mercoledì 29 aprile 2015

Indonesia, fucilati otto stranieri e un indonesiano: condannati a morte per droga

da La repubblica.it

Le bare bianche arrivate sull'isola della prigione di Besi per i nove condannati a morte . 
Inutili gli appelli dei vari Stati di provenienza. L'Australia ritira il suo ambasciatore. Il solo che per il momento resta fuori la lista delle esecuzioni imminenti, è il francese Serge Atlaoui. Gli altri, accusati di essere trafficanti, sono stati giustiziati sull'isola-prigione di Nusakambanga.

 
GIACARTA - Nove bare bianche sono state portate questa mattina
nel carcere indonesiano di massima sicurezza di Besi, sull'isola di Nusakambangan, dove stasera sono stati fucilati altrettanti contrabbandieri di droga di cui otto stranieri. Giustiziati nonostante le pressioni della comunità internazionale. Le bare sono state portate a bordo di ambulanze quando sull'isola c'erano già i familiari dei detenuti in attesa di esecuzione. Arrivati per l'ultimo saluto.
I nove detenuti erano Andrew Chan (Australia), Myuran Sukumaran (Australia), Raheem Agbaje Salami (Nigeria), Zainal Abidin (Indonesia), Rodrigo Gularte (Brasile), Silvester Obiekwe Nwaolise alias Mustofa (Nigeria), Kemudian Martin Anderson alias Belo
Mary Jane Fiesta Veloso
(Ghana), Okwudili Oyatanze (Nigeria), Mary Jane Fiesta Veloso (Filippine): tutti arrestati per traffico di droga negli ultimi dieci anni, in un Paese che prevede la pena di morte per contrabbando. Gli appelli dei vari Stati di provenienza sono stati inutili.
Tra scene strazianti e assaliti dai giornalisti, i familiari dei due australiani, Andrew Chan e Myuran Sukumaran,

martedì 28 aprile 2015

Mille luci per dire no alle esecuzioni, la mobilitazione promossa da Sant'Egidio in Indonesia

Mentre sembrano esauriti i canali di pressione internazionale, la Comunità, insieme ad altre associazioni indonesiane, ha promosso in diverse città iniziative pubbliche perché siano evitate le esecuzioni previste dal governo.
Hanno passato la notte davanti al palazzo del presidente, nel cuore di Jakarta, accendendo mille candele, proprio davanti alla sua porta. E' una delle iniziative che in questi giorni la Comunità di Sant'Egidio, insieme ad altre associazioni indonesiane, ha messo in campo, nell'estremo tentativo di distogliere il governo dall'esecuzione di 10 persone, accusate di traffico di droga. Nelle stesse ore, manifestazioni e veglie si sono tenute in diverse città dell'arcipelago, da Maumere a Yogyakarta, a Medan, davanti a monumenti nazionali, nelle chiese e nelle università.
L'intransigenza mostrata dal governo, anche davanti alle forti pressioni internazionali, non sembra offrire molti spiragli e purtroppo i condannati hanno ricevuto la notifica che le esecuzioni avverranno entro poche ore. Proprio per questo, ancora di più si è moltiplicata l'azione per invitare ad un ripensamento, e dare voce a quella parte dell'opinione pubblica indonesiana che non condivide, anzi rifiuta questa posizione incomprensibilmente dura.
Molti dei condannati sono in prigione da oltre dieci anni. Si tratta spesso di persone povere (come nel caso della filippina Mary Jane) "usate" come corrieri. Due di loro hanno avviato un programma di riabilitazione per altre vittime della droga nella prigione in cui erano detenuti, e lo stesso personale delle prigioni ha parlato in loro favore, consapevoli di umanità che costituiscono un valore.
In una affollata conferenza stampa, tenuta sabato scorso a Jakarta da Sant'Egidio, insieme a Kontras e alle altre associazioni coinvolte, che sono significativamente non confessionali - ovvero raccolgono cristiani e musulmani - è stato rivolto un ultimo appello al presidente Jokowi. (Testo dell'appello in bahasa indonesia http://www.santegidio.org/pageID/3/langID )
La mobilitazione continua anche oggi in tutto il paese e a Jakarta di fronte al palazzo presidenziale si terrà una veglia di preghiera, con la partecipazione della Conferenza Episcopale Indonesiana KWI.
Veglie di preghiera si svolgeranno anche a Medan, il 27 aprile presso il Convento di Emmaus e il 28 con gli studenti all'università Unimed. Il 28 aprile si terrà una veglia anche a Jogyakarta nella parrocchia di Babarsari. Lo stesso giorno una manifestazione a Kupang vedrà in piazza i cittadini, laici e religiosi, per chiedere a gran voce di fermare le esecuzioni.

