sabato 25 giugno 2016
venerdì 24 giugno 2016
Patrick Balemba: la lotta per i diritti e per l'abolizione della pena di morte in Afriica
L'avvocato Patrick Balemba dalla Repubblica Democratica del Congo, avvocato, partecipa al Congresso mondiale contro la pena di morte a Oslo. Ha preso la parola questa mattina al Congresso Mondiale contro la Pena di Morte al Panel dedicato all'Africa e al sostegno della ratifica dei protocolli addizionali dell'unione africana.
Patrick ha parlato del metodo di Sant'Egidio partendo dalla lotta per i diritti di ogni cittadino africano, come la registrazione anagrafica, il diritto alla scuola.
Ha poi concluso spiegando come l'avanzamento della lotta per l'abolizione della pena di morte avviene con il miglioramento dell'informazione e il coinvolgimento di tutti gli strati della popolazione e anche attraverso i Convegni dei Ministri della Giustizia che favoriscono dei passi avanti con l'originale metodo del confronto costruttivo a livello politico tra paesi mantenitori e retenzionisti.
giovedì 23 giugno 2016
Leonardo Tranggono: fare rete per una cultura abolizionista
dall'Agenzia Fides
Interviene Leonardo Tranggono al Congresso Mondiale contro la pena di morte.
Per vincere la battaglia contro la pena capitale in Indonesia e nelle Filippine: fare rete per una cultura abolizionista
“La campagna per l'abolizione della pena di morte è una grande sfida per proteggere la vita, per promuovere la giustizia e per umanizzare le nostre società. Tuttavia, la campagna può avere successo quando i cittadini stessi diventano promotori di una cultura abolizionista.
Continueremo a sensibilizzare le coscienze, in particolare, in contesti asiatici come quelli di Indonesia e Filippine”: lo dice all’Agenzia Fides Leonardo Tranggono, rappresentante della Comunità di Sant’Egidio presente al 6° Congresso mondiale contro la pena di morte in corso a Oslo, dove sono riuniti membri dei Parlamenti ed esponenti dei governi giunti da tutto il mondo per confrontarsi sul tema della pena capitale.In Indonesia si è applicata una moratoria fino al 2004.
“Sant'Egidio ha contribuito ad una intensa campagna di sensibilizzazione che ha portato petizioni in Indonesia e in Europa in occasione della condanna morte dei tre cattolici, Tibo, Dominggus e Marinus, accusati di incitare sommosse a Poso. Nonostante dubbi sulla loro colpevolezza, furono a morte. L'impegno è continuato nel 2008 con appelli per Amrozi, il terrorista autore degli attentati di Bali del 2002. E nel 2014, con altre associazioni, ci si è affiancati al governo indonesiano a salvare la vita della indonesiana Wilfrida Soik, condannata a morte in Malesia e poi liberata”. L'Indonesia ha ripreso le esecuzioni capitali nel 2015: sei condannati sono stati giustiziati a gennaio 2015, otto ad aprile 2015, mentre 48 esecuzioni sono programmate per la fine del Ramadan, alla fine di luglio. Tutte le esecuzioni nel 2015 sono state relative a reati di droga.
“La battaglia per l'abolizione pena di morte – osserva Tanggono – non è ancora stata vinta in Indonesia. Continueremo a tessere una rete con tutte le componenti della società civile, con studenti, professori universitari, attivisti, gruppi religiosi e chiese, confraternite islamiche, associazioni, per promuovere raccolte di firme, incontri con le istituzioni nazionali ed internazionali e con le autorità pubbliche. Il fine è creare una consapevolezza diffusa su questo argomento con ricadute culturali positive”.
Stesso approccio varrà per le Filippine, dove di recente il neoeletto presidente Rodrigo Duterte ha affermato di voler reintrodurre la pena capitale. “Queste iniziative – conclude Tranggono – non devono essere interpretate come mosse non anti-governative. Piuttosto promuovono un diverso modello di giustizia, spingendo le istituzioni alla ricerca di risposte autenticamente umane alle legittime richieste, nate in seno alla cittadinanza, di giustizia e sicurezza”.
mercoledì 22 giugno 2016
Papa Francesco: “La pena di morte è inammissibile”
Con un VIDEO MESSAGGIO Papa Francesco si rivolge a tutte le autorità, le associazioni, gli attivisti e la società civile presenti a Oslo in occasione del Congresso Mondiale contro la Pena di Morte
Ecco le sue parole:
“Spero che questo Congresso possa dare nuovo impulso all’impegno per l’abolizione della pena capitale”. È l’auspicio con cui Papa Francesco chiude il videomessaggio inviato al Congresso mondiale contro la pena di morte apertosi oggi nella capitale norvegese di Oslo. L’evento è promosso dalla Ong francese “Ensemble contre la peine de mort” e dalla “World Coalition Against Death Penalty”, di cui fanno parte circa 140 organizzazioni da tutto il mondo. La pena di morte, afferma il Papa, qualsiasi sia il reato, “è inammissibile”. Contro la pena di morte, nota Francesco, si registra una “crescente opposizione”, “anche come strumento legittimo di difesa sociale”.
Il Papa, riporta Radio Vaticana, “si congratula con organizzatori e partecipanti di ogni ordine e grado presenti a Oslo per il Congresso. Ed è diretto: uccidere un reo non ha niente a che vedere con la giustizia, perché in sostanza stimola a considerare un condannato con implacabile disumanità e quasi mai come qualcuno che possa riscattarsi”. Afferma, infatti, Francesco: “Oggi la pena di morte è inammissibile, per quanto sia grave il reato commesso dal condannato. È un affronto all’inviolabilità della vita e della dignità della persona umana che contraddice il disegno di Dio sull’uomo, la società e la sua giustizia misericordiosa (…). Essa non rende giustizia alle vittime, ma incoraggia la vendetta. Il comandamento ‘Non uccidere’ ha un valore assoluto e riguarda sia l’innocente sia il colpevole”.
