mercoledì 29 novembre 2017

Guinea e Marocco passi avanti verso l'abolizione


Mohamed Auajar
Ci sono anche il ministro della Giustizia del Marocco e il suo omologo della Guinea Conakry al X Incontro internazionale dei ministri della giustizia “Un mondo senza pena di morte”, organizzato ieri mattina da Sant'Egidio, dalla Confederazione Svizzera dal ministero degli Esteri italiano. 


Cheik Sako
Da loro importanti testimonianze sulle scelte verso l'abolizione.  

Mohamed Auajar, ministro di Giustizia del Marocco, presentando le riforme istituzionali del suo paese, tra cui quelle dei codici di diritto civile e penale per armonizzarli alle convenzioni internazionali, ha affermato “Il diritto alla vita è stato inserito per la prima volta come diritto supremo nella  nostra Costituzione, una grande vittoria per i democratici e gli attivisti dei diritti umani” e ha aggiunto profonda soddisfazione che "in Marocco il Consiglio degli Ulema ha riscritto le norme sull’apostasia stabilendo che non rischia più la pena di morte chi abbandona l’Islam". Il Marocco, ha concluso, “è sulla via che conduce gradualmente all’abolizione della pena di morte”. 

Cheik Sako, ministro della Giustizia della Guinea, ha ricordato che nel 2017, con l’adozione del nuovo codice militare, la Guinea è divenuta completamente abolizionista dopo che il Parlamento nell’ottobre 2016 aveva adottato un nuovo codice di procedura penale che eliminava la pena di morte dalle sanzioni applicabili.  Ha poi aggiunto che le ultime esecuzioni nel Paese risalgono al 2002. “Da quella data – spiega – siamo entrati in una situazione di moratoria di fatto. Ha rivelato però le resistenze ad accettare l’abolizione della pena di morte:  "c’è sempre chi afferma che è necessaria per contrastare la criminalità; c’è invece chi, come me, ritiene non sia né utile né proporzionata”. 

Avvenire: Sant'Egidio, pena di morte. «Il boia non ferma il terrorismo»

di Luca Liverani

Nel 2017 l’applicazione della pena di morte si è ridotta di un terzo rispetto a un anno fa. Impagliazzo: «Rispondere con la violenza alla violenza, legittima chi ne fa uso» 

Non c'è incongruenza più grande che combattere con la pena capitale chi celebra la morte, compiendo stragi e immolandosi. Eppure, di fronte al terrorismo, la tentazione si fa strada. «Molti sono i Paesi che pensano di ripristinare la pena di morte dice il ministro della Giustizia Andrea Orlando e anche in Europa davanti agli atti terroristici si è tornato a invocare il ripristino della pena di morte». Per il Guardasigilli il rischio c'è. E «per impedire che questa impostazione ci riporti indietro è necessario rafforzare la cooperazione nazionale sulla repressione dei fenomeni criminali per rispondere alla paura». Il no del Guardasigilli alla pena capitale è tutt'altro che una resa al crimine. Orlando lo ribadisce al X Congresso internazionale «Un mondo senza pena di morte», organizzato alla Camera dalla Comunità di Sant'Egidio, con i contributi dei ministri della Giustizia arrivati da 30 Paesi. C'è anche il ministro del Marocco, Mohamed Aujjar, Paese che ha ridotto a pochissimi reati quelli puniti con la pena capitale. Abolizionista de facto con l'ultima esecuzione nel 1993, il Marocco che ha cancellato di recente la pena di morte per gli apostati, cioè chi abbandona l'islam. All'incontro invia un suo intervento il premier Paolo Gentiloni, che conferma l'impegno dell'Italia come capofila dei Paesi impegnati per la moratoria universale, approvata nel 2007 dall'assemblea delle Nazioni Unite: «L'Italia, con l'Unione Europea, continuerà a farsi promotrice di questa campagna, per vincere insieme la sfida di un mondo finalmente libero dalla pena di morte». Da quel primo sì «questa battaglia fondamentale per i diritti umani è proseguita con risultati significativi in tutto il mondo». Orlando sottolinea che dal 2014 a oggi il numero di Paesi abolizionisti è passato da 79 a 107. E le esecuzioni nel 2017 sono state un terzo in meno rispetto all'anno precedente. Anche Marco Impagliazzo dice no all'occhio per occhio di Stato: «Proprio perché ci confrontiamo con il culto della morte espresso dal terrorismo suicida e dal diffondersi della violenza estrema avverte il presidente della Comunità di Sant'Egidio appare chiaro che difendere la vita è rifiutare ogni logica basata sulla soppressione di un essere umano. Fosse anche quella del terrorista». Per Impagliazzo «la pena di morte rappresenta la vittoria di quel nemico che si vorrebbe tenere lontano ed esorcizzare. Con la pena capitale il nemico ha vinto perché è entrato dentro di noi». Rispondere alla violenza con una violenza di segno opposto «per quanto legalizzata», sarebbe un modo per «banalizzare lo spargimento di sangue. La pena di morte non è una medicina, ma un veleno». Mario Marazziti, presidente della commissione Affari sociali della Camera, ricorda i passi avanti: nel 1975 solo 16 Paesi avevano abolito la pena di morte, «l'anno scorso solo 23 su 200, comprese le entità territoriali che non siedono all'Onu, hanno compiuto esecuzioni capitali». Molto c'è ancora da fare. Negli Stati Uniti dove il presidente Donald Trump ha invocato la pena di morte per l'autore della strage del 31 ottobre a New York il boia non solo uccide, ma discrimina: «Negli Usa gli afroamericani sono il 13% della popolazione, ma salgono al 61% tra gli innocenti condannati al posto di altri». Perché «un innocente nero ha sette volte le probabilità di un bianco di essere condannato a morte innocente».

