giovedì 12 aprile 2018

Insieme agli ex condannati per dire che la pena di morte non è giustizia

Ad Abidjan in Congresso per dire che l'Africa sarà il prossimo continente abolizionista

"Vi imploro tutti ad alzarci e dire no alla pena di morte" ha detto l'ugandese Susan Kigula, che ha trascorso 15 anni nel braccio della morte nel suo paese, accusata di aver ucciso il marito, anche se ha sempre reclamato la sua innocenza.

Insieme a lei gli ex detenuti testimoni hanno alzato il loro grido per chiedere la fine della pena di morte in Africa, con la speranza che sia il "prossimo continente abolizionista". Rilasciata nel 2016, questa donna madre di due figli, ha conseguito durante la detenzione di una laurea in legge presso l'Università di Londra, e non ha smesso di lottare contro la pena di morte in Uganda.

Un altro testimone Pete Ouko, rilasciato nel 2016 dopo 18 anni nel braccio della morte in Kenya per un omicidio che ha sempre negato, ha parlato delle cause sociali della criminalità. È diventato avvocato durante la detenzione, una volta libero ha fondato un'associazione per aiutare i giovani a non cadere nella delinquenza e per aiutare chi esce dal carcere a reinserirsi nella società. Durante il Congresso ha dichiarato:  "Vedo un graduale cambiamento nell'atteggiamento della gente, i Keniani  non vogliono più la pena di morte e credo sia così in tutta Africa orientale ".

Dei 55 paesi del continente africano, 19 hanno già abolito la pena di morte, e 24 più la pratica, anche se è ancora in vigore, secondo i dati dell'associazione Insieme contro la pena di morte (EPCM) , che ha organizzato un congresso su questo tema lunedì e martedì nella capitale economica ivoriana.

Tuttavia, 12 paesi africani praticano ancora la pena capitale, 855 condanne sono state emesse a 68 persone giustiziate nel 2016 in Africa, secondo i dati di EPCM (Botswana, Egitto, Etiopia, Guinea Equatoriale, Libia, Nigeria, Uganda, Somalia, Sudan , Sud Sudan, Ciad, Zimbabwe).

"Con la pena di morte, le persone non cercano giustizia, ma vendetta, non è possibile applicare la pena di morte!", ha detto Kajeem, una artista reggae ivoriano denunciando le indagini superficiali praticate nei paesi africani.

"La pena di morte è discriminatoria, colpisce soprattutto i poveri, che non possono permettersi di difendersi", ha detto Chenuil-Hazan. Produce "discriminazione sociale", prima ancora di quella razziale, come negli Stati Uniti, dove i neri sono condannati più dei bianchi.

"La pena di morte è anche uno strumento per sbarazzarsi degli oppositori politici in molti regimi", continua. In effetti "la questione della pena di morte è la porta di accesso a tutte le questioni dei diritti umani".

Nessun commento:

Posta un commento

I vostri commenti sono graditi. La redazione si riserva di moderare i commenti che non contribuiscono alla rispettosa discussione dei temi trattati