venerdì 24 aprile 2015

Appello di Sant'Egidio al presidente della Repubblica d'Indonesia per la sospensione delle esecuzioni


Nel corso di una conferenza stampa a Jakarta, presso la sede centrale di KONTRAS, la Comunità di Sant'Egidio ha rivolto un appello al presidente Jokowi affinché sospenda le 10 esecuzioni previste a breve per reati connessi al traffico di droga e perché si apra un dibattito sulla pena di morte. 
Sant'Egidio si è fatta promotrice in questi giorni anche di altre azioni e manifestazioni in altre città del paese, a Yogyakarta, Maumere, Medan.

La conferenza stampa è stata anche l'occasione per parlare della campagna di Sant'Egidio contro la pena di morte e in particolare dell'iniziativa "Città per la vita" che raccoglie nel mondo 2000 municipi.


Firma anche tu l'appello per la sospensione delle esecuzioni:
http://nodeathpenalty.santegidio.org/Urgent Appeal

Pena di morte, de Blasio dice “no” al boia per l’attentatore di Boston

Il sindaco di New York, Bill de Blasio, torna a schierarsi “senza se e senza ma” contro la pena di morte. E lo fa dicendo “no” al boia per Dzhokhar Tsarnaev, l’attentatore della maratona di Boston. Per de Blasio in qualsiasi condanna il carcere a vita deve essere la forma più severa di pena.

Pena di morte, da sempre de Blasio è fermo oppositore. La presa di posizione del sindaco arriva nei giorni in cui la giuria deve decidere se condannare a morte il giovane attentatore che insieme al fratello Tamerlan piazzò le bombe che due anni fa uccisero tre persone tra cui un bambino di otto anni. Tsarnaev è stato giudicato colpevole di tutti e trenta i capi di accusa per la strage della maratona di Boston nel 2013. Da sempre de Blasio è un fermo oppositore della pena capitale. «Credo – ha detto – che la pena capitale è la direzione sbagliata per questo paese, e persino un atto terroristico atroce come questo dal mio punto di vista non merita la pena di morte. Merita il carcere a vita». Non la pensava così uno dei suoi predecessori, Rudy Giuliani il quale all’epoca disse che avrebbe voluto essere lui personalmente a giustiziare Bin Laden. Giuliani era in carica durante gli attentati dell’11 settembre 2001. «La vendetta – disse in un’intervista nel 2011 – non è un nobile sentimento, ma è umano». Contrario alla pena di morte anche Michael Bloomberg, democratico quasi tutta la vita e convertitosi ai repubblicani nel 2007 per candidarsi a sindaco di New York. Attualmente è indipendente.

Sentenza storica in Cina: no pena morte a uxoricida che subì abusi


(AGI) - Pechino, 24 apr. - Sentenza epocale in Cina per i casi di violenza domestica. Li Yan, la donna condannata a morte nel 2010 per l'omicidio del marito dopo anni di abusi, ha ottenuto la sospensione della pena per due anni che di fatto la converte
in un ergastolo, con la possibilita' in futuro di tornare in liberta' per buona condotta. La sentenza e' stata pronunciata dalla Corte Intermedia del Popolo di Ziyang, nella provincia sud-occidentale cinese del Sichuan.
L'avvocato della donna, Wan Miaoyan, ha parlato di
"verdetto epocale" per la revisione della pena, evento raro nel sistema giudiziario cinese.
Commenti positivi anche da Amnesty International, secondo cui la sentenza puo' costituire un precedente "per i casi futuri in cui la violenza domestica possa fungere da fattore mitigante della pena", ha dichiarato il China Researcher del gruppo di difesa dei diritti umani, William Nee. Piu' critico, invece, l'approccio della Delegazione dell'Unione Europea in
Cina, che si dice "profondamente preoccupata" per la sentenza e "incoraggia la Cina a migliorare l'impianto legale per combattere la violenza domestica e assicurare la protezione dei diritti delle donne".
Il mese scorso, in tre citta' della Cina, tra cui Pechino, erano state arrestate cinque attiviste che si stavano preparando a una manifestazione per i diritti della donna in occasione della festa internazionale dell'8 marzo, e che sono poi state rilasciate su cauzione il 14 aprile scorso. Il sistema giudiziario cinese sta andando incontro a un processo
di riforma cominciato nell'ottobre scorso, durante il quarto plenum del partito, che si era concentrato proprio sulla riforma della Giustizia verso una maggiore trasparenza e verso l'uguaglianza dei cittadini di fronte ai giudici. (AGI)

giovedì 23 aprile 2015

Indonesia, Valls difende Atlaoui: "Contrari a pena di morte"