Radiovaticana: difendere la vita e la bellezza e l'onore del vivere


Audio radiovaticana.va santegidio #Penadimortemai


28/11/2017

di Amedeo Lomonaco

“Difendere la vita di un condannato è difendere la vita di tutti, anche la mia, anche la nostra, è difendere la bellezza e l'onore del vivere''. Con queste parole Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant'Egidio, ha aperto stamani a Roma, presso la Camera dei Deputati, il X Congresso Internazionale dei ministri della giustizia incentrato sul tema: “Un mondo senza la pena di morte”. Marco Impagliazzo ha anche ricordato che, tra i ministri della giustizia presenti all’iniziativa, spicca la testimonianza del Marocco:
“È molto interessante la presenza del Marocco. Sono interessanti le parole del ministro della giustizia del Marocco, uno Stato mediterraneo, musulmano e arabo. Ha indicato la via attraverso la quale questo Paese sta lavorando, già con dei passi molto concreti, per l’abolizione della pena di morte. È un’apertura, una breccia per tutti quei Paesi musulmani che ancora la applicano. Ormai è stato largamente dimostrato che la pena di morte non serve a combattere i crimini, tanto meno il terrorismo, laddove abbiamo dei terroristi che seminano morte e poi si suicidano. La vera risposta è quella di difendere la vita a tutti i livelli e di incrementare il sistema giudiziario perché possa affermarsi una giustizia riparativa. Quello da fare è un lavoro culturale nella società, perché la violenza crea solo violenza. La Comunità di Sant’Egidio è impegnata in tanti Paesi del  mondo. E questa non è una battaglia ideologica. E' uno stare accanto alle persone che soffrono. La battaglia contro la pena di morte è uno stop ad una mentalità violenta”.

Numero di esecuzioni capitali in calo
Durante il convegno, organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, il presidente della Commissione Affari sociali, Mario Marazziti, ha ricordato che lo scorso anno solo in 23 Paesi al mondo si sono registrate delle esecuzioni capitali. Botswana e Nigeria hanno eseguito le loro prime condanne a morte dal 2013. Gli Stati Uniti, per la prima volta da molti anni, non risultano tra i primi 5 Paesi. Complessivamente, tra il 2015 e il 2016, c’è stato un calo del numero di esecuzioni capitali del 37 per cento.  In controtendenza l’Iraq dove, lo scorso anno, è stato più che triplicato il numero di esecuzioni. Anche se la pena di morte - ha aggiunto Mario Marazziti - sta diventando “uno strumento del passato”, sono ancora molteplici i segnali preoccupanti del nostro tempo.
R. - Viviamo un tempo che alcuni vorrebbero sia quello della paura e del terrorismo. Abbiamo nel mondo un traffico di droga che coinvolge 250 milioni di utilizzatori. Ci sono gli attentati suicidi. Chi chiede la pena di morte contro tutto questo, sta usando un dito per chiudere l’acqua di un fiume che ci dovrebbe travolgere.

D. - Rispondere, come si è fatto in Iraq, con le esecuzioni capitali, vuol dire fare il gioco del sedicente Stato islamico …
R. – Credo che quando c’è il terrorismo è suicida, vuole diffondere paura e immagini di morte, amministrare la morte è solo moltiplicare quella cultura. La stessa cultura del terrorismo islamico. L’unica risposta è di non cadere nella trappola dello Stato islamico, del califfato e abbassare il tono della violenza.
D. - A proposito di violenza, lei oggi ha rinnovato un appello alle case farmaceutiche …
R. - L’iniezione letale è il metodo considerato più pulito per dare la pena di morte. Sembra che non faccia male. Sembra che si muoia nel silenzio e senza dolore. In realtà si esplode dentro, anche con l’impossibilità di esprimere il dolore. Oggi si stanno usando farmaci per gli animali, dosi mai sperimentate sugli umani. E stanno accadendo cose mostruose come esecuzioni che durano 45 minuti. Faremo un appello a tutto il mondo di Big Pharma perché si costruiscano sanzioni tutte le volte che un farmaco, costruito per la vita, finisce nel braccio della morte.
Il contributo dell’Italia nella lotta contro la pena di morte
“In un mondo minacciato dal terrorismo e segnato da una crescente domanda di sicurezza da parte dei cittadini c’è il rischio di considerare la pena di morte una questione secondaria rispetto ai grandi temi. Ma dire sì alla pena di morte significa scordarci dei valori che ci rendono esseri umani”. E' quanto ha dichiarato il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, sottolineando che per l’Italia l’abolizione della pena di morte è un perno della politica estera:

R. - L’Italia è in prima linea nella battaglia per la moratoria sulla pena di morte e per l’abolizione. Nel corso di questi anni, dal 2007 in poi, ha fatto un lavoro importante per far crescere il fronte dei Paesi che sostengono questa posizione. Naturalmente resta ancora moltissimo da fare. E mentre compiamo questo sforzo, io credo che sia anche importante costruire una cooperazione internazionale sul fronte della repressione dei fenomeni criminali. Si deve evitare che  la paura, in qualche, modo possa spingere nella direzione di una possibilità di reintrodurre la pena di morte in Paesi che l’hanno abolita.
D.  – Bisogna anche avere la responsabilità di un’informazione corretta, di far luce laddove ci sono violenze, torture…
R.  – Noi dobbiamo avere la cura, la forza e l’attenzione - come istituzioni, come soggetti sociali e anche come mezzi di informazione - di spiegare che la violazione dei diritti umani è un contagio. Affermare che ovunque si violi la dignità di una persona c’è qualcosa che ci riguarda, è il modo di combattere questo tipo di indifferenza. Soprattutto io credo si debba fare raccontando le storie dei singoli, perché talvolta i numeri e le statistiche tendono a spersonalizzare questo fenomeno. E’ importante, invece, raccontare di chi viene ucciso con l’utilizzo della pena di morte, quali sono i diritti di cui sono privati bambini, donne, persone vulnerabili.

