Nisida, Napoli |
Il dibattito
Carcere minorile chance di recupero
di Antonio Mattone
“Permettere ai ragazzi che hanno già cominciato un percorso di recupero negli istituti di pena minorili di non interromperli a 21 anni, ma di arrivare fino a 25”: il ministro della Giustizia Orlando ha così annunciato dal carcere di Nisida un importante provvedimento che il Governo si prepara ad emanare nei prossimi giorni. Con questa norma si consentirà ai giovani detenuti che frequentano i laboratori artigianali, i corsi per diventare pizzaioli o cuochi, scuola alberghiera o teatro, di non interrompere un cammino di riabilitazione orientato al reinserimento, per ritrovarsi all’improvviso all’ “università del crimine”, a Poggioreale o in un altro carcere per adulti.
Il luogo scelto dal Guardasigilli per comunicare questa rilevante svolta è particolarmente significativo. L’istituto minorile di Nisida è conosciuto in Italia e nel mondo per le numerose e qualificanti attività e il grande impegno di
passione e professionalità con cui gli operatori e gli educatori cercano di strappare i giovani alle maglie della criminalità. A Nisida si respira aria di riscatto, la voglia di rimettersi in gioco e di sfidare quel destino che sembra già segnato.
Non si potrebbe estendere questa norma anche ai giovani maggiorenni che finiscono in galera per la prima volta, magari creando dei circuiti penitenziari dedicati? Infatti, nel padiglione Firenze del carcere di Poggioreale dove sono reclusi i detenuti alla prima esperienza detentiva, si incontrano tanti giovanissimi, alcuni dai tratti marcatamente adolescenziali, tanto da indurre a pensare che siano capitati lì per errore.
Esistenze bruciate per uno sguardo di troppo, per una reazione incontrollata dovuta all’assunzione di sostanze stupefacenti che hanno portato a commettere anche crimini efferati. Altre volte, invece, è l’appartenenza a una certa “famiglia” a determinare comportamenti criminogeni. Penso ai giovani reclusi che hanno davanti lunghe pene da scontare e che si perderanno nei meandri delle galere italiane. Qualcuno chiede di poter andare in un carcere dove possa impiegare in modo fruttuoso i tanti anni di reclusione che gli stanno davanti. Prendere un diploma, lavorare stabilmente all’interno dei penitenziari, fare scuola di teatro sono alcune delle richieste più frequenti, tanto spesso alimentate da discorsi di seconda o terza mano ascoltati da altri carcerati. Invece di affidarsi a “radio carcere” queste richieste non potrebbero essere gestite a livello istituzionale e trovare collocazione in istituti di pena dedicati a questi giovani detenuti?
Sappiamo quanto sia diffuso a Napoli e nella nostra regione il fenomeno della violenza e della delinquenza minorile. Sappiamo anche che quasi nulla viene fatto per arginare questa deriva. Le agenzie educative non hanno risposte . I risultati sono sotto gli occhi di tutti con il dilagare delle baby gang e dei tanti episodi di bullismo che vedono coinvolti numerosi minori. La scuola è impotente, gli assistenti sociali inesistenti, solo pochi maestri riescono a coinvolgere in qualche sporadica e ammirevole iniziativa i ragazzi, offrendo quella speranza e quella paternità di cui i giovani napoletani sono orfani.
In questo deserto da qualche parte bisogna pur cominciare. Forse allora si potrebbe ripartire proprio dalle carceri, da questi luoghi dove i giovani non sarebbero mai dovuti arrivare.
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