Nell’Anno Santo della misericordia, il Papa riconosce “una buona occasione per promuovere nel mondo forme sempre più mature di rispetto per la vita e la dignità di ogni persona”, giacché – ribadisce – “il diritto inviolabile alla vita, dono di Dio, appartiene anche a chi ha commesso un crimine”: “Vorrei incoraggiare tutti a lavorare non solo per l’abolizione della pena di morte, ma anche per il miglioramento delle condizioni della detenzione, a rispettare pienamente la dignità umana delle persone private della libertà. ‘Fare giustizia’ non significa una pena fine a se stessa, ma che le pene hanno come scopo principale la riabilitazione del reo”. La questione, conclude Francesco, deve essere “inquadrata nell’ottica di una giustizia penale aperta alla speranza di reinserimento del reo nella società”: “Non c’è nessuna pena valida senza la speranza! Una pena chiusa in se stessa, che non porta alla speranza, è una tortura, non una pena”.
Ecco le sue parole:
“Spero che questo Congresso possa dare nuovo impulso all’impegno per l’abolizione della pena capitale”. È l’auspicio con cui Papa Francesco chiude il videomessaggio inviato al Congresso mondiale contro la pena di morte apertosi oggi nella capitale norvegese di Oslo. L’evento è promosso dalla Ong francese “Ensemble contre la peine de mort” e dalla “World Coalition Against Death Penalty”, di cui fanno parte circa 140 organizzazioni da tutto il mondo. La pena di morte, afferma il Papa, qualsiasi sia il reato, “è inammissibile”. Contro la pena di morte, nota Francesco, si registra una “crescente opposizione”, “anche come strumento legittimo di difesa sociale”.
Il Papa, riporta Radio Vaticana, “si congratula con organizzatori e partecipanti di ogni ordine e grado presenti a Oslo per il Congresso. Ed è diretto: uccidere un reo non ha niente a che vedere con la giustizia, perché in sostanza stimola a considerare un condannato con implacabile disumanità e quasi mai come qualcuno che possa riscattarsi”. Afferma, infatti, Francesco: “Oggi la pena di morte è inammissibile, per quanto sia grave il reato commesso dal condannato. È un affronto all’inviolabilità della vita e della dignità della persona umana che contraddice il disegno di Dio sull’uomo, la società e la sua giustizia misericordiosa (…). Essa non rende giustizia alle vittime, ma incoraggia la vendetta. Il comandamento ‘Non uccidere’ ha un valore assoluto e riguarda sia l’innocente sia il colpevole”.
Nell’Anno Santo della misericordia, il Papa riconosce “una buona occasione per promuovere nel mondo forme sempre più mature di rispetto per la vita e la dignità di ogni persona”, giacché – ribadisce – “il diritto inviolabile alla vita, dono di Dio, appartiene anche a chi ha commesso un crimine”: “Vorrei incoraggiare tutti a lavorare non solo per l’abolizione della pena di morte, ma anche per il miglioramento delle condizioni della detenzione, a rispettare pienamente la dignità umana delle persone private della libertà. ‘Fare giustizia’ non significa una pena fine a se stessa, ma che le pene hanno come scopo principale la riabilitazione del reo”. La questione, conclude Francesco, deve essere “inquadrata nell’ottica di una giustizia penale aperta alla speranza di reinserimento del reo nella società”: “Non c’è nessuna pena valida senza la speranza! Una pena chiusa in se stessa, che non porta alla speranza, è una tortura, non una pena”.
140 gli stati abolizionisti, ma c'è bisogno di maggiore impegno
da Radio Vaticana
Al via da ieri al 23 giugno ad Oslo, in Norvegia, il sesto Congresso mondiale contro la pena di morte, con l’obiettivo di aumentare la sensibilizzazione dell’opinione pubblica internazionale e di spingere sempre più Paesi ad aderire ad una moratoria completa delle esecuzioni. Finora 140 gli Stati abolizionisti ma la tendenza non è sempre positiva, come spiega Antonio Stango, coordinatore del Congresso, al microfono di Stefano Leszczynski:
Al via da ieri al 23 giugno ad Oslo, in Norvegia, il sesto Congresso mondiale contro la pena di morte, con l’obiettivo di aumentare la sensibilizzazione dell’opinione pubblica internazionale e di spingere sempre più Paesi ad aderire ad una moratoria completa delle esecuzioni. Finora 140 gli Stati abolizionisti ma la tendenza non è sempre positiva, come spiega Antonio Stango, coordinatore del Congresso, al microfono di Stefano Leszczynski:
R. – Il dato è che ogni anno ormai aumentano i Paesi che aboliscono la pena di morte totalmente o che passano dall’abolizione di fatto all’abolizione anche di diritto, così come – e questa fu proprio un’idea lanciata nel 1994 da "Nessuno tocchi Caino" – aumentano i Paesi che votano in favore della moratoria universale delle esecuzioni all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Il dato negativo, però, è che fra quei Paesi che mantengono la pena di morte e che praticano le esecuzioni, queste sono, soprattutto nell’ultimo anno, aumentate numericamente in alcuni di essi. Per esempio, nel caso dell’Iran, dell’Arabia Saudita e in quello dell’Iraq. C’è un grande Paese, che è la Cina, che esegue più sentenze capitali ma in cui, per buona sorte, c’è un trend di riduzione delle esecuzioni da alcuni anni a questa parte e ci sono più filtri per poter emettere e passare in giudicato una condanna capitale. Ci sono, quindi, segnali divergenti, ma è senz’altro vero che sempre più Stati stanno andando verso l’abolizione.
D. – Il Congresso mondiale contro la pena di morte, ormai arrivato alla sua sesta edizione, quest’anno avrà un focus speciale sull’Asia…
R. – Il Congresso è un’attività molto complessa che, oltre alle tre giornate ufficiali, vedrà una serie di eventi collaterali anche all’università di Oslo, dove si dibatteranno molti temi. Il focus particolare è appunto sull’Asia, che è la regione del mondo dove avvengono più esecuzioni e dove, comunque, ci sono segnali positivi che noi cerchiamo di cogliere. Ad esempio, la Mongolia, che sarà presente con il ministro della Giustizia al Congresso, ha definitivamente abolito la pena di morte dai propri codici penali nel 2015, con una normativa nuova che entrerà in vigore dal settembre di quest’anno. Quindi, ci sono esempi che noi cercheremo di proporre attraverso un dialogo multilaterale anche ad altri Stati. La questione del terrorismo legato alla pena di morte purtroppo è qualcosa che in alcuni Paesi ha portato a riprendere esecuzioni che non avvenivano da molti anni – è il caso ad esempio della Giordania. Si intende che la pena di morte per i terroristi non può essere la soluzione, tanto più per persone che scelgono purtroppo la morte come loro obiettivo per se stessi e per gli altri. Quindi, si dibatterà di questo. Fra l’altro, al tema di “Terrorismo e pena di morte” sarà dedicata la Giornata contro la pena di morte di quest’anno, il 10 ottobre.
