa pagina.
http://nodeathpenalty.santegidio.org/pageID/10/Cities-for-Life.html



Community of Sant'Egidio / Cities For Life 2014 - The Video Story 


giovedì 29 ottobre 2015

L'esecuzione di Jerry Correl ha avuto luogo in Florida


WASHINGTON - Circa trent'anni dopo la condanna a morte, ieri sera lo stato della Florida ha proceduto con l'esecuzione capitale di Jerry Correll di 59 anni attraverso una iniezione letale. 





I vescovi della Florida avevano presentato un appello per salvare la vita di Jerry Correll, come Comunità di Sant'Egidio avevamo aderito alla loro petizione inviando numerose richieste al governatore Scott per la salvezza di Jerry.

Quella di Jerry Correl è la venticinquesima esecuzione capitale negli Usa nel 2015.  Lo stato della Florida sta accelerando la ripresa delle esecuzioni. Negli ultimi anni, la pena di morte è stata utilizzata meno frequentemente a livello nazionale, ma il governatore Rick Scott ha contrastato questa tendenza. Come governatore, ha firmato più condanne a morte di tutti i suoi predecessori da quando la pena di morte è tornato in uso nel 1977.


“Abolite la pena di morte!" speriamo che queste parole di Papa Francesco rivolte al Congresso Usa nel suo recente viaggio siano ascoltate, ricordiamole:

"Sono convinto che questa sia la via migliore, dal momento che ogni vita è sacra, ogni persona umana è dotata di una inalienabile dignità, e la società può solo beneficiare dalla riabilitazione di coloro che sono condannati per crimini. Recentemente i miei fratelli vescovi qui negli Stati Uniti hanno rinnovato il loro appello per l’abolizione della pena di morte. Io non solo li appoggio, ma offro anche sostegno a tutti coloro che sono convinti che una giusta e necessaria punizione non deve mai escludere la dimensione della speranza e l’obiettivo della riabilitazione”.

   










mercoledì 28 ottobre 2015

CITTÀ CONTRO LA PENA DI MORTE: MARSALA ADERISCE


Con una deliberazione della Giunta Municipale, l´Amministrazione Di Girolamo dice “NO” alla pena di morte e aderisce 
all´iniziativa promossa dalla Comunità di Sant'Egidio “Città per la Vita”. Viene così accolta la richiesta dell´Anci che intende coinvolgere le Municipalità nell'azione di sensibilizzazione, culminante il prossimo 30 novembre nella Giornata Internazionale “Cities for Life”. Una mobilitazione mondiale, in cui Marsala vuole esserci per dare il proprio contributo all´abolizione della pratica disumana della pena di morte, ancora applicata in tanti Paesi.

“Non un´adesione fine a sé stessa, ma un impegno a mantenere viva l´attenzione su questo tema cruciale", afferma il sindaco Alberto Di Girolamo. "Creeremo occasioni di dialogo e confronto, al fine di rafforzare l´incondizionato rifiuto della Città alla pena di morte”. Nel provvedimento, la Giunta ha indicato quale referente istituzionale l´assessore alle Politiche sociali e culturali Clara Ruggieri. “Il rispetto per la vita e la dignità dell´uomo innanzitutto, afferma l´assessore Ruggieri; assicureremo spazi di adeguata informazione per sensibilizzare i cittadini a sostenere la meritevole azione promossa dalla Comunità di Sant´Egidio”.

martedì 27 ottobre 2015

Corea del Sud: speranze di abolizione

Stop alla pena di morte
entro l’anno, lo chiedono i leader delle principali religioni in Corea del Sud 

«A nome di tutti i leader delle sette maggiori religioni del Paese, ho chiesto al Parlamento coreano l’abolizione della pena di morte entro l’anno. Ho fatto anche visita al presidente dell’Assemblea nazionale coreana, chiedendogli di favorire tale processo di abolizione». Con queste parole, monsignor Lazzaro You Heung-sik, vescovo di Daejeon e presidente della Commissione episcopale giustizia e pace, descrive il recente incontro dei leader religiosi con i parlamentari coreani.

La visita, avvenuta mercoledì 21 ottobre, fa seguito a quella del 6 luglio,
durante la quale gli stessi responsabili religiosi hanno presentato una petizione per sostenere una legge bipartisan volta alla cancellazione della pena capitale nel Paese. «Questa volta — ha raccontato il vescovo di Daejeon all’agenzia AsiaNews — eravamo una federazione con i rappresentanti delle sette maggiori religioni del Paese».

Dopo l’incontro si è svolta una conferenza stampa, nel corso della quale i responsabili di ogni confessione religiosa hanno letto un comunicato congiunto. «Abbiamo voluto dare una spinta forte e spronare i rappresentanti politici ad agire», ha osservato monsignor You Heung-sik.

Nel 2010 la Corte costituzionale coreana aveva votato per la seconda volta (dopo il 1996) a favore della pena di morte, considerata necessaria per preservare il bene pubblico. La Chiesa in Corea del Sud si è sempre schierata contro questa decisione. Da qualche tempo, però, il clima nel Paese asiatico sembra essere cambiato, e ormai la maggior parte dei rappresentati politici si è
detta favorevole all’abolizione della pena capitale.

