lunedì 11 aprile 2016

Sudafrica un esempio per superare i conflitti

di Agnese Moro

da La Stampa, 
10 aprile 2016

Nell'aprile del 1996 la Commissione per la verità e la riconciliazione della Repubblica Sudafricana teneva la sua prima seduta pubblica. 

Voluta da Mandela per fare luce sulle violazioni dei diritti umani durante l'apartheid, la Commissione - presieduta da Desmond Tutu - aveva adottato un modello di giustizia fondato sull'ascolto, in udienze pubbliche, di migliaia di vittime e di "perpetratori", con il potere di concedere a questi ultimi l'amnistia, a condizione, tra l'altro, di una piena ammissione dei crimini.

Per avere un'idea di come si svolgessero le sedute guardate una puntata della trasmissione "Un giorno in Pretura" (www.youtube.com/watch?v=JRgpjC_VvIs) che ce ne propone una, tradotta. È un'esperienza, quella sudafricana, non unica, né anticipatrice, ma alla quale in tanti fanno riferimento per la capacità che ha avuto di accompagnare una così ampia ridistribuzione del potere e per le tante indicazioni che dà a coloro che cercano modelli di erogazione della giustizia più attenti alle ferite delle vittime e dei colpevoli e alla ricostruzione di legami sociali compromessi dai conflitti.

Molto opportunamente il Dipartimento di Scienze religiose dell'Università Cattolica di Milano, in collaborazione con il progetto "Giustizia e letteratura" del Centro Studi "Federico Stella" sulla Giustizia penale e la Politica criminale ha voluto ricordare questo importantissimo avvenimento con il convegno internazionale "Conflitto, ragione e riconciliazione.

Il Sudafrica vent'anni dopo" al quale hanno preso parte figure di primo piano che quella esperienza l'hanno vissuta - come Pumla Gobodo-Madikizela e Albie Sachs, narrata - come Robi Damelin e Etienne van Heerden, o studiata - come Eddy van der Borght e John De Gruchy. Molto opportunamente, dicevo, perché il tema non è commemorativo: non riguarda tanto il passato quanto il presente e il futuro di un mondo che se vuole andare avanti deve imparare a curare le terribili ferite che ogni conflitto lascia dietro di sé, e che non guariscono da sole. Rischiando sempre di diventare il terreno favorevole per nuovi conflitti. In una spirale che bisogna avere la capacità di spezzare.

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