Di Saida Massoussi
Eco Internazionale
«Se dimostrerò la pena di morte non essere né utile né necessaria, avrò vinto la causa dell’umanità»: così recitava Cesare Beccaria nella sua opera più celebre, Dei delitti e delle pene.
Una sentenza storica nel duro cammino di abolizione della pena di morte nel mondo arriva dal Burkina Faso il cui Parlamento, il 31 maggio scorso, ha votato a larga maggioranza (83 su 125 deputati) l’abolizione della pena capitale dal Codice di diritto penale. A darne notizia è la Comunità di Sant’Egidio, che da anni sostiene il cammino del Paese verso questo importante traguardo.
Le leggi del Burkina Faso prevedevano l’uso della pena di morte nel codice penale, militare di giustizia e nel codice di polizia. Il suo primo utilizzo risale al 1960, anno in cui il Paese aveva ottenuto l’indipendenza dal Regno Unito. Nel giugno 2015, nel corso di una riunione, l’ufficio del Consiglio Nazionale di Transizione aveva adottato diversi progetti di legge da sottoporre all’approvazione del Governo, tra cui quello relativo all’abolizione della pena di morte.
Tuttavia, secondo l’ultimo report di Amnesty International, alla fine del 2017 risultavano essere 12 le persone ancora detenute nel braccio della morte (sebbene l’ultima esecuzione nel Paese africano risalga al 1988). Pertanto, il Burkina Faso, già abolizionista di fatto da 30 anni, rientra, adesso, tra i Paesi abolizionisti per legge.
Dietro tale decisione sembrerebbe esserci un accordo tra il governo africano e quello francese; in particolare, secondo molti analisti questa decisione potrebbe agevolare l’estradizione e il ritorno in patria di Francois Compaoré, fratello dell’ex presidente del Burkina Faso, che era stato deposto con un colpo di Stato nel 2014. Su François Compaorè, attualmente in Francia, pende un mandato di arresto internazionale del Burkina Faso per l’assassinio del giornalista Norbert Zongo, avvenuto nel 1998. L’estradizione è stata finora negata, in quanto il sistema francese la vieta verso quei Paesi dove è in vigore la pena di morte.
Ma, al di là di questi aspetti politici, va rilevato l’importante aspetto umanitario della vicenda; il Burkina Faso diventa ad oggi il 107mo Paese totalmente abolizionista per legge, cui devono aggiungersi altri 28 Stati abolizionisti di fatto e 7 abolizionisti per i reati ordinari.
In questa corsa verso l’abolizionismo, l’Africa subsahariana si sta confermando l’area geografica più reattiva. Negli ultimi 20 anni, numerosi sono gli Stati che hanno cancellato la pena capitale dai loro codici: Benin, Burundi, Costa d’Avorio, Gabon, Guinea, Madagascar, Repubblica Democratica del Congo, Ruanda, Senegal, Togo.
Secondo i rapporti di Amnesty International, nel 2017 si è registrato un decremento nell’uso della pena di morte; Ma i numeri restano comunque alti, registrando sempre nello stesso anno 993 esecuzioni in 23 Stati, senza considerare le esecuzioni in Cina, i cui numeri sono segreti di Stato.
Senza entrare nel merito dei metodi utilizzati, in molti Paesi (tra cui Arabia Saudita, Cina, Singapore), la pena di morte è prevista anche per reati di droga; in altri ancora, le esecuzioni riguardano persone con disabilità mentale; inoltre, spesso si viene condannati dopo aver confessato reati in seguito a maltrattamenti e torture; non mancano, infine, i casi di esecuzioni di minori.
Una strada ancora lunga quella dell’eliminazione della pena capitale a livello globale; una strada in cui, però, ogni singolo passo compiuto da ogni singolo Stato può considerarsi un’importante vittoria per il cammino dei diritti umani nel mondo.
venerdì 29 giugno 2018
martedì 26 giugno 2018
Corea del Sud la Chiesa sostiene l'abolizione della pena di morte
Cardinale Yeom |
"Da anni non ci sono esecuzioni capitali in Corea. La Chiesa cattolica ha sempre ribadito il no alla pena di morte. E vede con favore l'iniziativa di parlamentari, cristiani e non, che hanno raccolto le firme per chiedere l'abolizione della pena capitale dalla legislazione coreana": lo ha dichiarato all'Agenzia Fides il Cardinale Andrew Yeom Soo-jung, Arcivescovo di Seul, mentre la
Commissione nazionale per i Diritti umani (NHRC), organismo governativo, sta conducendo una campagna con l'obiettivo di abolire ufficialmente la legge sulla pena di morte.