"Difendere" Serge Atlaoui, il cittadino francese condannato a morte in Indonesia il cui ricorso è stato respinto ieri dalla Corte Suprema del paese, è "ricordare la ferma opposizione della Francia alla pena di morte". A scriverlo oggi su Twitter è stato il premier francese Manuel Valls.

Ieri il ministro degli Esteri Laurent Fabius aveva detto che la Francia continuava a "sperare in un gesto di clemenza" dell'Indonesia nei confronti di Atlaoui, 51 anni, padre di quattro figli, in carcere da 10 anni. L'uomo è accusato di traffico di droga ma si è sempre detto innocente.

giovedì 9 aprile 2015

La pena di morte nel mondo - Rapporto annuale

di Antonio Salvati

mercoledì 8 aprile 2015  Puntualmente ogni anno Amnesty International - attraverso il suo rapporto - ci consente di comprendere lo stato dell’arte dell’applicazione della pena capitale nel mondo. Si tratta di un documento denso di dati provenienti da diverse fonti: da dati ufficiali a informazioni provenienti daicondannati a morte, nonché dai loro familiari e rappresentanti legali. Oppure rapporti di altre organizzazioni della società civile e i resoconti dei mezzi di comunicazione. Occorre tenere presente che non tutti gli stati rendono note le informazioni circa l’utilizzo della pena di morte nel proprio paese. E’ il caso della Bielorussia, della Cina o del Vietnam dove i dati relativi alla pena di morte sono classificati come segreto di stato. In altri paesi come l’Eritrea, la Corea del Nord o la Siria, è difficile ottenere dati certi a causa di altre ragioni legate a politiche restrittive e/o alla instabilità politica. Anche quest’anno i dati presentati rilevano la conferma di un trend positivo che dura da diversi anni. Negli ultimi 40 anni, numerosissimi paesi hanno abolito la pena capitale per tutti i reati [1]. Nel 2014 Amnesty International ha registrato le esecuzioni in 22 paesi, lo stesso numero del 2013. Almeno 607 esecuzioni sono state eseguite in tutto il mondo, un calo di quasi il 22 per cento rispetto al 2013 [2]. Questa cifra non include il numero di persone che si ritiene siano state messe a morte in Cina, per le ragioni sopra accennate. Tre paesi – Iran, Iraq e Arabia Saudita – sono stati responsabili del 72 per cento delle 607 esecuzioni registrate, a conferma di quanto il problema dell’applicazione della pena di morte nel mondo resti principalmente asiatico.Nel 2014 si stima che almeno 2.466 persone sono state condannate a morte in 55 paesi [3]. Questo rappresenta un aumento del 28 per cento rispetto al 2013, anno in cui sono state registrate 1.925 condanne a morte in 57 paesi. Tuttavia, per meglio comprendere questo aumento è necessario considerare quanto accaduto in due paesi in particolare, Egitto (da 109 condanne a morte nel 2013 a 509 nel 2014) e Nigeria (da 141 condanne a morte nel 2013 a 659 nel 2014), dove in alcuni casi i tribunali hanno inflitto condanne di massa contro decine di persone per i ben noti problemi politici interni.Un numero allarmante di paesi che hanno usato la pena di morte nel 2014 lo hanno fatto in risposta a minacce reali, o percepite come tali, alla sicurezza dello stato e alla sicurezza pubblica, poste dal terrorismo, dalla criminalità o dall’instabilità interna. Si pensi al caso del Pakistan che ha revocato la moratoria, che durava da sei anni, delle esecuzioni di civili sulla scia del terribile attacco alla scuola di Peshawar. Il governo si è anche impegnato a mettere a morte centinaia di persone nel braccio della morte che erano state condannate con capi d’accusa connessi al terrorismo. A dicembre del 2014 l’Indonesia – con grande