II dramma delle madri dei condannati a morte
Succede in Bielorussia, unico e ultimo paese europeo dove la pena capitale viene ancora applicata, dove Ljubov Kovalova piange suo figlio Vlad Kovalov ucciso con la pena di morte qualche anno fa.
Le è accanto e la difende Andrej Paluda, responsabile della campagna per i Diritti dell'Uomo contro la pena di morte in Bielorussia per l'Associazione Viasna (che vuol dire Primavera). Gli fanno eco Valentin Stefanovitch, vice presidente del Centro Diritti dell'Uomo di Viasna e Palina Stepanienka, giornalista bielorussa.
Al Panel dedicato alla Bielorussia presentano un libro che contiene le immagini e i racconti della realtà terribile nei bracci della morte in Bielorussia dal titolo "The death penalty in Belarus". Ci sono 4 persone nel braccio della morte a Minsk, per loro si combatte con appelli e richieste al Presidente, nell'attesa di decisioni eque e per la memoria di chi è stato già messo a morte.
Molte domande, ad alcune è difficile dare una risposta. Ma l'associazione Viasna sa di non essere sola, si lega alle altre, come Sant'Egidio e Tamara Chikunova, donna coraggiosa che non abbandona altre madri che soffrono per l'ingiustizia della pena estrema assoluta, lei che ha avuto suo figlio,
innocente, ucciso nel braccio della morte in Uzbekistan.
Ma le cose possono cambiare, è questo che sono venuti a dire le 1500 persone che affollano il Congresso, come è avvenuto nel 2008 in Uzbekistan. Ma per realizzare questa speranza c'è ancora molto lavoro da fare insieme
Le è accanto e la difende Andrej Paluda, responsabile della campagna per i Diritti dell'Uomo contro la pena di morte in Bielorussia per l'Associazione Viasna (che vuol dire Primavera). Gli fanno eco Valentin Stefanovitch, vice presidente del Centro Diritti dell'Uomo di Viasna e Palina Stepanienka, giornalista bielorussa.
Al Panel dedicato alla Bielorussia presentano un libro che contiene le immagini e i racconti della realtà terribile nei bracci della morte in Bielorussia dal titolo "The death penalty in Belarus". Ci sono 4 persone nel braccio della morte a Minsk, per loro si combatte con appelli e richieste al Presidente, nell'attesa di decisioni eque e per la memoria di chi è stato già messo a morte.
Molte domande, ad alcune è difficile dare una risposta. Ma l'associazione Viasna sa di non essere sola, si lega alle altre, come Sant'Egidio e Tamara Chikunova, donna coraggiosa che non abbandona altre madri che soffrono per l'ingiustizia della pena estrema assoluta, lei che ha avuto suo figlio,
innocente, ucciso nel braccio della morte in Uzbekistan.
Ma le cose possono cambiare, è questo che sono venuti a dire le 1500 persone che affollano il Congresso, come è avvenuto nel 2008 in Uzbekistan. Ma per realizzare questa speranza c'è ancora molto lavoro da fare insieme
martedì 21 giugno 2016
Tante associazioni abolizioniste a Oslo
Tanti anni di lotta per una battaglia comune, sono tante le associazioni che si incontrano anche quest'anno a Oslo per riflettere su nuove sfide per una giustizia dai tratti umani.
Molto affollato lo stand della Comunità di Sant'Egidio dove si fermano in tanti per salutare per chiedere di continuare a collaborare nel futuro.
Sta per iniziare cerimonia di apertura del congresso dedicata ai paesi che sono più avanti nel cammino verso l'abolizione universale.
Prenderanno la parola Stravos Lambrinidis Alto Rappresentante per i Diritti dell'Uomo dell'Unione Europea, Borge Brende, Ministro degli Esteri della Norvegia, il Ministro della Giustizia della Repubblica Centrafricana, Flavien Mbata, Achraf Rifi Ministro della Giustizia del Libano, iAng Vong Vathanal Ministro della Giustizia della Cambogia, Benedetto della Vedova Sotto segretario agli Esteri con delega all'Asia, Robert Badinter ex Ministro della Giustizia, che ebbe il merito dell'abolizione della pena di morte in Francia nel 1981, Antonio Stango, coordinatore del 6° Congresso mondiale contro la pena di morte.
Tamara Chikunova Uzbekistan |
http://congres.abolition.fr/
lunedì 20 giugno 2016
Una delegazione di Sant'Egidio al Congresso di Oslo contro la pena di morte
La Comunità di Sant'Egidio partecipa al VI Congresso Mondiale Contro la Pena di Morte con una delegazione da Italia, Congo, Belgio, Spagna, Germania e Indonesia.
Quest'anno L'Associazione francese Ensemble Contre la Peine de Mort invita ad Oslo per il 6° evento di World Congress Against the Death Penalty che avrà luogo presso la Opera House di Oslo tra il 21 e il 23 giugno 2016.
Sono 1500 le persone iscritte, provenienti da oltre 80 paesi del mondo, tra loro 20 ministri, 200 diplomatici, parlamentari, accademici, avvocati, associazioni e membri della società civile.
Sant'Egidio porterà il suo contributo presentando il proprio modo di lavorare e di fare rete attraverso l'iniziativa "Città per la vita " e con il metodo adottato con i Congressi Internazionali dei Ministri della Giustizia.
Nell'intervista a Radio Vaticana Carlo Santoro spiega come la campagna “Cities for Life” promossa dalla Comunità di Sant’Egidio nel 2002 sia riuscita a portare diverse città internazionali a muoversi in rete per sostenere l’abolizione della pena di morte. La definisce una "globalizzazione della speranza" che permette alle città, ma anche alla società civile, alle Chiese locali e ad altre religioni, di unirsi alla campagna per abolizione della pena di morte.