In aumento esecuzioni extragiudiziali e linciaggi
Forte preoccupazione è stata inoltre espressa per l’aumento delle esecuzioni extragiudiziali, spesso nei confronti di persone accusate di reati legati alla droga, e dei linciaggi, conseguenza di una giustizia “fai da te”. Un altro fenomeno che suscita allarme è il numero, sempre più elevato, di armi in circolazione. Durante il Congresso è stato infine ricordato che il prossimo 30 novembre – giorno in cui si commemora la prima abolizione della pena di morte, nel 1786, nel Granducato di Toscana – migliaia di città illumineranno i loro monumenti.

Ministri della Giustizia in dialogo per un mondo senza pena di morte

Come giungere ad una progressiva liberazione del mondo dalla pena di morte?
Ne hanno parlato ieri a Roma nella Nuova Aula dei Gruppi Parlamentari, alla Camera, i responsabili della Giustizia di 30 paesi in un clima di dialogo e di analisi degli ostacoli e di ricerca delle possibili soluzioni.  





Non si può pensare che la pena capitale sia la cura per una società violenta, ha sostenuto Marco Impagliazzo. La pena di morte non è una medicina; è l’opposto, è un veleno. Ma noi, qui, non vogliamo avvelenare le nostre società. Al contrario, intendiamo cercare un antidoto al veleno della violenza, insieme.

Sono intervenuti tra gli altri, il Guardasigilli Andrea Orlando, i ministri della Giustizia di Marocco, del Guatemala e della Guinea Conakry insieme a rappresentanti dei governi del Canada, di San Marino e della Svizzera, inviati dell’Onu, della Francofonia e l’ex presidente di Timor Est, Xanana Gusmao – sono stati ricordati alcune importanti decisioni come quella della Guinea Conakry che con l’adozione del nuovo codice militare è divenuta completamente abolizionista dopo che il Parlamento nel 2016 aveva adottato un nuovo codice penale che elimina la pena di morte dalle sanzioni applicabili. O il caso del Marocco, dove il Consiglio degli Ulema ha riscritto le norme sull’apostasia stabilendo che non rischia più la pena di morte chi abbandona l’Islam. Altra decisione altamente significativa è quella del Guatemala dove con una storica sentenza la Corte costituzionale ha dichiarato la pena di morte incostituzionale per tutti i reati per cui è contemplata dall’articolo 18 della Legge fondamentale. A livello civile è ormai una pena incostituzionale. In Vietnam all’inizio del 2018 entrerà in vigore la versione emendata del codice penale che non prevederà più la pena di morte per cinque fattispecie di reato. 

Il mondo si era abituato alla pena di morte fin dai suoi primi passi. “Era sembrata naturale – ha ricordato Mario Marazziti - quasi come l’aria e l’acqua. Così è stato per la schiavitù e la tortura”. La pena di morte non aiuta mai la sicurezza dei popoli. Rende più vulnerabili alla violenza, alla tortura, perché disumanizza anche chi è dalla parte della ragione. Lo aveva ben compreso Cesare Beccaria, nel XVIII secolo, quando sostenne che è “un assurdo che le leggi, [le quali]  … detestano e puniscono l’omicidio, ne commettano uno esse medesime, e per allontanare i cittadini dall’assassinio, ne ordinino uno pubblico” (Dei delitti e delle pene, cap. XXVIII).   

Tante le questioni affrontate come quella dell’aumento delle esecuzioni extragiudiziali, in diversi Paesi del mondo – spesso nei confronti di persone accusate di reati legati alla droga - e dei linciaggi, una giustizia “fai da te” che provoca la morte di troppe persone, uccise dalla popolazione, nella maggioranza dei casi per aver commesso piccoli furti. O del numero dei condannati a morte innocenti che escono dal braccio della morte. Negli USA il Registro Ufficiale ha superato i 1900 casi di condanne della persona sbagliata. Ha affermato Magdaleno Rose-Avila fondatore dell'associazione Witness to Innocence, che "La storia non aspetta, in questi 10 anni di Convegni dei Ministri della Giustizia con Sant'Egidio si è fatta la storia. Bisogna continuare a sognare l'impossibile". 



lunedì 27 novembre 2017

Pena di morte: Ministri della Giustizia e rappresentanti di 30 Paesi a Roma

da La Stampa
a cura della Redazione

Sant’Egidio, a Roma il convegno internazionale “Un mondo senza pena di morte” Ministri della Giustizia e rappresentanti di 30 Paesi sia abolizionisti che mantenitori domani alla Camera dei Deputati

Non è solo un sogno, quello di un mondo liberato dalla pena di morte, ma un impegno concreto che negli ultimi anni ha visto soggetti della società civile, come la Comunità di Sant’Egidio, dialogare con gli Stati per riconoscere pienamente il diritto che vale più di tutti: quello alla vita. Perché un organismo statale non può usare la vendetta per ottenere giustizia e perché ormai è anche statisticamente dimostrato che la pena capitale non funziona come deterrente per i reati. 

Per questo domani, martedì 28 novembre, a partire dalle 9.45, nella Nuova Aula dei Gruppi Parlamentari, alla Camera dei Deputati, si svolgerà l’incontro internazionale “Un mondo senza pena di morte”. Ad organizzarlo, con la partecipazione di ministri della Giustizia e di rappresentanti di 30 Paesi di tutti i continenti, oltre a Sant’Egidio, sono anche il ministero degli Esteri italiano e la Confederazione Svizzera. 