sconcerto dell’opinione pubblica internazionale - ha annunciato la ripresa delle esecuzioni per i reati connessi al traffico di droga internazionale, considerata dai rappresentanti del governo una vera e propria “emergenza nazionale”. Anche la Giordania ha ripreso le esecuzioni, dopo una pausa di otto anni, giustiziando 11 persone condannate per omicidio. Le autorità hanno dichiarato esplicitamente che l’iniziativa è stata presa per contrastare l’incremento dei tassi di omicidio, quando ormai diverse ricerche (condotte anche dalle Nazioni Unite) attestano che non esistono prove convincenti che supportino l’idea che la pena di morte funzioni meglio come deterrente contro la criminalità o che sia più efficace di una pena detentiva. Ad eccezione dell’Europa e della regione dell’Asia centrale, dove la Bielorussia – il solo paese della regione dove vengono messe a morte i condannati – ha ripreso le esecuzioni dopo una interruzione di 24 mesi, Amnesty International ha  documentato sviluppi positivi in tutte le regioni del mondo. La regione dell’Africa subsahariana ha fatto speciali progressi, con 46 esecuzioni registrate in tre paesi (la Guinea Equatoriale, la Somalia e il Sudan) hanno eseguito pene capitali rispetto alle 64 esecuzioni in cinque paesi del 2013 con una riduzione del 28 per cento. Il numero di esecuzioni registrate in Medio oriente e nella regione dell’Africa del Nord è diminuito del 23 per cento circa (da 638 nel 2013 a 491 nel 2014). Nelle Americhe, gli Stati Uniti d’America sono il solo paese che mette a morte i condannati, ma le esecuzioni sono diminuite dalle 39 del 2013 alle 35 del 2014, il che segnala una diminuzione costante delle esecuzioni nell’arco degli ultimi anni.Lo stato di Washington ha imposto una moratoria delle esecuzioni. Si sono registrate meno esecuzioni nella regione dell’Asia-Pacifico, Cina esclusa, ed è iniziato un importante dibattito sull’abolizione della pena di morte nelle Fiji, in Corea del Sud e in Thailandia.Commutazioni della pena di morte o provvedimenti di grazia sono stati registrati in 28 paesi: Antigua e Barbuda, Bahamas, Bahrain, Bangladesh, Egitto, Ghana, India, Iran, Iraq, Jamaica, Giordania, Kuwait, Malesia, Mali, Myanmar, Nigeria, Arabia Saudita, Sierra Leone, Singapore, Corea del Sud, Sri Lanka, Sudan, Tunisia, Trinidad e Tobago, Emirati Arabi Uniti, Usa, Vietnam e Zimbabwe. Amnesty International ha registrato 112 proscioglimenti di prigionieri nel braccio della morte in 9 paesi: Bangladesh (4), Cina (2), Giordania (1), Nigeria (32), Sudan (4), Tanzania (59), Stati Uniti d’America(7), Vietnam (2) e Zimbabwe (1). Il rilascio di prigionieri nel braccio della morte perché trovati innocenti evidenzia la fallibilità della giustizia umana e ha acceso il dibattito sulla pena capitale in vari paesi, inclusi quelli dove il sostegno alla pena di morte è stato tradizionalmente forte, quali la Cina, il Giappone, il Vietnam e gli Stati Uniti d’America.Dopo decenni di in applicazione della pena di morte, a dicembre del 2014 l’assemblea nazionale del Madagascar ha adottato misure legislative per l’abolizione della pena di morte.Infine, alcune brevi rilievi sulla quinta risoluzione per una moratoria dell’uso della pena di morte adottata dall’Assemblea Generale dell’Onu. E’ cresciuto significativamente il numero di voti a favore della risoluzione 69/186, aumentato di sei unità, da 111 nel 2012 a 117 nel 2014, mentre 38 hanno votato contro e 34 si sono astenuti. A favore della risoluzione per la prima volta hanno votato: Guinea Equatoriale, Eritrea, Fiji, Niger e Suriname. E, importante segnale positivo, il