L’incontro del vescovo You Heung-sik con il presidente dell’Assemblea nazionale è stato positivo e fa ben sperare per il futuro: «Egli si è dimostrato d’accordo con noi — ha affermato il presidente della Commissione episcopale giustizia e
pace — e mi ha assicurato che farà tutto il possibile per far approvare la legge. 

Per ora sembra siano 172 deputati su 299 che hanno firmato la petizione per abolire la pena di morte presentata a luglio». 



sabato 24 ottobre 2015

Due giornate a Tokyo per far vincere la cultura della vita



L'Italia e l'Europa al Giappone: «Basta con la pena di morte»
http://www.ilsole24ore.com/giappone-basta-la-pena-morte

Discutere e ascoltarsi per far crescere le ragioni della vita e per abolire la pena di morte. Succede a Tokyo.

In video la giornata del 22 ottobre alla Giovedì 22 ottobre, alla House of Representatives di Tokyo, dove si è discusso di giustizia e diritti umani per una società senza pena di morte.

Guarda il video
http://www.ilsole24ore.com/



Leggi il programma e gli interventi 
http://nodeathpenalty.santegidio.org/






giovedì 22 ottobre 2015

Tokyo: giustizia e diritti umani per una società senza pena di morte

Con l'alto patronato dell'Ambasciata Italiana in Giappone e la Lega parlamentare per l'abolizione della pena di morte della Dieta Nazionale del Giappone, si tiene a Tokyo un importante convegno che si inserisce nella serie di eventi "NO JUSTICE WITHOUT LIFE".


Giovedì 22 ottobre, alla House of Representatives di Tokyo si discute di giustizia e diritti umani per una società senza pena di morte.

Pena di morte: Ban preoccupato per esecuzioni in Iran

NEW YORK – Il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha condannato l’esecuzione in Iran di due minorenni la scorsa settimana, esprimendo preoccupazione per l’aumento delle esecuzioni nella Repubblica Islamica.

“(Ban) è profondamente rattristato dalla notizia dell’esecuzione di due minorenni la scorsa settimana in Iran”, ha detto l’ufficio stampa di Ban in un comunicato, aggiungendo che Teheran ha ratificato sia il Patto internazionale sui diritti civili e politici che la Convenzione sui diritti del Fanciullo, che vietano la pena di morte per chiunque non abbia ancora diciotto anni. La nota descrive Ban come preoccupato che le esecuzioni della scorsa settimana “riflettano una inquietante tendenza in Iran.” “Sono oltre 700 le esecuzioni segnalate finora quest’anno, di cui almeno 40 pubbliche, che rappresentano il totale più alto registrato negli ultimi 12 anni”, ha detto. 

L’ONU ha precisato che la maggior parte delle condanne a morte imposte in Iran riguardano reati legati alla droga – crimini che non rientrano tra i “reati più gravi”, come richiesto dal diritto internazionale. Il comunicato ha aggiunto che Ban esorta l’Iran a introdurre una moratoria sulla pena di morte per poi abolirla. Gli attivisti sostengono che la situazione legata ai diritti umani in Iran dovrebbe restare sotto osservazione dopo l’accordo del 14 luglio con le potenze mondiali, in base al quale Teheran vedrà la fine delle sanzioni economiche in cambio di controlli sul suo programma nucleare. L’organizzazione Human Rights Watch sottolinea che, nonostante l’elezione in Iran nel 20013 del presidente Hassan Rouhani, un pragmatico favorevole a più collaborazione con l’Occidente, non vi sia stato nel Paese alcun significativo miglioramento nel campo dei diritti umani.

Giudice della corte suprema Usa apre allo stop alla pena di morte


Il giudice Antonin Scalia, uno dei «saggi» della Corte suprema degli Stati Uniti, apre a una possibile decisione sull’incostituzionalità della pena di morte. «Non sarei sorpreso» se fosse abolita, ha detto il giudice durante un intervento all’università del Minnesota. Per il giudice, 79 anni, conservatore di origini italiane, le decisioni della Corte Suprema sulla pena di morte hanno finora reso «praticamente impossibile imporla. Ma - ha precisato - non l’abbiamo ancora considerata formalmente anticostituzionale».

Ancora, secondo Scalia, fino ad oggi le sentenze della Corte hanno aggiunto circostanze attenuanti che devono essere considerate, o hanno reso inammissibile condannare automaticamente le persone a morte per certi reati, come l’uccisione di un agente di polizia. La Corte Suprema, che ha appena iniziato la sua ultima sessione, sta già esaminando un ricorso in appello che riguarda un’esecuzione nel Kansas. Anche se il caso è di portata limitata, è il primo portato davanti alla massima Corte dopo gli scontri sulle procedure delle iniezioni letali che ha diviso i giudici.
La Corte intende esaminare anche un caso della Florida, dove si valuta l’ipotesi che siano i giudici, e non le giurie, a imporre la pena di morte, in particolar modo quando la giuria non è unanime nella sua decisione.