Interverranno, tra gli altri, il guardasigilli Andrea Orlando, i ministri della Giustizia di Marocco (paese che recentemente ha abolito la pena di morte per apostasia), del Guatemala (una figura in primo piano nella difesa dei diritti umani) e della Guinea Conakry insieme a rappresentanti dei governi del Canada, di San Marino e della Svizzera, inviati dell’Onu, della Francofonia e l’ex presidente di Timor Est, Xanana Gusmao. Prenderanno la parola anche alcuni testimoni della campagna abolizionista negli Stati Uniti. A tenere la relazione introduttiva sarà il presidente di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo. 


I partecipanti al convegno provengono sia da Paesi abolizionisti, de iure e de facto, sia da Paesi mantenitori: insieme discuteranno su come giungere ad una progressiva liberazione del mondo dalla pena di morte, anche passando – come primo atto - attraverso una moratoria universale. 
I segni positivi non mancano. Dal 1977, quando gli Stati abolizionisti erano solo 16, si è passati a 141 contro 57 Paesi mantenitori. E di fronte ad uno scenario internazionale tra i più difficili degli ultimi anni, per la crescita dei conflitti e delle tensioni in diverse aree del mondo, nel 2016 le esecuzioni capitali sono diminuite del 37% rispetto all’anno precedente. Un risultato ottenuto grazie a una maggiore sensibilizzazione delle società civili e ad alcuni convincimenti sulla crudeltà di questo tipo di giustizia che cominciano ad affiorare, per diversi motivi, anche tra i responsabili di Stati dove è ancora in vigore la pena di morte. 

Forte preoccupazione viene invece espressa per l’aumento delle esecuzioni extragiudiziali, in diversi Paesi del mondo – spesso nei confronti di persone accusate di reati legati alla droga - e dei linciaggi: una giustizia “fai da te” che provoca la morte di troppe persone, uccise dalla popolazione, nella maggioranza dei casi per aver commesso piccoli furti. Un altro fenomeno, che suscita allarme, è il numero sempre più elevato di armi in circolazione e alla portata di tanti, con tragiche conseguenze sulla popolazione, a partire da “stragi di innocenti” (in scuole, luoghi di culto o altrove), diventate ormai troppo frequenti. 

Il convegno è sostenuto da un ampio movimento che opera alla base, nelle società di diversi Paesi e in tutti i continenti: sono ormai oltre 2.100 le “Città per la Vita”, che illumineranno i loro monumenti il 30 novembre, giorno in cui si ricorda la prima abolizione della Pena di Morte ad opera di uno Stato, il Granducato di Toscana, nel 1786. 

A Roma per l’occasione, il 30 novembre, a partire dalle 18.30, si svolgerà il Live Concert “Pena di morte Mai”, davanti al Colosseo, con la partecipazione di personalità dello spettacolo, della musica e dello sport. 

domenica 26 novembre 2017

Uganda: la pena di morte legittima la cultura della violenza

"La pena di morte legittima la cultura della violenza", questo il titolo dell'importante iniziativa che si terrà il 30 novembre a Kampala, promossa dalla Comunità di Sant'Egidio in Uganda.  L'evento prevede la celebrazione della S.Messa nella Cappella Universitaria del Makerere Campus di Kampala.

Segue un incontro con interventi sul tema della pena capitale da parte dell'ambasciatore italiano SE Domenico Fornara, del Vice Rettore della Makerere University, della Comunità di Sant'Egidio, del Sindaco di Kampala e di un ex condannato a morte, Edward Mpagi, sopravvissuto a 18 anni di braccio della morte, riconosciuto poi innocente.   
  
Infine per lasciare un segno alla città, come adesione alla campagna per l'abolizione della pena di morte nel mondo, i partecipanti pianteranno un albero nel giardino del del Campus universitario di Makerere. 






‘The Death Penalty Legitimatises a Culture of Violence


9.45am
‘People Begin To Assemble At St. Augustine Chapel’
Special Mass:
Thursday, 30th, November 2017
Time: 10.00am-11.00AM
@
‘St. Augustine Chapel –Makerere University’
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Speeches,
11.00am - 11.10am       Joshua Makawa- (Coordinator Cities for Life)
11.10am - 11.20am       Dr. Livingstone Ssewanyana–(ED. FHRI)
11.20am - 11.30am      Professor Barnabas Nawangwe  (VC  Makerere-University)

11.30am - 11.50am       H.E.  Domenico Fornara (Italian Ambassador)
11.50am - 11.55am       Testimony of Mr. Mpagi (former Inmate on Death Row)

11.55am-12.05pm          Remarks from the Mayor (Kampala) His Worship 
                                      Emanuel Serunjogi -   Lord Mayor Erias Lukwago.

12.05pm-12.15pm       Photo Shooting and signing of the Appeal from moratorium to abolition of the death penalty

12.15pm-12.30pm        Tree planting to launch the International Day of Cities for Life – by the Chief Guest H.E.  Domenico Fornara

venerdì 24 novembre 2017

Tredici comuni del vicentino uniti per dire basta alla pena di morte

Gli amministratori di tredici comuni del vicentino considerano un dovere sensibilizzare i cittadini sul diritto alla vita


 «Più di 20mila persone in tutto il mondo sono condannate alla pena di morte ed è nostro dovere di amministratori sensibilizzare la cittadinanza sul diritto alla vita ed sul rispetto dei diritti umani». 

Il monito arriva dai sindaci dei tredici Comuni dell'Alto vicentino che hanno aderito all'iniziativa mondiale, promossa dalla Comunità di Sant'Egidio e Amnesty International,“Città per la vita. Città contro la pena di morte”.

A Schio, Thiene, Santorso, Marano, Breganze, Carrè, Chiuppano, Fara, Lugo, Nove, Sarcedo, Zanè e Zugliano, il 30 novembre, saranno illuminati i principali monumenti per fare luce, in modo simbolico, sulle condizioni in cui vivono i condannati a morte e per ricordare quanto fatto per abolire la pena capitale nel mondo.

