venerdì 16 maggio 2014

Meriam Yehya Ibrahim avrà un nuovo processo

Meriam Yehya Ibrahim, la giovane sudanese di 27 anni, cristiana incinta di otto mesi, condannata a morte per impiccagione da un tribunale sudanese con l'accusa di apostasia, avrà un nuovo processo e la nuova sentenza non prevederà la pena di morte. 
Il pronunciamento è atteso a breve, fra poche settimane.

Lo ha annunciato l'ong 'Sudan change now' secondo quanto riferito dall'organizzazione Italians for Darfur. Il giudice aveva inflitto a Mariam anche la pena di 100 frustate per adulterio. 

La vicenda di Meriem si inserisce in due filoni più ampi: la battaglia contro la pena di morte e la persecuzione contro i cristiani. Ieri al Colosseo, con la Comunità di Sant'Egidio e la Comunità ebraica romana, ebrei cristiani e musulmani hanno detto no al silenzio complice perché cessino le persecuzioni a motivo della fede. Il Colosseo si è spento per ricordare le vittime in Nigeria, in Siria e nel mondo intero e per dire che non sono dimenticati. 

http://www.santegidio.org/pageID/


A difesa della donna nei giorni scorsi erano scese in campo numerose ambasciate dei Paesi occidentali e organizzazioni in difesa dei diritti civili che ne avevano chiesto l'immediato rilascio. Le ambasciate di Canada, Gran Bretagna, Olanda e Stati Uniti hanno chiesto al Governo sudanese di intervenire sul caso "con giustizia e compassione in linea con i valori del popolo sudanese".

La donna sta avendo una gravidanza difficile, ma le autorità hanno respinto la richiesta di trasferirla in un ospedale privato “a causa delle misure di sicurezza” lo ha riferito alla Cnn il legale della donna, Mohamed Jar Elnabi. E' in carcere, con un altro figlio di 20 mesi, dallo scorso febbraio in seguito alla denuncia di un parente.    “E’ molto forte e molto decisa”, ha sottolineato il legale, ma provata dalla difficile situazione, anche il bambino di 20 mesi presenta  difficili condizioni di salute, è sempre malato per la mancanza di igiene e la presenza di cimici, riferisce ancora il legale della donna: "risente del fatto di essere rinchiuso in prigione da così tenera età".  Da parte sua, il marito della donna, Daniel Wani, ha espresso alla Cnn la propria frustrazione: “Non so cosa fare. Prego”.  Wani è su una sedia a rotelle e “dipende completamente da lei per ogni aspetto della propria vita”, ha sottolineato l’avvocato.

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