Bahrain, Myanmar, Tonga e Uganda sono passati dal voto contrario all’astensione. E’ senz’altro anche il frutto di un metodo nuovo di lavoro e di sinergia tra governi e le maggiori ONG del mondo, con un ruolo intelligente dell’Italia in prima fila, rinnovato dalle scelte del governo italiano in politica estera che hanno messo la diplomazia umanitaria tra le priorità, nonché delle iniziative internazionali "No Justice Without Life" celebrate nell’ambito della Giornata Internazionale “Cities for Life - Città per la Vita / Città contro la Pena di Morte”, che si celebrano ogni anno il 30 novembre (a ricordo della prima abolizione della pena capitale nel Granducato di Toscana, il 30 novembre 1786) e sono promosse dalla comunità di Sant'Egidio, con l’apporto dell'Unione Europea.Antonio Salvati-----------------------------------------------------NOTE[1]  1976: Il Portogallo abolisce la pena di morte per tutti i reati.1978: La Danimarca abolisce la pena di morte per tutti i reati.1979: Il Lussemburgo, il Nicaragua e la Norvegia aboliscono la pena di morte per tutti i crimini. Il Brasile, le Isole Fiji e il Perù l’aboliscono per i reati ordinari.1981: La Francia e Capoverde aboliscono la pena di morte per tutti i reati. 1982: L’Olanda abolisce la pena di morte per tutti i reati.1983: Cipro e El Salvador aboliscono la pena di morte per i reati ordinari.1984: L’Argentina abolisce la pena di morte per i crimini ordinari.1985: Australia abolisce la pena di morte per tutti i crimini.1987: Haiti, Liechtenstein e la Repubblica Democratica Tedesca aboliscono la pena di morte per tutti i reati.1989: Cambogia, Nuova Zelanda, Romania e Slovenia aboliscono la pena di morte per tutti i reati.1990: Andorra, Croazia, Federazione Ceca e Slovacca, Ungheria, Irlanda, Mozambico, Namibia, Sao Tomé e Isole Principe aboliscono la pena di morte per tutti i reati.1992: Angola, Paraguay e Svizzera aboliscono la pena di morte per tutti i reati. 1993: Guinea-Bissau, Hong Kong e Seychelles aboliscono la pena di morte per tutti i reati.1994: L’Italia abolisce la pena di morte per tutti i reati.1995: Gibuti, Mauritius, Moldova e Spagna aboliscono la pena di morte per tutti i reati.1996: Il Belgio abolisce la pena di morte per tutti i reati.1997: Georgia, Nepal, Polonia e Sudafrica aboliscono la pena di morte per tutti i reati. La Bolivia l’abolisce per i crimini ordinari.1998: Azerbaijan, Bulgaria, Canada, Estonia, Lituania e Regno Unito aboliscono la pena di morte per tutti i reati.1999: Timor Est, Turkmenistan e Ucraina aboliscono la pena di morte per tutti i reati. La Lettonia l’abolisce per i reati ordinari. L’Albania l’abolisce alla fine dell’anno per i crimini ordinari.2000: Costa d’Avorio e Malta aboliscono la pena capitale per tutti i crimini.2001: La Bosnia-Erzegovina abolisce la pena di morte per tutti i reati. Il Cile l’abolisce per i reati ordinari.2002: Cipro e la Jugoslavia (adesso Serbia e Montenegro) aboliscono la pena capitale per tutti i reati.2003: L’Armenia abolisce la pena di morte per tutti i reati.2004: Bhutan, Grecia, Samoa, Senegal e Turchia aboliscono la pena di morte per tutti i reati.2005: Liberia e Messico aboliscono la pena capitale in tutti i casi.2006: Le Filippine aboliscono la pena di morte per tutti i reati.2007: Albania, Isole Cook e Ruanda aboliscono la pena di morte per tutti i crimini. Il Kyrgyzstan la abolisce per i crimini ordinari. Il Kazakhzstan dichiara una moratoria e avvia il percorso di abolizione per i crimini ordinari.2008: L’Uzbekistan abolisce la pena di morte per tutti i reati. 2009: Togo e Burundi.2010: Gabon.2014: Madagascar.