«Il 26 novembre alle 17.30 nell'auditorium Fonato di Thiene interverrà George Kain, ex capo della polizia del Connecticut testimone della battaglia per l'abolizione della pena di morte- spiega Mariuccia Costa, portavoce della Comunità di Sant'Egidio- Il 27 novembre, invece, sarà a Schio per parlare agli studenti delle superiori nell'istituto Pasini». (...)

Onu: serve trasparenza dai Paesi che praticano la pena di morte:

Troppa segretezza da parte dei Paesi che fanno ancora ricorso alla pena di morte, lo ha dichiarato il segretario generale aggiunto dell'Onu per i diritti umani, Andrew Gilmour. 

Alcuni governi, ha poi spiegato Gilmour, nascondono le esecuzioni e usano un elaborato sistema per celare chi è nel braccio 

della morte e perché. Altri classificano le informazioni sulla pena di morte come segreto di stato, il rilascio di tali informazioni pertanto costituisce un atto di tradimento, come in Bielorussia e in Vietnam. 

La segretezza, oltre a essere disumana per i condannati e per le loro famiglie, che hanno il diritto di conoscere il destino dei loro cari, è indicativa del fatto che, mentre molti paesi rinunciano alla pena capitale, quelli che la mantengono sentono di avere qualcosa da nascondere.  

Circa 170 Stati hanno hanno abolito questa pratica che il segretario generale Antonio Guterres ha definito "barbara", o si sono astenuti. Mentre la stragrande maggioranza delle esecuzioni si svolge in cinque Paesi: Cina, Iran, Iraq, Pakistan e Arabia Saudita.

Lo scorso dicembre l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nella sua tradizionale risoluzione sulla moratoria della pena di morte ha aggiunto un nuovo elemento per cercare di risolvere la questione della trasparenza, prerequisito per valutare se la pena di morte viene eseguita in conformità con le norme internazionali sui diritti umani. 

Malesia: il governo rivede l'obbligatorietà della condanna a morte per traffico di droga


Importante decisione riportata dall'Agenzia Nova, il governo della Malesia ha proposto infatti di reintrodurre nell’ordinamento nazionale l’originale formulazione della Dangerous Drugs Act del 1952, che attribuisce discrezionalità alle corti nella definizione della pena per i colpevoli di traffico di droghe.

Il provvedimento era stato emendato nel 1983, introducendo un paragrafo che prevedeva l'obbligatorietà della pena capitale, senza alcun margine di discrezionalità per le corti.  La legge della Malesia sugli stupefacenti pericolosi dunque prevede la pena di morte obbligatoria per chiunque sia riconosciuto colpevole di traffico di droga o di aiutare altri nel traffico di sostanze illegali. 

In proposito il Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite aveva affermato che "l'imposizione automatica e obbligatoria della pena di morte costituisce una privazione arbitraria della vita, in violazione dell'articolo 6, paragrafo 1, del Patto internazionale sui diritti civili e politici, in circostanze dove si impone la pena di morte, senza alcuna possibilità di prendere in considerazione la situazione personale dell'imputato o le circostanze del reato". 

L’emendamento attuale dunque reintroduce la discrezionalità per i giudici, che potranno comminare pene minori se in presenza di condizioni specifiche, come l’assenza di prove specifiche della compravendita di droga al momento dell’arresto. 


(da Agenzia Nova Kuala Lumpur, 23 nov)  

Live Concert al Colosseo 30 novembre, ore 18,30


Save the date

 30 novembre, ore 18.30

Live Concert al Colosseo

#PenadiMorteMai



Il 30 novembre del 1786 venne abolita, per la prima volta, la pena di morte in uno Stato, il Granducato di Toscana. Da allora molta strada è stata fatta nel cammino che porta alla liberazione dalla pena capitale nel mondo. Ma tanto si può e si deve fare ancora contro questo strumento altamente inumano oltre che inutile, dato che non funziona come deterrente e riduce gli Stati a meri esecutori di ingiustizia.
La Comunità di Sant’Egidio, che negli ultimi anni ha portato avanti una campagna in tutti i continenti per giungere ad una moratoria universale, invita tutti il 30 novembre, alle 18.30, ad un Concerto al Colosseo, con la partecipazione di Max Giusti e tanti amici dello spettacolo, della musica e dello sport, come Noemi, Pier Davide Carone, Daiana Lou , Marco Morandi, Giulia Luzi, Vanessa Jay Mulder & Henry Padovani, la Super Max Band con Sara Jane Ologh , Giorgio e Gabriele del Trio Medusa…e tanti altri che in queste ore stanno aderendo.
Nello stesso giorno oltre 2.000 “Città per la Vita” nel mondo illumineranno i loro monumenti per dire di “no” alla pena di morte. Si tratta ormai di un movimento che coinvolge migliaia di persone in tutti i continenti e che è riuscito, attraverso un paziente impegno collettivo e rapporti con i diversi governi, a diminuire il numero dei Paesi mantenitori, a partire dall’Africa che potrà essere, in futuro, il secondo continente libero dalla pena di morte.
Due giorni prima, il 28 novembre, si svolgerà, sempre a Roma, il decimo Incontro internazionale dei ministri della Giustizia per “Un mondo senza pena di morte”, promosso dalla Comunità di Sant’Egidio insieme al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione italiano e alla Confederazione svizzera.
Roma, 22 novembre 2017



Piazza di S.Egidio 3/a – 00153 Roma - Tel +39.06585661  -  
Fax +39.065883625  www.santegidio.org   - Email  com@santegidio.org

giovedì 23 novembre 2017

Un Workshop a Rovereto città della pace, contro la pena di morte

La campana della pace in memoria dei caduti a Rovereto
Un Workshop a Rovereto il 30 novembre dal titolo "Contro la pena di morte: giustizia sociale e ruolo dei territori". 