Con i suoi 30 anni alla Corte Suprema, Scalia è il giudice con il mandato più lungo. Alla platea del Minnesota che lo ha applaudito per il suo commento sulla pena di morte ha detto che per il momento non ha alcuna intenzione di lasciare l’incarico. «Quando diventerò più pigro e non sarò più in grado di fare il lavoro, abbandonerò».

mercoledì 21 ottobre 2015

Città per la vita, si prepara un incontro a Parma

SABATO 28 NOVEMBRE 
ore 9.00 
CINEMA ASTRA 
Piazzale Volta, 3 

NON C'E' GIUSTIZIA SENZA VITA 

JOAQUÍN JOSÉ MARTÍNEZ
Primo latino americano uscito dal braccio della morte negli Stati Uniti perché ricosciuto  innocente
Incontra gli studenti di Parma

Esecuzioni in Pakistan dopo la revoca della moratoria

Islamabad, 20 ott. (Aki) 


Altre nove condanne a morte sono state
eseguite in Pakistan, dove lo scorso dicembre è stata revocata la
moratoria sulla pena di morte. Lo riferiscono i media locali. 

detenuti, tutti accusati di omicidio, sono stati impiccati in diverse
prigioni della provincia del Punjab.

Secondo dati diffusi nei giorni scorsi dall'agenzia di stampa Dpa,
dalla revoca della moratoria sono state eseguite almeno 250 condanne a morte.

martedì 20 ottobre 2015

Moratoria sulle esecuzioni in Ohio fino al 2017


Stop alle esecuzioni in Ohio fino al 2017, non si riesce infatti a trovare di che sostituire il cocktail letale usato per le esecuzioni, finito sotto embargo da parte dell’Unione Europea.



LA MORATORIA DELLE ESECUZIONI IN OHIO -

Lo stato americano dell’Ohio ha deciso di rimandare le esecuzioni di una decina di condannati a morte fino al 2017 a causa delle difficoltà d’approvvigionamento delle sostanze chimiche necessarie per le elezioni letali.

La prossima esecuzione è stata ri-programmata quindi per il gennaio 2017 e riguarderà Ronald Phillips, condannato a morte nel 1993 per aver stuprato e ucciso la figlia di tre anni della sua compagna. Secondo un comunicato delle autorità locali, è diventato estremamente complicato da anni procurarsi i prodotti mortali. La decisione arriva nel pieno della controversia sulle iniezioni letali amministrate negli Usa, che hanno presentato problemi di sottodosaggio, intolleranza alle sostanze che devono attenuare le sofferenze, errori nelle preparazioni delle dosi e dato vita a diverse esecuzioni raccapriccianti, nelle quali ai condannati sono state inferte sofferenze giudicate contrarie alla legge. Procurarsi il necessario con le dovute garanzie di legge è così diventato impossibile e il ricorso a metodi alternativi è stato discusso, ma senza successo.

L’EMBARGO EUROPEO CONTRO LA PENA DI MORTE 

Tutto nasce dalla messa al bando da parte dell’Unione europea del Tiopental sodico – l’anestetico che negli Usa, con bromuro di pancuronio e cloruro di potassio, forma il cocktail più impiegato per le pene capitali, nel 2011 la Commissione UE ha poi rafforzato i divieti sull’esportazione dei farmaci per le condanne, istituendo, di fatto, un embargo verso gli Stati Uniti che ha dato i suoi frutti, provocando grossi problemi agli stati che usavano il metodo dell’iniezione letale, l’unico ormai considerato sufficientemente «umano» e legale nel dare la morte senza infliggere sofferenze inutili.

giovedì 15 ottobre 2015

Texas, un'altra esecuzione

Pena di morte, 33enne giustiziato in Texas: uccise un poliziotto nel 2001
E' la 12esima condanna eseguita nello Stato americano da inizio anno

Lo Stato del Texas ha eseguito la 12esima condanna a morte dall'inizio dell'anno. Licho Escamilla, 33 anni, è stato giustiziato per iniezione letale. Il giovane era stato giudicato colpevole di aver ucciso nel 2001 un poliziotto fuori servizio mentre lavorava come guardia di sicurezza in un nightclub di Dallas. 


All'epoca Licho Escamilla aveva 19 anni: è stato condannato a morte nel 2002.


Dall'inizio dell'anno è la ventiquattresima esecuzione in tutti gli Stati Uniti.

Arabia Saudita: l'appello della madre di Alì Nimr a Obama


Interrogazione a Gentiloni sulle mosse per evitare l'esecuzione del giovane 



"Obama è il capo del mondo e può salvare mio figlio". E' l'appello lanciato da Nusra al-Ahmed, la madre del giovane attivista sciita Ali al-Nimr, condannato a morte per decapitazione e successiva crocifissione del corpo fino alla putrefazione. L'invito a rompere il silenzio rivolto dalla donna al presidente degli Stati Uniti viene pubblicato nel giorno in cui il caso di Ali arriva anche al Senato italiano, dove un gruppo di parlamentari del Pd ha depositato un'interrogazione rivolta al ministro degli Esteri Paolo Gentiloni.

L'attivista aveva solo 17 anni quando, il 14 febbraio del 2012, fu arrestato dalle autorità saudite per aver preso parte a una manifestazione antigovernativa nella provincia di Qatif. Il 27 maggio del 2014 è stato condannato alla pena capitale. L'accusa nei suoi confronti è quella di aver "partecipato a manifestazioni antigovernative".