"E' vero che nella società coreana c’è chi ancora la sostiene. Esiste la paura che eliminarla possa incoraggiare il crimine. La comunità cattolica, in questi anni, ha sempre testimoniato e incoraggiato il rispetto della vita e la logica del perdono, accompagnando anche i familiari delle vittime" ha detto il Cardinale in un colloquio con l’Agenzia Fides a Seul.
L’obiettivo della abolizione è vicino anche per l'atteggiamento favorevole del Presidente coreano, il cattolico Moon Jae-in.
Il capo dell'ufficio politico della Commissione per i diritti umani, Shim Sang-don, ha dichiarato: "Stiamo lavorando per un annuncio da parte del Presidente Moon Jae-in sulla moratoria della pena di morte in occasione del 70° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani di quest'anno". La moratoria sarebbe un passo avanti nel processo formale verso l'abolizione. E' stata avviata, intanto, una discussione in tal senso con il Ministero della Giustizia per stabilire i passi da compiere, ha aggiunto Shim, notando che "il Presidente Moon ha dato una risposta positiva in merito all'abolizione quando abbiamo sollevato la questione nel dicembre scorso".
In Corea del Sud la pena capitale è in vigore per punire i crimini gravi. Ma lo stato non esegue una condanna a morte sui prigionieri nel braccio della morte dal dicembre 1997. Amnesty International considera i paesi che non eseguono una condanna per oltre 10 anni "abolizionisti di fatto".
La Commissione per i Diritti umani ha mantenuto la sua posizione a sostegno dell'abrogazione della pena di morte, raccomandandola al Parlamento coreano nell'aprile 2005, e ha presentato una petizione alla Corte costituzionale nel luglio 2009. Ora la Commissione presenterà un progetto abolizionista, con particolare attenzione alle misure alternative.
Attualmente ci sono 61 prigionieri, inclusi ufficiali militari, condannati e reclusi nel broccio della morte in Corea del Sud. (PA) (Agenzia Fides 25/6/2018)
sabato 16 giugno 2018
Speranza in Bielorussia: la Corte Suprema sospende due condanne a morte!
Due uomini erano a rischio esecuzione in Bielorussia: Ihar Hershankou e Siamion Berazhnoy,le cui condanne a morte erano state confermate dalla Corte suprema il 20 dicembre 2017.
Ai due condannati restava solo la clemenza del Presidente Aleksandr Lukašenko, ma le aspettative non erano positive visto che dal 1994 solo in un caso il Presidente aveva concesso un provvedimento di clemenza.
Hershankou e Berazhnoy erano stati condannati a morte dal Tribunale regionale di Mahiliou, il 21 luglio 2017, colpevoli di aver ucciso sei persone tra il 2009 e il 2015 al fine di appropriarsi delle loro proprietà.
Ricordiamo che la diplomazia francese era intervenuta lo scorso anno con un comunicato pubblicato sul sito web del ministero degli Esteri francese invitando la Bielorussia ad introdurre una moratoria contro la pena di morte. "Chiediamo alle autorità bielorusse di imporre una moratoria sulla pena di morte come passo verso la sua abolizione", — queste le parole del comunicato.
La Bielorussia è l'unico paese europeo che ancora mantiene e applica la pena capitale, è successa una cosa senza precedenti: la Corte Suprema ha sospeso e deciso di riesaminare le condanne a morte di Ihar Hershankou e Siamion Berazhnoy.
Dal 1994 la Corte Suprema aveva confermato tutte le condanne a morte (il numero esatto non è noto, ma si presume sia nell’ordine delle centinaia) e in un solo caso il presidente Alyaksandr Lukashenka aveva concesso la grazia. In Bielorussia, le informazioni sull’uso della pena di morte sono ritenute segreto di stato, pertanto, non è possibile conoscere il numero effettivo delle esecuzioni.