L'evento si terrà a Rovereto nel pomeriggio del 30 novembre e si inserisce nell’ambito della campagna globale per l’abolizione della pena di morte nel mondo, promossa dalla Comunità di Sant'Egidio. 


L'evento trentino è organizzato con il Forum trentino per la Pace e i Diritti umani, il Comune di Rovereto, la Fondazione Opera Campana dei Caduti e la Comunità di Sant'Egidio e si prefigge di accelerare il processo culturale, politico e giuridico in alcuni Paesi mantenitori e di sensibilizzare la popolazione sul tema del rispetto della vita umana e del rifiuto della pena capitale nel mondo intero.  
Sono ormai 2202 "città della vita, contro la pena di morte".

Non a caso si svolgerà a Rovereto, città della Pace e sarà diviso in due momenti: il Workshop nel pomeriggio e la cerimonia serale per ascoltare il suono della Campana della pace, in collegamento il Concerto che si terrà a Roma, al Colosseo. 
http://www.santegidio.org#PENADIMORTEMAI

Al Seminario interverranno il Sindaco di Rovereto, il Ministro della Giustizia della Repubblica centroafricana, il Segretario Generale della Comunità di Sant'Egidio, l'Arcivescovo di Trento, il Presidente del Forum per la Pace e l'Assessora all'Università, ricerca e politiche giovanili, pari opportunità , cooperazione allo sviluppo della Provincia autonoma di Trento. 

Con Sant’Egidio tra il 28 e il 30 novembre #PENADIMORTEMAI

da Agensir del 22 novembre 2017

Pena di morte: Comunità di Sant’Egidio, il 28 novembre a Roma il decimo Incontro internazionale dei ministri della Giustizia” e il 30 Concerto al Colosseo”

“Il 30 novembre del 1786 venne abolita, per la prima volta, la pena di morte in uno Stato, il Granducato di Toscana. Da allora molta strada è stata fatta nel cammino che porta alla liberazione dalla pena capitale nel mondo. Ma tanto si può e si deve fare ancora contro questo strumento altamente inumano oltre che inutile, dato che non funziona come deterrente e riduce gli Stati a meri esecutori di ingiustizia”. 

Lo ricorda in una nota la Comunità di Sant’Egidio, che negli ultimi anni ha portato avanti una campagna in tutti i continenti per giungere ad una moratoria universale. La stessa Comunità invita tutti il 30 novembre, alle 18.30, ad un “Concerto al Colosseo”, con la partecipazione di Max Giusti e tanti amici dello spettacolo, della musica e dello sport, come Noemi, Pier Davide Carone, Daiana Lou & Sermonti, Marco Morandi, Giulia Luzi, Vanessa Jay Mulder & Henry Padovani, Super Max Band.

Nello stesso giorno oltre 2.000 “Città per la Vita” nel mondo illumineranno i loro monumenti per dire di “no” alla pena di morte. Si tratta ormai “di un movimento che coinvolge migliaia di persone in tutti i continenti e che è riuscito, attraverso un paziente impegno collettivo e rapporti con i diversi governi, a diminuire il numero dei Paesi mantenitori, a partire dall’Africa che potrà essere, in futuro, il secondo continente libero dalla pena di morte”. 

Due giorni prima, il 28 novembre, si svolgerà, a Roma, presso la Nuova Aula dei Gruppi parlamentari della Camera dei Deputati, il decimo “Incontro internazionale dei ministri della Giustizia” per “Un mondo senza pena di morte”, promosso dalla Comunità di Sant’Egidio insieme al Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione italiano e alla Confederazione svizzera.

https://agensir.it/

martedì 21 novembre 2017

10° Incontro Internazionale dei ministri della Giustizia

Martedì 28 novembre 2017 la Camera dei Deputati, nell’aula del Palazzo dei gruppi parlamentari, ospiterà il 10° incontro internazionale dei ministri della Giustizia dal titolo "Un mondo senza pena di morte".
L'incontro vuole essere uno spazio di confronto e dialogo, alla ricerca di percorsi possibili per una gestione più umana della giustizia, un'occasione per offrire sostegno e strumenti giuridici a quegli Stati che stanno intraprendendo un percorso verso l’abolizione o la sospensione della pena di morte. 
Riaffermare la sacralità della vita e diffondere una cultura della pace può togliere terreno alla paura, che in questo tempo difficile rischia di prevalere.
Il Convegno è organizzato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale italiana, dalla Comunità di Sant'Egidio e dalla Confederezione Svizzera.
Per poter partecipare all'evento è necessario confermare entro venerdì 24 novembre 2017 la propria adesione al numero di telefono 39 06 585661 o scrivendo una email a eventi@santegidio.org



In un tempo di guerra diffusa come il nostro, invocare soluzioni semplificate e ricercare capri espiatori, in nome della sicurezza, può sembrare naturale e riscuotere consensi. Il terrorismo alza il livello della violenza e spinge l’opinione pubblica a schierarsi: con o contro. E contro equivale a sopprimere, anche fisicamente, il violento. Questo favorisce la propaganda della paura e diffonde nella società una cultura di morte.  La violenza fa il gioco della paura, così la pena di morte è espressione di una cultura violenta e non aiuta a combattere il crimine. 
La pena capitale – lo dimostrano tanti studi e statistiche – non è un deterrente, non diminuisce i crimini commessi, non garantisce maggiore sicurezza e aggiunge solo altra violenza e altra morte. E soprattutto quando uno Stato uccide in nome della legge, abbassa il livello del suo sistema legislativo al livello di chi uccide.  


giovedì 16 novembre 2017

Grande Concerto il 30 novembre al Colosseo

Grande Concerto il 30 novembre al Colosseo con Max Giusti e tanti amici dello spettacolo e dello sport per restituire umanità alla città di Roma. Il 30 novembre non vogliamo stare a casa, ma sulla piazza del Colosseo, dove ricordiamo l'anniversario della prima abolizione della pena di morte nel 1786. 
Da Roma, dal Colosseo, con la musica vogliamo raggiungere il mondo intero e sognare una giustizia che non toglie la vita e riconosce un futuro a tutti. 
Ci vediamo al Colosseo alle 18.30! 
E non dimentichiamo di Twittare #PenaDiMorteMai

Partecipa anche tu perché non c'è giustizia senza vita. 
Visita la mappa delle città http://nodeathpenalty.santegidio.org/






giovedì 2 novembre 2017

Andrea Riccardi sulla pena di morte: orrore e ingiustizia


In un editoriale di Famiglia Cristiana Andrea Riccardi parla di pena di morte partendo dal dramma di Ahmadreza Djalali, ricercatore e medico condannato a morte in Iran.