Per giustificare la gravità della pena, le autorità di Riad accusano il ragazzo di altri 14 reati, dall'aggressione armata alla polizia al terrorismo, fino alla rapina a mano armata. Ma per Amnesty International le confessioni su cui si fonda la condanna sono state estorte con la tortura.

La madre, che ha rilasciato un'intervista al-Guardian, assicura che Ali ha solo partecipato a manifestazioni "pacifiche, civili e legittime". Incontrandolo in carcere dopo l'arresto, Nusra non ha riconosciuto il figlio. "Lo avevano sfigurato - ha raccontato - non ero nemmeno sicura che fosse davvero il mio Ali. Aveva una ferita sulla fronte, un'altra sul naso. Il suo corpo era troppo magro. Mi ha detto che durante l'interrogatorio era stato preso a calci, a schiaffi, i denti gli erano caduti. Per un mese ha avuto tracce di sangue nelle urine".

L'esecuzione potrebbe avvenire in qualsiasi momento, su ordine di re Salman. Per questo Nusra ha deciso di rivolgersi a Obama. "Non c'è nulla di più importante che salvare qualcuno. Io e mio figlio siamo persone semplici, non significhiamo nulla per il mondo, ma se Obama lo salverà, aumenterà la stima che il mondo ha di lui".

Nusra ha anche voluto esprimere la sua gratitudine per il sostegno che il figlio ha ricevuto dall'Europa, dall'Africa e dal Medio Oriente. In Italia, l'ultima iniziativa è un'interrogazione a Gentiloni presentata da un gruppo di senatori del Pd. Nel documento si chiede al ministro se "intenda attivare gli opportuni canali diplomatici al fine di acquisire elementi sulla vicenda di Al Nimr e tentare di dissuadere il governo saudita".

L'interrogazione ricorda che esperti delle Nazioni Unite hanno giudicato la condanna di Al Nimr contraria agli impegni internazionali presi da Riad e in particolare alle norme che vietano di condannare a morte persone che erano minorenni al momento del reato.

Ricorda inoltre la mobilitazione internazionale per salvare il ragazzo e in particolare le campagne portate avanti in Italia dal quotidiano L'Unità e dall'agenzia Aki-Adnkronos International.

"Si chiede - recita l'interrogazione - se il governo italiano e l'Unione europea, a partire dall'Alto Rappresentante per gli Affari esteri Federica Mogherini, non ritengano opportuno attivare ogni strumento per scongiurare tale esecuzione" e "se e quando il governo italiano intenda adoperarsi per rilanciare e sostenere, in ogni sede internazionale, l'abolizione della pena di morte".

 

lunedì 12 ottobre 2015

Incontro alla Facoltà di Legge di Houston sul tema della pena di morte

Houston, Facoltà di Legge
In occasione della Giornata Mondiale contro la pena di morte 200 studenti della Facoltà di Legge di Houston in Texas incontrano i testimoni dal braccio della morte e i familiari delle vittime. 

I giovani discutono di pena capitale con Shuja Graham, ex condannato a morte, Bill Pelke, familiare di vittima di omicidio, Terry Steinberg, madre di un condannato in attesa di esecuzione e Dave Atwood, fondatore della Texas Coalition against the Death Penalty.


Shuja Graham
Le parole di Shuja Graham sulla sua lunga esperienza nel braccio della morte e sul ritorno alla vita suonano come una sfida ai giovani: "Impegnatevi per la giustizia vera. La giustizia vera non è mai vendetta. Non si deve togliere la vita a nessuno. Bisogna dare la vita! Giustizia è dare pane, dare la vita a chi non ce l'ha. E dare opportunità a tutti, credete a un dead man walking. Uno che veniva dato per morto, perché la giustizia diceva che non meritava di vivere. E oggi sono qui vivo in mezzo a voi!"


Nel corso dell'incontro Bill Pelke ha parlato a lungo di come abbia maturato il desiderio di perdonare la giovane che aveva ucciso sua nonna. Ha poi ringraziato pubblicamente la Comunità di Sant'Egidio per l'aiuto concreto nel caso di Paula Cooper lungo gli anni in cui la ragazza era in carcere e, successivamente, negli anni in cui la donna ha vissuto il difficile periodo dell'uscita dal carcere in libertà vigilata e la drammatica esperienza del reinserimento sociale in un contesto sociale inaccogliente e ostile. 


domenica 11 ottobre 2015

Sant'Egidio in prima linea nella lotta per l'abolizione della pena di morte

Giornata mondiale contro la pena di morte: 
Non Justice Without Life!

La campagna internazionale contro la pena capitale prosegue insieme in Texas nel Viaggio della Speranza, mentre a Dallas e a Houston Bill Pelke e i familiari delle vittime ricordano i loro cari e riaffermano la loro scelta di perdono e riconciliazione e chiedono l'abolizione, perché non c'è giustizia senza vita!

La Comunità di Sant'Egidio lancia la prossima "Giornata Mondiale delle città per la vita" negli Stati Uniti e in tutto il mondo. Il 30 novembre prossimo oltre 2000 città saranno unite nel cammino dalla moratoria all'abolizione.