Molti passi sono stati fatti negli ultimi 30 anni e molto si deve anche alla campagna "Cities for Life - Cities against the death penalty". E’ un’iniziativa straordinaria che negli anni ha riunito amministrazioni locali e società civili di ogni parte del mondo. Assieme alla Giornata Mondiale che si celebra ogni 10 ottobre, è la più estesa mobilitazione mondiale dell’anno contro la pena capitale, e oggi coinvolge più di 2000 città tra cui 80 capitali. La Giornata Internazionale “Città per la Vita, Città contro la pena di morte”, si celebra ogni 30 novembre su iniziativa della Comunità di Sant’Egidio, in ricordo dell’anniversario della prima abolizione per legge della pena capitale decisa da uno stato europeo, il Granducato di Toscana, nel 1786.
Nel pomeriggio del 23 giugno tra le 18 e le 19,30 la cerimonia di chiusura si terrà presso la sede del Comune di Oslo, lo spazio sarà dedicato particolarmente alla campagna Cities for Life alla presenza del Sindaco di Parigi e di alcuni Sindaci italiani per rappresentare il paese che nel 1786 per primo ha abolito la pena capitale.
Per quanto riguarda i Congressi dei Ministri della Giustizia, che sono ormai alla nona edizione e il cui titolo è “Non c’è giustizia senza vita”, a questi incontri prendono parte paesi abolizionisti e mantenitori. Il metodo è quello del confronto costruttivo. La struttura del Congresso prevede una parte pubblica e una privata, che permette di affrontare più approfonditamente le questioni della giustizia. Interessante la presenza nelle diverse edizioni di Ministri di Paesi come lo Sri Lanka, Vietnam, Cambogia, Mongolia, Zimbabwe, Senegal, Mozambico, Sudafrica, Centrafrica, Guinea, Bissau, Rwanda, Burundi, Niger, Filippine, Indonesia, Lesotho, Capoverde, Kenya, Somalia, Congo, Salvador, Costa Rica, Panama, Principe…
Notevoli i passi avanti grazie alla realizzazione di questi incontri, come le affermazioni abolizioniste del Vice Presidente dello Zimbabwe, la partecipazione fino alla decisione di abolire la pena capitale da parte del Presidente della Mongolia, l'interesse a questi processi da parte del Vietnam, la posizione dello Sri Lanka, che dopo essersi astenuto dal voto per la moratoria afferma che voterà a favore nel 2016, la Guinea che si dice decisa ad avviare le politiche per abolire definitivamente la pena capitale.
Si tratta di strategie e azioni animate dall’interesse per l’essere umano, superano le leggi del diritto e dei sani principi, che non vi vengono eliminati, ma perfezionati.
mercoledì 15 giugno 2016
Pena di morte: il VI Congresso mondiale a Oslo dal 21 al 23 giugno
di Domenico Letizia
da l'Opinione
Un appuntamento importantissimo si avrà a fine giugno per l’affermazione dei diritti umani, dello stato di diritto e per un confronto mondiale sull’abolizione della pena capitale in tutto il globo. Dal 21 al 23 giugno si terrà ad Oslo il VI Congresso mondiale contro la pena di morte, appuntamento promosso dalla Ong “Ensemble contre la peine de mort” e dalla “World Coalition Against the Death Penalty”, con il supporto del ministero degli Affari Esteri della Norvegia, alla quale partecipano circa 140 organizzazioni da tutto il mondo. Scopo del Congresso è quello di giungere ad “eliminare l’obbligatorietà della pena di morte”, e trasformare i Paesi abolizionisti di fatto in abolizionisti di diritto. Inoltre, il 20 giugno, in concomitanza con il Congresso, si svolgerà, presso l’Università di Oslo, un side event sul tema, organizzato dal Network delle Università contro la Pena di morte. Coordinatore del Congresso è l’italiano Antonio Stango, membro del direttivo di “Nessuno tocchi Caino”, della Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo (Lidu) e segretario del Comitato italiano Helsinki per i diritti umani.
Tentiamo di analizzare al meglio il valore e il lavoro di tale appuntamento. Il Congresso mondiale contro la pena di morte è un evento promosso dall’organizzazione francese Ensemble contre la peine de mort (Ecpm), impegnata dal 2000 nella lotta per l’abolizione universale della pena capitale, in collaborazione con la World Coalition Against the Death Penalty, un network di cui fanno parte circa 150 organizzazioni ed istituzioni locali, tra cui, in Italia, Nessuno tocchi Caino e la Comunità di Sant’Egidio. Dopo
Strasburgo nel 2001, Montreal nel 2004, Parigi nel 2007, Ginevra nel 2010 e Madrid nel 2013, il Congresso mondiale è arrivato alla sua sesta edizione. Si riuniranno rappresentanti di governi, Premi Nobel, accademici, Ong, avvocati, giuristi e testimoni della pena di morte, provenienti da circa ottanta Paesi, al fine di promuovere un dibattito mondiale per l’abolizione della pena capitale nei Paesi che attualmente la prevedono e la praticano e di trasformare i Paesi abolizionisti di fatto in abolizionisti di diritto, affinché cancellino definitivamente, dal quadro legislativo e dal Codice penale, la pena di morte.
In occasione di questo evento sarà affrontata la problematica del terrorismo internazionale e l’utilizzo della pena capitale, una tavola rotonda ad hoc dedicata a tale argomentazione. L’obiettivo dei lavori che si svilupperanno intorno alla tavola rotonda è quello di analizzare, con i suoi partecipanti, le conseguenze che le misure antiterroristiche adottate da diversi Stati hanno avuto sui diritti umani. L’impiego dei droni per omicidi mirati è divenuto il simbolo della lotta al terrorismo, soprattutto in Occidente. Una guerra extragiudiziaria al terrorismo, che si basa su informazioni d’intelligence segrete e di cui è praticamente impossibile verificare l’attendibilità. Anch’essa rappresenta, quindi, una risposta al terrorismo che sicuramente merita un’accurata analisi sulla sua efficacia e sulla sua pericolosità, nonché una costante violazione ai principi del diritto internazionale umanitario.
Durante il Congresso si potrà assistere ad innumerevoli iniziative culturali. La responsabile del programma culturale è la radicale Eleonora Mongelli. Si tratta di discernere sui valori dello Stato di Diritto in contrasto alle logiche emergenziali che stanno caratterizzando gli ultimi tempi. Un appuntamento transnazionale che le istituzioni nazionali dovrebbero avvalorare con deciso e concreto impegno.