Con tutto il suo orrore e la sua insita ingiustizia, la pena di morte non può mai avere giustificazioni, né politiche, né giuridiche, né religiose. Su questo anche l'insegnamento tradizionale della Chiesa sta cambiando. 

Ahmadreza Djalali, ricercatore e medico iraniano di 45 anni, esperto in medicina d'emergenza, è stato condannato a morte nel suo Paese con l'accusa di spionaggio. Il processo, cui è seguita la condanna, è avvenuto senza garanzie, mentre l'imputato ha conosciuto terribili condizioni di carcerazione. Molti, in Europa, tra cui tanti che l'hanno stimato nell'università italiana, si sono mobilitati per lui. Una così corale testimonianza in favore di Djalali (sono state raccolte 220 mila firme) dovrebbe indurre al ripensamento le autorità iraniane. Lo auspichiamo.

Anche in questo caso, si misurano l'orrore e l'ingiustizia della pena di morte, quando lo Stato si arroga il diritto di decidere sulla vita di un uomo. Purtroppo, la condanna capitale è ammessa in grandi Paesi, come gli Stati Uniti e la Cina, ma anche in molti Paesi musulmani, tra cui Iran, Arabia Saudita e Indonesia, dove è giustificata con la legge islamica. Tuttavia il caso di Ahmadreza Djalali impone nuovamente una riflessione. Davanti alla vita di un uomo, al dramma della sua famiglia, al dolore dei figli, la pena di morte non ha mai giustificazione: né politica, né giuridica, né tantomeno religiosa. In questo senso, la nostra generazione ha capito in profondità qualcosa che le precedenti avevano purtroppo sottovalutato.

Recentemente papa Francesco ha dato voce a questa coscienza: «È in sé stessa contraria al Vangelo». Parole limpide: chiariscono finalmente le ambiguità del Catechismo della Chiesa cattolica che, per l'esigenza di continuità con l'insegnamento tradizionale, aveva mantenuto la possibilità della pena di morte, pur circondandola di cautele e distinguo. Si legge nel Catechismo: «L'insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude (...) il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l'unica via praticabile», anche se ormai «i casi in cui si rende necessaria la soppressione del reo sono molto rari se non addirittura praticamente inesistenti». Affermazioni, queste, che non convincevano alla luce del Vangelo.

Francesco ha riconosciuto che la pena di morte è stata accettata passivamente dai cristiani. «Qui», ha detto, «non siamo in presenza di contraddizione alcuna con l'insegnamento del passato, perché la difesa della dignità della vita umana dal primo istante del concepimento fino alla morte naturale ha sempre trovato nell'insegnamento della Chiesa la sua voce coerente e autorevole». Il cambiamento è una comprensione più profonda del messaggio cristiano. Papa Giovanni XXIII affermò: «Non è il Vangelo che cambia, siamo noi che cominciamo a comprenderlo meglio».

venerdì 27 ottobre 2017

Storica decisione: il Guatemala verso l'abolizione della pena di morte

Non possiamo che felicitarci per la storica decisione presa dalla più alta Corte del Guatemala che sta portando il paese all'abolizione della pena di morte. 

La notizia è di ieri 26 ottobre 2017. La Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale l'applicazione della pena di morte per tutti i reati per cui è contemplata dall'articolo 18 della Costituzione.  Naturalmente l'articolo 18 della Costituzione  rimane ancora in vigore, solo il Congresso potrà abolirlo ed è questo il nostro auspicio.

Ma la decisione della Corte Costituzionale, che avrà effetto una volta pubblicata nel bollettino ufficiale del governo, è molto importante e definitiva e rappresenta un passo avanti verso l'abolizione "de iure" e comunque un riempimento dell'incertezza legislativa che prima contraddistingueva la materia. E' da notare infatti che la presente risoluzione della Corte Costituzionale giunge a colmare un vuoto legislativo che si era creato nel 2004 quando l'ex presidente Portillo aveva esteso la sua prerogativa di concedere l'indulto (decreto 159) anche ai condannati a morte, per cui da quel punto in poi l'applicazione della pena capitale era stata "di fatto" sospesa. Ciò comunque bastava per annoverare il paese già da allora tra gli abolizionisti di fatto.

Finora la legge guatemalteca lasciava la pena capitale  nei  casi di omicidi di persone di età inferiore ai 12 anni o più di 60 anni, sequestri in cui la vittima fosse gravemente ferita o il caso di morte, nei casi di assassinio del presidente, o in alcuni reati legati al traffico di droga. Ora non vi sono più delitti per cui è applicabile la pena di morte. 

"Non possiamo permetterci di essere uno degli ultimi paesi che applicano tale sanzione", ha dichiarato Jose Alejandro Valverth Flores, uno degli avvocati che ha presentato la petizione alla Corte Costituzionale per dichiarare incostituzionale gli articoli pertinenti del codice penale e una legge che disciplina i reati di droga.
"Crediamo  sia necessario per il rispetto dei diritti umani in Guatemala", ha poi aggiunto. La nazione centroamericana non ha applicato una pena di morte per alcuni anni, in linea con un accordo regionale sui diritti umani.