Carlo Santoro della Comunità di Sant'Egidio ha ricordato le recenti parole di
Carlo Santoro, Sant'Egidio
papa Francesco che hanno incoraggiato i legislatori a impegnarsi per l'abolizione globale della pena di morte. Nel suo intervento 
Carlo Santoro ha affermato che il Texas è cambiato da quando nel 1998 era venuto per la prima volta a far visita ai condannati nel braccio della morte. Quest'anno per la prima volta non ci sono state condanne a morte!  La situazione negli Stati Uniti sta cambiando, il giudice Scalia, un fiero sostenitore della pena capitale, 
ha recentemente confessato la sua paura che la pena di morte possa finire presto. 

Carlo ha spiegato l'iniziativa "Cities for life" diffusa in tutto il mondo e ha invitato i partecipanti a impegnarsi a cercare nuove città.  Città per la vita 
Bill Pelke, Journey of Hope
sostiene il dibattito a favore dell'abolizione, ma  aiuta 
anche a parlare della violenza che si sviluppa nelle nostra società e in tutto le nostre città. E' necessario innanzitutto disarmare i cuori, partendo ognuno dal proprio e abolire le armi, troppe armi non possono che produrre violenza e morte. L'uso delle armi è strettamente connesso alla pena di morte. La pena di morte non è una soluzione ed è tempo di abolirla, proprio come ha chiesto papa Francesco. E, ha affermato ancora Carlo Santoro, dobbiamo ribellarci alla cultura dello scarto, ogni vita è sacra e non può essere rifiutata!  E la globalizzazione può essere considerata come una buona opportunità per le giovani generazioni. Nessuno può sentirsi indifferente se un altro essere umano soffre o sta per essere subire l'esecuzione sul lato opposto del pianeta.

sabato 10 ottobre 2015

Pena di morte: Dichiarazione congiunta Consiglio d'Europa e Ue

L'Europa riafferma sua strenua opposizione


STRASBURGO - Alla vigilia della giornata mondiale ed europea contro la pena di morte (10 ottobre), i 47 Stati membri del Consiglio d'Europa e i 28 dell'Unione europea in una dichiarazione congiunta riaffermano la loro strenua opposizione alla pena capitale e si appellano a tutti i Paesi europei ad abolirla.



Nella dichiarazione, il segretario generale del Consiglio d'Europa, Thorbjorn Jagland, e l'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, sottolineano che dal 1997 nessun Paese appartenente alle due organizzazioni ha fatto ricorso alla pena di morte. Jagland e Mogherini chiedono a tutti gli Stati che non lo hanno ancora fatto di ratificare i due protocolli della Convenzione europea dei diritti umani che sanciscono l'abolizione della pena capitale. Si tratta del protocollo numero 6 che abolisce la pena di morte in tempo di pace, ratificato da 46 Stati membri del Consiglio d'Europa, manca solo la ratifica della Russia, e del protocollo numero 13 che abolisce il ricorso ala pena capitale in tutte le circostanze, anche in tempo di guerra. Questo protocollo deve essere ancora ratificato da Armenia, Azerbaijan e Russia.

mercoledì 7 ottobre 2015

WCADP: XIII Giornata Mondiale contro la pena di morte

10 ottobre 2015 la World Coalition Against the Death Penalty celebra la XIII giornata mondiale contro la pena di morte

La Comunità di Sant’Egidio, co-fondatrice della WCADP si unisce alla mobilitazione internazionale per diffondere la sensibilità e la consapevolezza sulle contraddizioni e la barbarie di questo strumento di giustizia inefficace e inumano, che abbassa gli Stati e la società civile al livello dell’assassinio e della violenza che si vorrebbe combattere. 

Sarà un periodo intenso che vedrà tutte le associazioni unite in un grande lavoro di sensibilizzazione e che culminerà nella Giornata Mondiale delle "Città per la Vita", il 30 novembre prossimo, con la partecipazione di oltre 2000 città del mondo impegnate per l'abolizione della pena di morte. 

La World Coalition Against theDeath Penalty riunisce più di 150 associazioni che in tutto il mondo sono impegnate nella lotta contro la pena di morte. 

Da tredici anni, il 10 ottobre, la World Coalition celebra la giornata contro la pena di morte e quest'anno vuole attirare l'attenzione sulle condanne inflitte per reati connessi al traffico di droga. 

Sono 33 i paesi che prevedono l'applicazione della pena capitale per reati di droga, un numero che è cresciuto negli anni, in contro-tendenza rispetto alla diminuzione dell'applicazione della pena di morte nel mondo. Tredici di questi 33 paesi hanno eseguito almeno una condanna a morte per reati di droga negli ultimi cinque anni.

Tuttavia, l'applicazione della pena di morte non influisce sul numero di persone che abusano di droghe e contraddice il dettato dei trattati internazionali e gli inviti delle istituzioni internazionali ad escludere che reati di droga vengano punti con la pena capitale. Inoltre, anche nell'applicazione per reati di droga la pena di morte di rivela fonte di discriminazione contro i poveri, le donne, gli stranieri. 