(*) Consiglio direttivo di Nessuno tocchi Caino e membro della Lidu
Per la chiesa indonesiana la risposta alla tossicodipendenza è nel recupero
Jakarta pronta a fucilare 48 narcotrafficanti
di Mathias Hariyadi
A metà luglio, dopo la festa di fine Ramadan, 18 condannati a morte verranno giustiziati. Altre 30 pene capitali saranno eseguite nei primi mesi del 2017.
Si abbassa l’età media dei consumatori di stupefacenti. Le vittime sono 104mila, ogni giorno si contano 50 decessi per overdose. L’impegno della Chiesa indonesiana per il recupero, ma mancano le strutture.
Jakarta (AsiaNews) - In Indonesia è tutto pronto per un terzo round di esecuzioni di gruppo; dopo alcune settimane di incertezza, ora vi è anche l’ufficializzazione della data: verso la metà di luglio, a conclusione delle celebrazioni per l’Eid Al-Fitr, la festa che segna la fine del Ramadan, il mese sacro di digiuno e preghiera islamico. Finiranno davanti al plotone per essere giustiziate 18 persone, tutte condannate per reati legati al narcotraffico. Inoltre, per i primi mesi del 2017 il boia entrerà in azione una quarta volta per la fucilazione di altre 30 persone nel braccio della morte per vendita di stupefacenti.
Il procuratore generale della Repubblica indonesiana HM Prasetyo parla di “48 figure di primo piano” del narcotraffico, che verranno giustiziate entro la fine del prossimo anno. A questi si aggiungono altri 152 condannati a morte per omicidio, terrorismo e altri reati gravi. Egli ha inoltre confermato che tutte le procedure sono state completate ed è tutto pronto “per il terzo round di esecuzioni” fissato per “luglio 2016” e che si terranno nell’isola di
Nusakambangan.
L’Indonesia, nazione musulmana più popolosa al mondo, ha una delle leggi anti-droga più severe al mondo, per combattere quella che il presidente Joko Widodo ha definito “un’emergenza nazionale”. E negli ultimi anni ha rafforzato la campagna “a tutto campo” contro gli stupefacenti. Dal 1979 al 2015, sono state portate a termine 66 esecuzioni capitali.
Nel gennaio 2015 il boia ha giustiziato cinque stranieri e una donna indonesiana. Qualche mese più tardi, ad aprile il secondo round di esecuzioni (non senza critiche internazionali) con l’uccisione di otto persone, fra cui due australiani. In quell’occasione, Jakarta ha risparmiato la vita di Mary Jane Fiesta Veloso, 30enne domestica filippina condannata alla pena capitale per traffico di droga.
Secondo un recente rapporto dell’Agenzia nazionale anti-droga (Bnn), sempre più persone sono coinvolte nel consumo di stupefacenti, in particolare le anfetamine, una vera e propria piaga per molti Paesi del Sud-est asiatico.
Ad aggravare la situazione, l’età media dei consumatori che si abbassa sempre più con i giovani bersaglio privilegiato dei grandi narcotrafficanti e un mercato in continuo aumento. Accade con sempre maggior frequenza che nelle scuole e negli istituti, anche per giovanissimi, persone prive di scrupoli offrano caramelle e dolci “farciti” con la droga, causando danni gravissimi.
Secondo stime della Bnn, in Indonesia vi sono almeno 5,1 milioni di consumatori di sostanze proibite, con un’età che varia dai 15 a 64 anni. Le vittime per droga sono 104mila, con un progressivo aumento dei giovani. Ogni giorno si contano nel Paese almeno 50 decessi di overdose, per quella che, secondo molti, sta diventando una vera e propria emergenza nazionale.
Un ultima statistica conferma l’allarme: negli ultimi cinque anni almeno il 50,2% dei trentenni ha sperimentato almeno una volta la droga. La maggior parte dei consumatori sono maschi (80%), con una percentuale inferiore di donne (20%).
Per rispondere all’emergenza da qualche anno la Chiesa indonesiana ha lanciato programmi mirati di assistenza e recupero dei tossicodipendenti. Nel giugno 2014 la Conferenza episcopale ha avviato un piano pastorale contro la dipendenza, volto anche e soprattutto a recuperare i consumatori in particolare i più giovani. Restano però ancora diversi problemi irrisolti, il primo dei quali il numero insufficiente di centri di recupero: “Ad oggi - spiega ad AsiaNews Anastasia Cakunani, responsabile del centro di Yayasan Sekar Mawar, sotto la diocesi di Bandung - abbiamo solo 140 posti, che non bastano per rispondere ai bisogni di un numero immenso di vittime”.
di Mathias Hariyadi
A metà luglio, dopo la festa di fine Ramadan, 18 condannati a morte verranno giustiziati. Altre 30 pene capitali saranno eseguite nei primi mesi del 2017.
Si abbassa l’età media dei consumatori di stupefacenti. Le vittime sono 104mila, ogni giorno si contano 50 decessi per overdose. L’impegno della Chiesa indonesiana per il recupero, ma mancano le strutture.
Jakarta (AsiaNews) - In Indonesia è tutto pronto per un terzo round di esecuzioni di gruppo; dopo alcune settimane di incertezza, ora vi è anche l’ufficializzazione della data: verso la metà di luglio, a conclusione delle celebrazioni per l’Eid Al-Fitr, la festa che segna la fine del Ramadan, il mese sacro di digiuno e preghiera islamico. Finiranno davanti al plotone per essere giustiziate 18 persone, tutte condannate per reati legati al narcotraffico. Inoltre, per i primi mesi del 2017 il boia entrerà in azione una quarta volta per la fucilazione di altre 30 persone nel braccio della morte per vendita di stupefacenti.
Il procuratore generale della Repubblica indonesiana HM Prasetyo parla di “48 figure di primo piano” del narcotraffico, che verranno giustiziate entro la fine del prossimo anno. A questi si aggiungono altri 152 condannati a morte per omicidio, terrorismo e altri reati gravi. Egli ha inoltre confermato che tutte le procedure sono state completate ed è tutto pronto “per il terzo round di esecuzioni” fissato per “luglio 2016” e che si terranno nell’isola di
Nusakambangan.