Fonti: Amnesty International e Comunità di Sant’Egidio[2] Afghanistan (6), Bielorussia (3+), Cina (+), Egitto (15+), Guinea Equatoriale (9), Iran (289+), Iraq (61+), Giappone (3), Giordania (11), Malesia (2+), Nord Corea (+), Pakistan (7), Arabia Saudita (90+), Singapore (2), Somalia (14+ per il Governo federale della Somalia), Palestina (Stato di) (Hamas, autorità de facto in Gaza, 2+), Sudan (23+), Taiwan (5), Emirati Arabi Uniti (1), Usa (35), Vietnam (3+), Yemen (22+). Il segno “+” accanto al nome di un paese è il valore minimo registrato da Amnesty International. La presenza del solo segno “+” indica che Amnesty International è a conoscenza che sono avvenute esecuzioni o condanne a morte (almeno più di una) ma non è stato possibile ottenere nessun dato affidabile.[3]  Afghanistan (12+), Algeria (16+), Bahrain (5), Bangladesh (142+), Barbados (2), Botswana (1), Cina (+), Congo (Repubblica del) (3+), Democratic Republic of Congo (DRC) (14+), Egitto (509+), Gambia (1+), Ghana (9), Guyana (1), India (64+), Indonesia (6), Iran (81+), Iraq (38+), Giappone (2), Giordania (5), Kenya (26+), Kuwait (7), Libano (11+), Lesotho (1+), Libia (1+), Malesia (38+), Maldive (2), Mali (6+), Mauritania (3), Marocco/Sahara occidentale (9), Myanmar (1+), Nigeria (659), Nord Corea (+), Pakistan (231), Qatar(2+), Arabia Saudita (44+), Sierra Leone (3), Singapore (3), Somalia (52+: 31+ dal Governo federale somalo; 11+ in Puntland; 10+ in Somaliland), Corea del Sud (1), Sud Sudan (+),Palestina(Stato di) (Hamas, autorità de facto a Gaza: 4+), Sri Lanka (61+), Sudan (14+), Taiwan (1), Tanzania (91), Tailandia (55+), Trinidad and Tobago (2+), Tunisia (2+), Uganda (1), Emirati Arabi Uniti (25), Stati Uniti d’America (72+), Vietnam (72+), Yemen (26+), Zambia (13+), Zimbabwe (10).DATIPAESI ABOLIZIONISTI E MANTENITORI AL 31 DICEMBRE 2014Più di due terzi dei paesi al mondo ha abolito la pena di morte per legge o nella pratica. Al 31 dicembre 2014 i paesi erano così suddivisi:Abolizionisti per tutti i reati: 98Abolizionisti solo per i reati comuni: 7Abolizionisti nella pratica: 35Abolizionisti totali per legge o nella pratica: 140Mantenitori: 58.1. ABOLIZIONISTI PER TUTTI I REATIAlbania, Andorra, Angola, Argentina, Armenia, Australia, Austria, Azerbaijan, Belgio, Bhutan, Bolivia, Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Burundi, Cambogia, Canada, Capo Verde, Cipro, Città del Vaticano, Colombia, Costa d'Avorio, Costa Rica, Croazia, Danimarca, Ecuador, Estonia, Filippine, Finlandia, Francia, Gabon, Georgia, Germania, Gibuti, Grecia, Guinea, Haiti, Honduras, Irlanda, Islanda, Isole Cook, Isole Marshall, Isole Salomone, Italia, Kiribati, Kirghizistan, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Macedonia, Malta, Mauritius, Messico, Micronesia, Moldavia, Monaco, Montenegro, Mozambico, Namibia, Nepal, Nicaragua, Niue, Norvegia, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Palau, Panama, Paraguay, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Repubblica Dominicana, Repubblica Slovacca, Romania, Ruanda, Samoa, San Marino, SaoTomè e Principe, Senegal, Serbia (incluso il Kossovo), Seychelles, Slovenia, Sudafrica, Spagna, Svezia, Svizzera, Timor Este, Togo, Turchia, Turkmenistan, Tuvalu, Ucraina, Ungheria, Uruguay, Uzbekistan, Vanuatu, Venezuela.2. ABOLIZIONISTI PER REATI COMUNIBrasile, Cile, El Salvador, Figi, Israele, Kazakhistan, Perù.3. ABOLIZIONISTI DE FACTOAlgeria, Benin, Brunei, Burkina Faso, Camerun, Congo, Corea del Sud, Eritrea, Federazione Russa, Ghana, Grenada, Kenya, Laos, Liberia, Madagascar, Malawi, Maldive, Mali, Mauritania, Mongolia, Marocco, Myanmar, Nauru, Niger, Papua Nuova Guinea, Repubblica Centrafricana, Sierra Leone, Sri Lanka, Suriname, Swaziland, Tagikistan, Tanzania, Tonga, Tunisia, Zambia.4. MANTENITORIAfghanistan, Antigua e Barbuda, Arabia Saudita, Autorità Palestinese, Bahamas, Bahrain, Bangladesh, Barbados, Bielorussia, Belize, Botswana, Ciad, Cina, Comore, Corea del Nord, Cuba, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, Gambia, Guatemala, Guinea, Guinea Equatoriale, Guyana, India, Indonesia, Iran, Iraq, Giamaica, Giappone, Giordania, Kuwait, Lesotho, Libano, Libia, Malesia, Nigeria, Oman, Pakistan, Qatar, Repubblica Democratica del Congo, Repubblica Dominicana, Saint Kitts e Nevis, Saint Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Singapore, Siria, Somalia, Stati Uniti d'America, Sudan, Sudan del Sud, Taiwan, Thailandia, Trinidad e Tobago, Uganda, Vietnam, Yemen, Zimbabwe.