Il sito della World Coalition Against the Death Penalty presenta le iniziative organizzate in occasione di questa XIII Giornata Mondiale e le attività che possono essere organizzate a sostegno di essa.  Per maggiori informazioni si può consultare il sito 
http://www.worldcoalition.org


La pena di morte nel mondo in cifre:

•    100 paesi hanno abolito la pena di morte per tutti i crimini; 

•    6 paesi hanno abolito la pena di morte per crimini ordinari; 
•    34 paesi sono abolizionisti di fatto; 
•    58 paesi e territori sono retenzionisti; 
•    22 paesi hanno fatto esecuzioni nel 2014; 
•    33 paesi e territori mantengono la pena di morte per traffico di droga; 
        - 13 di questi 33 paesi hanno fatto una esecuzione per traffico di droga nel corso degli ultimi cinque anni; 
        - 12 di questi 33 paesi conservano la pena di morte obbligatoria per alcuni crimini legati al traffico di droga; 
        - 5 di questi 33 paesi sono abolizionisti nella pratica. 

martedì 6 ottobre 2015

Usa: giustiziato un uomo in Texas, uccise un messicano per rubargli 8 dollari

(AGI) - Washington, 7 ott. - Il boia e' tornato a colpire in Texas per la 579esima volta dal 1976, quando la Corte Suprema ha rilegalizzato la pena di morte. 

Un uomo di 35 anni, Juan Garcia, che quando aveva 18 anni aveva sparato alla testa ed ucciso un messicano, Hugo Solano, nel 1988 a Houston per rubargli 8 dollari, e' stato giustiziato con un'iniezione letale. 

Garcia, che aveva agito con tre complici, "quando Solano si rifiuto' di dargli il denaro gli sparo' a bruciapelo 4 colpi alla testa e al collo uccidendolo", ha ricordato la procura.

lunedì 5 ottobre 2015

Giappone: muore a 89 dopo aver trascorso ogni giorno per 46 anni come se fosse l'ultimo

I condannati a morte in Giappone non conoscono la data dell'esecuzione
Per 46 anni l'esecuzione poteva raggiungerlo in un giorno qualunque.

Okunishi Masaru è morto in ospedale a 89, dopo aver trascorso ogni giorno per 46 anni come se fosse l'ultimo.



Invecchiato in attesa dell'esecuzione è morto confessando ancora la sua innocenza.

E' stato meno fortunato di Hakamada Iwao, che nel marzo 2014, dopo aver trascorso 45 anni nel braccio della morte, è stato rilasciato in attesa di un nuovo processo.

Okunishi Masaru è morto di vecchiaia, domenica mattina, nel reparto ospedaliero della prigione di Hachioji. Aveva 89 anni. Ha trascorso 46 anni della sua vita nel braccio della morte, in attesa dell’esecuzione.

In Giappone i prigionieri passano decenni in isolamento e vengono informati dell’imminente impiccagione solo poche ore prima che abbia luogo. Ogni incontro coi familiari viene vissuto come se non ce ne sarà un altro. Sono 127 i detenuti in attesa dell’esecuzione che vivono questa terribile condizione.

Okunishi Masaru era stato condannato all’impiccagione nel 1969 dopo essere stato giudicato colpevole dell’omicidio di cinque donne.

E' morto proclamando la sua innocenza e accusando la polizia di averlo costretto a confessare mediante tortura e al termine di estenuanti interrogatori condotti in assenza dell’avvocato.

Nel corso del lunghissimo iter giudiziario un tribunale, in effetti, gli aveva dato ragione, annullando la condanna a morte, poi reimposta.

Per decenni, Okunishi Masaru ha chiesto un nuovo processo. Invano. È morto prima dell’impiccagione ma dopo aver trascorso ogni singolo giorno di quasi mezzo secolo come se fosse l’ultimo della sua vita.

Su armi da fuoco e pena di morte qualcosa cambierà anche negli Usa

da La Stampa  del 3 ottobre 2015
di MARIO CALABRESI

Un’altra strage in un campus universitario, questa volta nell’Oregon, ad opera di un giovane di ventisei anni. Un vero bollettino di guerra per gli Stati Uniti d’America, che piangono troppo spesso la perdita di giovanissime vite: ci possiamo chiedere che cosa spinga uno studente a perpetrare una simile carneficina, ci possiamo rimproverare di non essere abbastanza attenti ai segnali dei nostri figli, potremmo attaccarci al fanatismo religioso o alla follia che aggredisce la mente senza preavviso, ma il punto è un altro. 
La ragione principale di quanto accade negli Usa è la diffusione indiscriminata delle armi, condizione che nemmeno l’uomo più potente del pianeta riesce a contrastare. Il presidente Obama ne ha fatto una priorità nel suo programma, ma finora ha cozzato contro il muro del Congresso e anche di gran parte dell’opinione pubblica; di fatto l’attaccamento alle armi da fuoco è una caratteristica fondamentale dell’identità americana, dove l’esercizio della libertà è strettamente legato al diritto di possedere un’arma, con il forte appoggio delle industrie produttrici. Possiamo solo auspicare un mutamento graduale della sensibilità dei cittadini statunitensi, una sorta di autoeducazione dove non trovi più posto l’esigenza inviolabile di essere tutti armati fino ai denti.  
Concetta La Naia, Mestre (Ve)