L’Indonesia, nazione musulmana più popolosa al mondo, ha una delle leggi anti-droga più severe al mondo, per combattere quella che il presidente Joko Widodo ha definito “un’emergenza nazionale”. E negli ultimi anni ha rafforzato la campagna “a tutto campo” contro gli stupefacenti. Dal 1979 al 2015, sono state portate a termine 66 esecuzioni capitali.
Nel gennaio 2015 il boia ha giustiziato cinque stranieri e una donna indonesiana. Qualche mese più tardi, ad aprile il secondo round di esecuzioni (non senza critiche internazionali) con l’uccisione di otto persone, fra cui due australiani. In quell’occasione, Jakarta ha risparmiato la vita di Mary Jane Fiesta Veloso, 30enne domestica filippina condannata alla pena capitale per traffico di droga.
Secondo un recente rapporto dell’Agenzia nazionale anti-droga (Bnn), sempre più persone sono coinvolte nel consumo di stupefacenti, in particolare le anfetamine, una vera e propria piaga per molti Paesi del Sud-est asiatico.
Ad aggravare la situazione, l’età media dei consumatori che si abbassa sempre più con i giovani bersaglio privilegiato dei grandi narcotrafficanti e un mercato in continuo aumento. Accade con sempre maggior frequenza che nelle scuole e negli istituti, anche per giovanissimi, persone prive di scrupoli offrano caramelle e dolci “farciti” con la droga, causando danni gravissimi.
Secondo stime della Bnn, in Indonesia vi sono almeno 5,1 milioni di consumatori di sostanze proibite, con un’età che varia dai 15 a 64 anni. Le vittime per droga sono 104mila, con un progressivo aumento dei giovani. Ogni giorno si contano nel Paese almeno 50 decessi di overdose, per quella che, secondo molti, sta diventando una vera e propria emergenza nazionale.
Un ultima statistica conferma l’allarme: negli ultimi cinque anni almeno il 50,2% dei trentenni ha sperimentato almeno una volta la droga. La maggior parte dei consumatori sono maschi (80%), con una percentuale inferiore di donne (20%).
Per rispondere all’emergenza da qualche anno la Chiesa indonesiana ha lanciato programmi mirati di assistenza e recupero dei tossicodipendenti. Nel giugno 2014 la Conferenza episcopale ha avviato un piano pastorale contro la dipendenza, volto anche e soprattutto a recuperare i consumatori in particolare i più giovani. Restano però ancora diversi problemi irrisolti, il primo dei quali il numero insufficiente di centri di recupero: “Ad oggi - spiega ad AsiaNews Anastasia Cakunani, responsabile del centro di Yayasan Sekar Mawar, sotto la diocesi di Bandung - abbiamo solo 140 posti, che non bastano per rispondere ai bisogni di un numero immenso di vittime”.
sabato 11 giugno 2016
Andrea Riccardi: troppe fedi non combattono la pena di morte
Pubblichiamo questo importante commento di Andrea Riccardi sul tema della pena di morte.
Più di due terzi dei Paesi hanno abolito le esecuzioni capitali e il mondo non si è rivelato più insicuro. Malgrado ciò troppi paesi ancora la conservano. Compresi Stati buddisti.
Dalla rubrica "Religioni e civiltà" sul Magazine Sette del Corriere della Sera, del 10 giugno.
http://www.riccardiandrea.it/
Alla fine del 2015, più di due terzi dei Paesi del mondo hanno abolito la pena di morte: 102 l'hanno cancellata dagli ordinamenti giuridici; in sei, resta solo per reati eccezionali in tempo di guerra. In 32 Paesi non si eseguono più i condannati, ma la pena capitale è prevista dalla legislazione. Si tratta quindi di Stati abolizionisti de facto in cui, da dieci anni, non si registrano esecuzioni o che si sono impegnati ufficialmente a non farle. In tutto sono 140 i Paesi che hanno eliminato - legalmente o di fatto - la condanna a morte. È un numero importante, impensato fino a non molto tempo fa, quando era diffusa la convinzione che tale pena fosse una necessità sociale e che, soprattutto, la volessero le popolazioni come garanzia. Il mondo senza pena di morte invece
non si è rivelato insicuro, come molti prevedevano.
Il numero dei Paesi che continuano a condannare a morte è però importante: 58 Stati (26 dei quali hanno compiuto esecuzioni di prigionieri nel 2015). Alcuni sono Paesi di rilievo per il loro peso politico e demografico: gli Stati Uniti (solo 16 Stati dell'Unione non ammettono la pena capitale), la Cina (per vari reati, tra cui la corruzione), il Giappone, l'India e altri. Fra gli Stati che applicano un'interpretazione letterale della Sharia, l'Iran e l'Arabia Saudita che commina ed esegue la pena capitale per vari reati, tra cui l'apostasia, l'omicidio, la rapina, la stregoneria, la pratica dell'omosessualità, il traffico di droga, il sabotaggio. Altri Paesi musulmani, come Algeria e Marocco, hanno adottato invece la moratoria. Tutte le religioni si sono misurate con la pena di morte, praticata tradizionalmente dalle civiltà antiche. Molte hanno cercato di limitarne l'uso.
La Bibbia ebraica e il Talmud contemplano la pena capitale per 36 delitti, ma prevedono forti limiti. Nello Stato d'Israele, questa pena è stata abolita e resta solo per il tradimento in guerra e il genocidio. L'unico civile condannato a morte in Israele è stato, nel 1962, Adolf Eichmann, il principale organizzatore dello sterminio degli ebrei durante la Guerra mondiale. Nella storia, la Chiesa cattolica ha ammesso, a certe condizioni, la pena capitale, tanto che Pio IX, da sovrano dello Stato Pontificio, ha approvato alcune condanne. Nell'ultimo mezzo secolo si è sviluppato un forte movimento cristiano contrario alla condanna a morte, nonostante il Catechismo della Chiesa universale ne preveda la possibilità, pur considerandola in genere non ammissibile. Per Giovanni Paolo II, l'abolizione della pena capitale faceva parte della difesa della vita dal concepimento alla morte naturale. Spesso i Papi, in tempi recenti, hanno chiesto la grazia per i condannati. Francesco ha espresso la sua totale contrarietà alla pena capitale, domandando per il Giubileo una moratoria delle esecuzioni: «Tutti i cristiani e gli uomini di buona volontà», ha detto, «sono chiamati oggi ad operare non solo per l'abolizione della pena di morte, ma anche al fine di migliorare le condizioni carcerarie...».