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I vescovi del Massachusetts contro la pena di morte: la vita è inviolabile



da L’Osservatore Romano

La dignità di ogni vita umana, in quanto dono di Dio, va difesa e preservata: questo il messaggio espresso ieri dal cardinale Sean O’Malley, arcivescovo di Boston, e dai vescovi del Massachusetts in una dichiarazione congiunta contro la pena di morte per Dzhokhar Tsarnaev, l’uomo accusato di aver organizzato l’attentato alla maratona di Boston del 15 aprile 2013. 

«La Chiesa ha insegnato che i casi in cui l’esecuzione del colpevole è una assoluta necessità sono rari, se non praticamente inesistenti» si legge nella dichiarazione. «Come Papa Francesco ha recentemente dichiarato — prosegue il documento — la pena di morte è un’offesa contro l’inviolabilità della vita e la dignità della persona umana. Quando la pena di morte è applicata, non è mai per un crimine attuale, ma per un atto commesso in passato». E inoltre «è applicata alle persone che non possono più causare danni poiché questa capacità è stata neutralizzata: sono già stati privati della loro libertà». Proprio oggi, martedì 7 aprile, il processo a Tsarnaev entra in una fase cruciale. Dopo le arringhe finali, i giurati si riuniscono per stabilire la colpevolezza di Tsarnaev. Solo dopo il responso della giuria si aprirà il dibattito per decidere o meno per la pena di morte. Tsarnaev deve rispondere di trenta capi d’accusa, diciassette dei quali possono portare alla pena di morte.

martedì 7 aprile 2015

Malawi: sono da rivedere le condanne precedenti al 2007

Cinque riesami e cinque commutazioni di pena. 

Sono almeno 24 su 192 i casi di condannati a morte già portati all'esame dell'Alta Corte per la riformulazione della sentenza, e di questi 24 detenuti, cinque hanno ricevuto la commutazione della condanna capitale in pena detentiva, ha appreso la Malawi News Agency. 

Il presidente della Commissione diritti umani del Malawi, l'ambasciatrice Sophie Kalinde, ha detto che il progetto ha registrato progressi significativi. 

Parlando di recente ad un Seminario Giuridico sulle Valutazioni della Salute Mentale e Attenuanti nei Casi Capitali, svoltosi a Mangochi, l'ambasciatrice Kalinde ha detto che tutti i detenuti condannati a morte prima del 2007 devono essere portati davanti all'Alta Corte per la riformulazione della sentenza.




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PAKISTAN, continuano le esecuzioni

Altri quattro prigionieri impiccati. Quattro condannati per omicidio e sequestro di persona in casi distinti sono stati impiccati nelle carceri di Attock, Mianwali, Sargodha e Rawalpindi, portando a 64 il numero di esecuzioni da quando il Paese ha revocato la moratoria autoimposta sulla pena di morte nel dicembre 2014. Il Carcere Centrale di Sargodha ha visto la sua prima esecuzione in 105 anni dalla sua costruzione nel 1910. Mohammad Riaz era stato condannato a morte da un tribunale anti-terrorismo per aver ucciso due persone durante una rapina in banca nel 2000. Mohammad Ameen, un prigioniero condannato per aver ucciso una persona nel 1998, è stato giustiziato nella prigione di Adiala a Rawalpindi. Un altro prigioniero, Hubdar Shah, condannato per un duplice omicidio commesso nel 2000, è stato impiccato nella prigione centrale di Mianwali. Infine, Akramul Haq, condannato per il rapimento a scopo di riscatto di una bambina di tre anni nel 2002, è stato impiccato nel carcere di Attock.