Le stragi provocate dalle armi da fuoco negli Stati Uniti fanno sempre meno notizia: assistiamo - come ha sottolineato ieri Barack Obama - a un pericoloso fenomeno di assuefazione.  
Pensavamo che il massacro di tre anni fa alla scuola elementare di Sandy Hook, in cui vennero uccisi 20 bambini tra i sei e i sette anni, segnasse un punto di svolta e imponesse un controllo sulla vendita delle armi. Ma non è successo e solo quest’anno in America ci sono stati 40mila fatti di sangue: nei 274 giorni di questo 2015 ci sono state 294 stragi (si considerano tali quelle con 4 o più vittime). 
Il braccio di ferro tra chi pensa che la libera circolazione delle armi abbia portato ad un nuovo far west e chi sostiene invece che bisogna potersi armare ancora di più per difendersi si è fatto più duro e sarà di certo argomento di campagna elettorale. Ma nel Paese che ha fatto grandi passi avanti sui diritti civili è incredibile pensare che su questo nulla si muova. Io credo che nel profondo qualcosa si stia muovendo e che armi e pena di morte siano destinati a emergere come temi di cambiamento. 

domenica 4 ottobre 2015

Commutazione in Missouri. L'esecuzione di Kimber Edwards doveva avvenire il 6 ottobre

Il governatore del Missouri, Jay Nixon, ha commutato in modo definitivo la condanna a morte del detenuto Kimber Edwards nel carcere a vita senza possibilità di chiedere la libertà condizionale. 
Kimber Edwards, che ha 51 anni, doveva essere giustiziato martedì 6 ottobre.

Martedì 6 ottobre resta però fissata in Texas l’iniezione letale per Juan Garcia, 35 anni, condannato per un omicidio compiuto per rapina.

Quella della commutazione di Kimber è una notizia importante sulla pena di morte negli Stati Uniti, dopo l’appello del Papa.  


Juan Garcia, Texas




Il governatore Nixon ha spiegato
di non aver deciso a cuor leggero di fermare l’esecuzione, ma solo dopo un’attenta considerazione della totalità della circostanze. È la seconda volta che il governatore Nixon, un esponente dei Democratici, sceglie di commutare una pena di morte in un ergastolo: era già avvenuto nel 2011. Negli ultimi due anni – però – il Missouri era stato insieme al Texas lo Stato americano che aveva eseguito più sentenze capitali. 

Proprio in Missouri il 27 gennaio del 1999 durante la messa celebrata nello stadio coperto di St. Louis in Missouri, di fronte a 100.000 persone, per la maggior parte giovani, il Papa Giovanni Paolo II aveva richiamato i Cattolici Americani a scegliere per la vita dicendo: "La nuova evangelizzazione richiede ai discepoli di Cristo di essere incondizionatamente a favore della vita. La società moderna è in possesso dei mezzi per proteggersi, senza negare ai criminali la possibilità di redimersi. La pena di morte è crudele e non necessaria, questo vale anche per colui che ha fatto molto del male".
Darrel Mease
In seguito a questo appello l'allora governatore del Missouri Mel Carnahan concesse la grazia a Darrell Mease, condannato a morte per un triplice omicidio.  Mease, reduce del Vietnam condannato per aver ucciso una coppia e il loro figlio invalido, doveva morire proprio il 27 gennaio 1999, quando il Papa faceva sosta in Missouri. 

Così spiega il suo gesto il governatore Mel Carnaahan: "Il Papa mi ha detto testualmente: "Abbia pietà di Darrell Mease". Ho preso in considerazione le circostanze straordinarie di questa richiesta e il significato storico della visita pontificia a St.Louis e nello Stato del Missouri. Ho agito solo per un senso di profondo e obbediente rispetto per il Pontefice e per tutto quello che rappresenta. Ho preso la decisione dopo una notte tormentata e insonne."

http://www.fondazionegiovannipaolo.it/ 

sabato 3 ottobre 2015

Diritti umani: sì a risoluzione svizzera contro pena di morte

Il Consiglio dei diritti umani dell'ONU, riunito a Ginevra, ha approvato una risoluzione proposta dalla Svizzera per l'abolizione della pena di morte in tutto il mondo a medio termine. I voti a favore sono stati 26, i contrari 13 e 8 le astensioni.

La Svizzera - rende noto oggi un comunicato del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) - ha sfruttato questa sessione autunnale del Consiglio per insistere ulteriormente sull'abolizione mondiale della pena capitale, un obiettivo di medio termine della sua politica estera sui diritti umani. Assieme ad altri sette Paesi ha presentato una risoluzione sul tema, che ieri è stata approvata.

Berna ritiene che l'applicazione della pena capitale sia inconciliabile con il diritto internazionale vigente e che comporti sempre violazioni dei diritti umani, sia per i condannati stessi che per le persone a loro vicine.

La risoluzione è incentrata sul rapporto tra la condanna a morte e l'esecuzione della pena da un lato e il divieto di tortura e altre procedure violente, disumane e umilianti dall'altro, con riferimento ad esempio alle condizioni vigenti nel braccio della morte o a metodi di esecuzione particolarmente problematici. È stato inoltre deciso che nel marzo 2017 avrà luogo un dibattito di esperti all'interno del Consiglio dei diritti umani.