Nel panorama delle religioni, la Chiesa cattolica ormai considera illecita e disumana questa pena. Nei vari mondi religiosi, l'abolizionismo però non fa l'unanimità. Nonostante il Mahatma Gandhi fosse avverso alla condanna a morte in nome della non violenza (come suggerisce la compassione ispirata dai testi Veda), l'India l'ha contemplata nella Costituzione. I buddisti - ad esempio in Italia -, partendo dalla compassione, sono contrari. Eppure importanti Stati buddisti, dove la religione ha un ruolo rilevante, come la Thailandia e Myanmar, ammettono la pena capitale. Nel 2014, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato, con una maggioranza accresciuta, la quinta risoluzione a favore della moratoria universale della pena di morte, chiedendo la sospensione delle esecuzioni. È un'importante conquista che richiama anche i mondi religiosi a riconsiderare le millenarie tradizioni di violenza, veicolate dalla storia come una necessità.
Papa Francesco domani incontra nuovamente la madre di Victor Hugo Saldano
Victor Hugo Saldano con un amico prese parte a un omicidio.
Durante il processo fu chiamato a deporre uno psicologo che presentò alla corte 24 ragioni per cui sarebbe stato pericoloso in futuro, tra queste la razza
Papa Francesco riceverà domani mattina in udienza privata Lidia Guerrero, madre di Victor Hugo Saldano, unico argentino condannato a morte negli Stati Uniti e prigioniero in Texas dal 1996. Con la signora Guerrero anche i suoi legali, Juan Carlos Vega e Juan Pablo Cafiero, che da vent’anni seguono il caso e che hanno reso noto questo incontro in Vaticano.
Papa Francesco aveva brevemente incontrato la sua connazionale nel febbraio 2014 e ora la donna tornerebbe a sperare in un appello del pontefice, che in più occasioni si è espresso nettamente contro la pena di morte.
Saldano era entrato in Texas da clandestino. Nel novembre 1995, con un amico messicano, prese parte a un omicidio. Durante il processo fu chiamato a deporre uno psicologo che presentò alla corte 24 ragioni per cui Victor sarebbe stato pericoloso in futuro, e tra queste la razza. Nel 2002 la Corte Suprema di Washington rinviò il caso di Victor alla Texas Court of Criminal Appeals per valutare se l’etnicità del giovane avesse giocato a favore della pena capitale, un fattore che nel 2004 una seconda giuria ha trovato infondato.
La Guerrero e il suo avvocato Juan Carlos Vega, hanno investito del caso di Victor il Vaticano già nel dicembre 2013 e, domani, nell’incontro con il Papa, dovrebbero illustrargli la pratica nei dettagli.
sabato 4 giugno 2016
Papa Francesco è tornato a chiedere l'abolizione della pena di morte
Papa Francesco con la mamma di un condannato a morte |
"Bisogna puntare nella rieducazione e nel loro reinserimento nella societa''
Città del Vaticano Papa Francesco ha incontrato oltre cento giuristi e magistrati di tutto il mondo in Vaticano, per un confronto sulla tratta delle persone, la criminalità organizzata e la corruzione.
Durante l'appuntamento organizzato dalla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, il papa ha ribadito il suo no alla pena di morte e la sua contrarietà all'ergastolo. Il Pontefice ha chiesto di "comminare pene che siano per la rieducazione dei responsabili e cercare il loro reinserimento nella società" sottolineando che "fare giustizia non è la pena in se stessa. Non c'è pena valida, senza la speranza. Una pena chiusa in se stessa, che non dà possibilità alla speranza, è una tortura non è una pena! Su questo - spiega - mi baso anche per affermare seriamente la posizione della Chiesa contro la pena di morte". Bergoglio ha parlato di "nuove forme di schiavitù" che chiedono l'impegno di tutti, a partire dalla Chiesa. Una Chiesa che non può rimanere a guardare ma deve "impegnarsi nella politica, 'la gran politica'", dice il Papa in spagnolo, quella dei valori più alti. Il Papa chiede di lavorare "in comunione" perché si "apra una breccia per un nuovo cammino di giustizia che punti alla promozione della dignità umana". "Voi siete chiamati a dare speranza", dice ai giudici Papa Francesco. Le vittime, infatti, nutrono la speranza "che l'ingiustizia che attraversa questo mondo" non abbia "l'ultima parola". Ci sono dei delitti, dal traffico di persone a quello di organi, dal lavoro minorile allo sfruttamento della prostituzione, che "come diceva Benedetto XVI sono crimini contro l'umanità e tali debbono essere considerati dai leader politici, sociali, religiosi". Francesco ha voluto i giuristi in Vaticano perché diano il loro impegno in un "moto trasversale" per cambiare le cose e per superare quella tendenza che oggi vorrebbe "liquefare" la figura dei giudici. "So che soffrite pressioni, minacce e so che oggi essere procuratori, essere pubblici ministeri, è rischiare la propria vita. E questo mi fa essere riconoscente del coraggio di alcuni di voi, che vogliono andare avanti, rimanendo liberi nell'esercizio delle proprie funzioni giuridiche. Senza questa libertà, il potere giudiziario di una nazione si corrompe e genera corruzione. Tutti conosciamo la caricatura, in questo caso, della giustizia: la giustizia con gli occhi bendati". Ma Papa Bergoglio coglie anche l'occasione per parlare del riscatto per le vittime e come buona prassi indica la legge italiana sulla confisca dei beni ai malavitosi, proprio come strumento di riabilitazione per le vittime. "Questo - ha detto il Papa - è il bene maggiore che possiamo fare loro, alla comunità e alla pace sociale". Infine un plauso alle donne che dirigono le carceri: lo fanno meglio degli uomini, è l'opinione di Papa Francesco, perché il senso di maternità dà loro "una maggiore sensibilità ai progetti di reinserimento".
venerdì 3 giugno 2016
BIELORUSSIA – APPELLO URGENTE PER QUATTRO CONDANNATI A MORTE
Ivan Kulesh |
La Comunità di Sant’Egidio chiede clemenza al Presidente della Repubblica di Bielorussia Aleksandr Lukashenko quattro condannati a morte. I loro nomi:
Sergej Vostrikov, Sergej Khmelevskij, Gennadij Jakovitzkij e Ivan Kulesh
Chiediamo al Presidente la commutazione delle loro sentenze capitali in pene detentive.