Secondo il ministero della Giustizia, dal 1994 al 2014 sono stati messi a morte 245 prigionieri. Le organizzazioni per i diritti umani stimano che dal 1991, anno dell’indipendenza, i prigionieri messi a morte siano stati circa 400. Lo scorso anno si è registrata una esecuzione.
Ai due condannati restava solo la clemenza del Presidente Aleksandr Lukašenko, ma le aspettative non erano positive visto che dal 1994 solo in un caso il Presidente aveva concesso un provvedimento di clemenza.
Hershankou e Berazhnoy erano stati condannati a morte dal Tribunale regionale di Mahiliou, il 21 luglio 2017, colpevoli di aver ucciso sei persone tra il 2009 e il 2015 al fine di appropriarsi delle loro proprietà.
Ricordiamo che la diplomazia francese era intervenuta lo scorso anno con un comunicato pubblicato sul sito web del ministero degli Esteri francese invitando la Bielorussia ad introdurre una moratoria contro la pena di morte. "Chiediamo alle autorità bielorusse di imporre una moratoria sulla pena di morte come passo verso la sua abolizione", — queste le parole del comunicato.
La Bielorussia è l'unico paese europeo che ancora mantiene e applica la pena capitale, è successa una cosa senza precedenti: la Corte Suprema ha sospeso e deciso di riesaminare le condanne a morte di Ihar Hershankou e Siamion Berazhnoy.
Dal 1994 la Corte Suprema aveva confermato tutte le condanne a morte (il numero esatto non è noto, ma si presume sia nell’ordine delle centinaia) e in un solo caso il presidente Alyaksandr Lukashenka aveva concesso la grazia. In Bielorussia, le informazioni sull’uso della pena di morte sono ritenute segreto di stato, pertanto, non è possibile conoscere il numero effettivo delle esecuzioni.
Secondo il ministero della Giustizia, dal 1994 al 2014 sono stati messi a morte 245 prigionieri. Le organizzazioni per i diritti umani stimano che dal 1991, anno dell’indipendenza, i prigionieri messi a morte siano stati circa 400. Lo scorso anno si è registrata una esecuzione.
venerdì 1 giugno 2018
Soddisfazione di Sant'Egidio per l'abolizione in Burkina Faso
Ieri, 31 maggio, il Parlamento del Burkina Faso ha votato a larga maggioranza (83 su 125 deputati) l’abolizione della pena capitale dal Codice di diritto penale. Il provvedimento deve ora essere promulgato per arrivare alla piena abolizione con legge costituzionale.
Grande soddisfazione da parte della Comunità di Sant’Egidio che considera questa iniziativa una vittoria di umanità che fa crescere in Africa democrazia e diritti umani: «Di fronte alla violenza, alle guerre e al terrorismo, che ancora affliggono non poche parti dell’Africa, si tratta di una vittoria di umanità che si affianca all’urgente e necessario lavoro per la pace e lo sviluppo».
Sant'Egidio ha sostenuto con forza, con diverse iniziative, il cammino di questo Paese dell’Africa Occidentale verso l’importante traguardo. Da diversi anni il Burkina Faso viene considerato un paese abolizionista di fatto non ci sono state infatti esecuzioni anche se sono state ancora comminate alcune condanne a morte.
Grande soddisfazione da parte della Comunità di Sant’Egidio che considera questa iniziativa una vittoria di umanità che fa crescere in Africa democrazia e diritti umani: «Di fronte alla violenza, alle guerre e al terrorismo, che ancora affliggono non poche parti dell’Africa, si tratta di una vittoria di umanità che si affianca all’urgente e necessario lavoro per la pace e lo sviluppo».
Sant'Egidio ha sostenuto con forza, con diverse iniziative, il cammino di questo Paese dell’Africa Occidentale verso l’importante traguardo. Da diversi anni il Burkina Faso viene considerato un paese abolizionista di fatto non ci sono state infatti esecuzioni anche se sono state ancora comminate alcune condanne a morte.
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