La Svizzera ha poi nuovamente coordinato una dichiarazione congiunta in merito alla situazione dei diritti umani in Bahrein, sostenuta da altri 33 Stati. Nella dichiarazione si riconoscono gli sforzi del governo per migliorare la situazione, ma vengono anche citate le violazioni tuttora esistenti. La dichiarazione esorta il Bahrein a introdurre ulteriori riforme, rispettare fedelmente i diritti umani e cooperare con i meccanismi internazionali in questo ambito.

http://www.swissinfo.ch/ita

In questa sessione dei lavori è stato inoltre esaminato il tanto atteso rapporto d'inchiesta dell'Alto Commissariato per i diritti umani sulle violazioni che si sono verificate nel 2009 in Sri Lanka, alla fine della guerra civile. La conclusione è che vi siano buoni motivi per supporre che entrambe le parti in conflitto abbiano commesso crimini contro l'umanità e crimini di guerra. Le violazioni documentate nel rapporto imputate alle autorità statali sono particolarmente gravi.

Durante la sessione la Svizzera, che è molto attiva in Sri Lanka, ha collaborato intensamente alle trattative sulla risoluzione relativa a questo Paese. Tale risoluzione loda i passi avanti fatti dal governo e sottolinea la necessità di un meccanismo di partecipazione internazionale come pure di riforme nella legislazione nazionale per giungere a un'elaborazione del passato degna di credibilità. 

Il DFAE ha infine fatto sapere che a fine ottobre la Svizzera si candiderà per un seggio in seno al Consiglio dei diritti umani per il periodo 2016-2018.

venerdì 2 ottobre 2015

L'esecuzione di Alfredo Prieto ha avuto luogo




In un primo momento l'appello di papa Francesco sembrava essere riuscito a sospendere l'esecuzione di Prieto, così come quella di Richard Gossip in Oklahoma, ma la decisione finale del giudice federale della Virginia ha tolto la speranza per Alfredo Prieto.

Le motivazioni che hanno fermato l'esecuzione di Richard Glossip e che stavano per fermare quella di Alfredo sono indipendenti dalla richiesta di Papa Francesco, che aveva peraltro  chiesto la commutazione della pena. 

Ma l'intervento del Papa ha riportato il tema della pena di morte del dibattito pubblico negli Stati Uniti e nel cuore di tutti. Francesco parlando della sacralità della vita ha riportato al centro gli uomini, per lui i condannati a morte non sono un tema, ma dei volti e delle storie, sono dolore e speranza. La possibilità di cambiare è un diritto inalienabile per ogni persona, ricordiamo le sue parole al Congresso americano: "Una giusta e necessaria punizione non deve mai escludere la dimensione della speranza e l’obiettivo della riabilitazione”.

La Virginia aveva temporaneamente sospeso le procedura dell’esecuzione per una questione legata al farmaco che dovrebbe essere utilizzato per l’iniezione letale. Veniva infatti contestato il fatto che, per aggirare un boicottaggio, la Virginia si era fatta passare il prodotto sottobanco dal Texas.

Successivamente però il giudice federale della Virginia ha dato il via libera all'esecuzione di Alfred Prieto, uomo salvadoregno di 49 anni con disturbi mentali.




giovedì 1 ottobre 2015

Sospese le esecuzioni di Richard Glossip in Oklahoma e di Alfredo Prieto in Virginia!

L’appello di Papa Francesco contro la pena di morte negli Usa sembra iniziare a dare i suoi frutti

Papa Francesco aveva scritto una lettera per chiedere l’annullamento delle sentenze per "dare una più chiara testimonianza del valore e della dignità della vita di ogni persona"



L’appello del Papa contro la pena di morte negli Usa sembra iniziare a dare i suoi frutti.

Papa Francesco era intervenuto per salvare la vita a Kelly Renee Gissendaner, ma il suo appello non era stato accolto era la donna è stata giustiziata il 29 settembre in Georgia.  Le altre due condanne che dovevano essere eseguite il 30 settembre e il 1 ottobre sono state sospese, in Oklahoma e in Virginia: 

La lettera di papa Francesco è stata consegnata al governatore dell'Oklahoma, Mary Fallin, dal nunzio in Usa, Carlo Maria Viganò.

Francesco chiede di commutare la pena a Richard Glossip. Nella lettera si afferma che una commutazione della pena a Richard Glossip "darebbe una più chiara testimonianza del valore e della dignità della vita di ogni persona". Francesco quindi esorta il governatore dell'Oklahoma di considerare le parole di Papa Giovanni II secondo cui la pena capitale dovrebbe essere usata solo "in casi di assoluta necessità", che sono "molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti".


In Oklahoma,la governatrice Mary Fallin ha interrotto all'ultimo momento il procedimento per la preparazione dell'esecuzione concedendo un rinvio di 37 giorni. La prossima data fissata è il 6 di novembre. Questi giorni dovrebbero servire per dare modo alle autorità dello Stato di valutare se i protocolli adottati per l’esecuzione rispettino le procedure approvate dalle corti federali.  Glossip si è sempre dichiarato innocente.

In Virginia, un giudice federale dello Stato ha bloccato a tempo indeterminato l’esecuzione di Alfredo Prieto che doveva avvenire il 1 ottobre e fissato un’udienza in cui verrà discussa l’adeguatezza dell’uso del pentobarbital, uno dei farmaci usato per l’iniezione letale.