Per inviare l'appello dal sito: http://nodeathpenalty.santegidio.org
Dal testo dell'appello:
"Pur riconoscendo l’estrema gravità delle imputazioni a loro carico, la Comunità di Sant’Egidio, da sempre impegnata per il riconoscimento universale del diritto alla vita, implora Sua Eccellenza il Presidente della Bielorussia affinché l’amministrazione penale del paese non proceda all’esecuzione delle loro condanne a morte. La Comunità di Sant’Egidio auspica vivamente l’introduzione in Bielorussia di una moratoria su tutte le sentenze capitali presenti e future, rimettendosi al buon cuore e ai sentimenti di pietà di Sua Eccellenza il Presidente della Repubblica, allineando in tal modo la Bielorussia agli standard europei di tutela della vita degli uomini e delle donne dalla loro nascita fino alla loro morte naturale.Confidando caldamente nelle migliori intenzioni di Sua Eccellenza il Presidente della Bielorussia, la Comunità di Sant’Egidio estende fiduciosa il proprio vibrante appello perché la vita dei suddetti detenuti sia risparmiata".
mercoledì 1 giugno 2016
Giakarta. Presentazione del libro "La politica della pena di morte in Indonesia"
Mantan Presiden RI yang juga politikus Golkar, BJ Habibie hadir dalam Rapimnas Golkar, Sabtu (23/1/2016) |
KOMPAS.COM NASIONAL
JAKARTA, KOMPAS.com — Il Terzo Presidente della Repubblica d’Indonesia Bacharuddin Jusuf Habibie ha preso parte alla presentazione de Libro “ La politica della pena di morte in Indonesia” che ha avuto luogo presso gli Uffici della Corte Costituzionale di Jakarta Martedi (31/5/2016)
http://nasional.kompas.com
Questo volume, redatto dal noto avvocato Todung Mulya Lubis , e dal Sociologo Robertus Robert, raccoglie pagine di documenti e scritti di associazioni, comunità, categorie di diverse realtà che rifiutano l’applicazione della pena di morte per ogni tipo di reato in Indonesia, basandosi sui principi del diritto umano.
Habibie sin dall’inizio del suo indirizzo di saluto ha affermato la propria contrarietà alla pena di morte.“Sin dall’inizio, io personalmente non approvo la pena di morte” dichiara Habibie, accolto da applausi dalla platea. Secondo Habibie, il diritto di fine vita è una prerogativa che spetta solo a Dio. Per questo motivo, gli esseri umani non hanno nessun diritto su altri esseri umani di porre fine alla vita. Un commento simile si è avuto anche dall’ex Presidente della Corte Suprema Jimley Asshiddiqie nel suo indirizzo di saluto alla presentazione del libro. “Più tardi, ci sarà un tempo in cui la pena di morte in questo paese sarà abolita” afferma Jimley nel suo discorso. Ha anche aggiunto che nel sistema giuridico moderno, l’aspetto umano e razionale sarà il punto nodale di ogni decisione. “Per il domani, è sicuro che formuleremo una legge alternativa che avrà più effetto. Nonostante ciò, personalmente credo che, pena di morte o no, nella prospettiva politica in cui ci troviamo, ci sia soltanto una decisione legata ad un contesto di questo tempo. Questo non è come la fede nella religione” ha detto. “Ad ogni modo, in futuro, è sicuro che il tempo dell’abolizione avverrà” ha aggiunto. In questo frangente, Todung spera che nel lancio di questo libro, lo Stato voglia mettersi in discussione sulla decisione di dare inizio alla terza ondata di esecuzioni ritornando sui suoi passi. Ha poi aggiunto: “Non c’è ancora stata un analisi approfondita al mondo che dia prova che la pena di morte sia un deterrente”.
Precedentemente , l’attuale Presidente della Corte Suprema Agung Muhammad Prasetyo ha dichiarato che l’esecuzione dei condannati a morte è una priorità per ciò che concerne il reato di droga. Ha assicurato che la corte sarà molto attenta a prendere decisioni nell’applicazione delle esecuzioni.“Tutti coloro che sono saranno eseguiti hanno già fatto ricorso in appello. Le esecuzioni avranno luogo dopo l‘Idul Fitri.
Traduzione di Leonardo Tranggono
Pena morte: anche la piccola Nauru l’ha abolita
da www.onuitalia.com
Passi avanti anche sui diritti umani
NAURU, 31 MAGGIO – Il parlamento di Nauru – piccolissima isola dell’Oceania – ha approvato diverse leggi che aggiornano il codice penale del Paese, ponendolo in linea con gli attuali standard internazionali sui diritti umani, e ha abolito la pena di morte.
Nauru L’isola di NauruLa pena di morte è stata eliminata dalle leggi di Nauru così come il lavoro forzato e la detenzione in isolamento. La schiavitù è divenuta crimine e altrettanto il lavoro minorile, così come la costrizione per un minore a ”sposare qualcuno in cambio di benefici materiali”.
Secondo ‘Nessuno tocchi Caino’, l’associazione che si batte contro la pena capitale, le nuove leggi rimpiazzano inoltre quelle basate sul Codice Penale del Queensland del 1899, che mutuava le norme anti-omosessualità – ”conoscenza carnale contro l’ordine naturale” – dalle leggi anti-sodomia britanniche, esportate nel Commonwealth durante l’era vittoriana.Le nuove leggi hanno eliminato il ‘reato di omosessualità’ e stabilito che il tentativo di suicidio ”non costituisce più reato ed è materia riguardante più la salute mentale che la legge penale”.Inoltre, la legislazione riformata amplia la definizione di stupro includendo quello del marito e introduce il reato di stalking.
Nauru è una sperduta isola dell’Oceano Pacifico Meridionale che, con i suoi 21,4 chilometri quadrati di superficie, è la repubblica indipendente più piccola al mondo. Essa ha anche la particolarità, che la rende unica, di non possedere una vera e propria capitale, ma semplicemente un centro urbano più sviluppato, sede del governo. Nauru inoltre è una delle isole degli arcipelaghi dell’Oceania a rischio di scomparire per l’innalzamento dei mari.
(@novellatop, 31 maggio 2016)
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