La pena di morte rimane sui libri almeno nominalmente per il sistema giudiziario militare di Guatemala.

Nelle Americhe la pena di morte, insieme agli Stati Uniti, rimane ancora in Puerto Rico, Cuba, Guyana e Giamaica.









Graziati 1600 prigionieri in Turkmenistan per la festa dell'indipendenza


ACHKHABAD (Turkménistan), 26 ottobre 2017 (AFP) Il presidente del Turkmenistan ha graziato più di 1600 prigionieri in occasione della celebrazione della indipendenza di questa  ex-repubblica sovietica dell'Asia centrale. 
Lo hanno annunciato i media locali, in particolare secondo  il quotidiano di governo Turkménistan Neutale, il presidente  Gourbangouly Berdymoukhamedov avrebbe graziato 1636  "per rafforzare l'unità e la coesione della società turkmena et delle famiglie ".

La misura riguarda anche molti detenuti stranieri., ma il loro numero non è noto. 

Simili amnistie sono state annunciate a più riprese anche nel passato in questo paese,  spesso il occasione di feste nazionali importanti.  Il provvedimento non ha riguardato i detenuti per delitti legati al traffico di droghe, per omicidio o tradimento. 

Nel 2010 Gourbangouly Berdymoukhamedov, che ha 60 anni, aveva amnistiato 3.999 prigionieri, la grande grazia collettiva accordata dal suo arrivo al potere nel 2006.  

lunedì 23 ottobre 2017

Da Avvenire: "NON UCCIDERE", STOP

Il Nuovo Testamento è autentico, veritiero e storico

di Pier Giorgio Liverani
domenica 22 ottobre 2017

Non è facile individuare il perché di chi, ateo o agnostico, tenta di... squalificare Gesù. Un americano, che La Repubblica definisce «biblista», un certo Bart Ehrman, già cristiano tra gli «evangelisti» e ora ateo, ha scritto in un libro che Gesù era «uno dei tanti profeti apocalittici [?] esistenti in Palestina a quei tempi... e divinizzato in seguito ad opera dei suoi fedeli, Paolo in primis». Sarebbero stati «i primi cristiani a ricordare, manipolare e inventare le storie su Gesù». Questo perché – e qui interviene La Repubblica (giovedì 18) – «parole e azioni di Gesù sono circolate per molto tempo in modo orale dopo la sua morte», cosicché «il tempo e il passaggio da bocca a bocca può averle modificate».

Tesi vecchia fra le tante altre simili, perfino ingenua se si crede di poter demolire addirittura Dio. Il loro odore di stantio stimola un triste sorriso compassionevole. Sembra che non conoscano, per esempio, il meticoloso stile di Luca, il quale apre il suo Vangelo dichiarando di aver fatto «ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, per scrivere un resoconto ordinato». Lo stesso può dirsi per gli Atti, mentre non pare che Ehrman abbia valutato la parziale coesistenza di Paolo giovane con Gesù uomo maturo, l'esattezza dei fatti storici confrontata con tutte le fonti esistenti e infine la capacità del popolo ebraico di trasmettere a voce testi difficilmente divulgabili con la scrittura.

Ne dà prova l'ebraico Seder (ordine) pasquale e la sua haggadah (narrazione orale in famiglia) di quando «il Signore nostro Dio, con mano forte e braccio disteso, ci fece uscire di là» (dall'Egitto); e la letteratura pagana di quegli stessi popoli. Quaranta o cinquant'anni tra l'Ascensione di Cristo e il primo scritto di Marco o i cento del Vangelo di Giovanni trascorsi in parte con la Madre di Gesù non sono poi tanti in quel clima in cui ogni conoscenza, tradizione, fede religiosa si tramandava a voce da padre a figlio (come anche oggi e non solo a Pasqua si fa tra molti cattolici nelle loro case). 

"NON UCCIDERE", STOP
«Non uccidere»: due parole secche, «senza se e senza ma», per il 5° comandamento, fonte delle leggi di due terzi dei Paesi del mondo che hanno abolita la pena di morte, mentre gli altri sono tra i più problematici del mondo (Cina, Arabia Saudita, Iran, Pakistan, Bangladesh e anche Usa). La nostra Costituzione repubblica non prevede la pena di morte e così l'Europa Unita. 

Anche il Catechismo cattolico ora la condannerà senza eccezioni (merito di Francesco). Invece la settimana scorsa i quotidiani erano quasi tutti indignati per l'accusa di «uccisione volontaria» all'avvocato che, a Latina, ha ucciso un ladro in casa disarmato e in fuga. Il comandamento non prevede casi estremi, difese dal ladro disarmato in casa. Nessuno si è chiesto «se» valga più una refurtiva o la vita di un ladro (che ne ha tanto diritto quanto noi) o il «ma» che lui rubava.

giovedì 19 ottobre 2017

Una buona notizia dal Texas: l'esecuzione di Anthony è stata rinviata


La notizia è che a poche ore dall'iniezione letale un giudice ha chiesto di fermare l'esecuzione di Anthony, grazie a un procuratore che crede siano necessarie ulteriori indagini sul caso. 

Ora l'esecuzione è fissata per il prossimo 18 gennaio, tre mesi di tempo per sperare ancora e per vivere ancora. 


Ringraziamo tutti quelli che si sono uniti al nostro Appello Urgente per la salvezza di Anthony.

A chi ci chiede:  E se Anthony fosse veramente stato così crudele? Rispondiamo che forse Anthony in tutti questi anni è diventato un altro uomo, che non è più quel ragazzo di allora. Rispondiamo che sentiamo di dover obbedire al comandamento Non Uccidere.

Ora Hans potrà scrivergli un'altra lettera, l'amicizia continua, mentre continuiamo a mandare appelli e a pregare perché la clemenza vinca sulla pena senza appello.