https://youtu.be/L_4QFsmFRzg
“Per proteggere la società dal male che alcuni individui possono causare”, la soluzione non è la pena capitale. Questa non può essere considerata, come è avvenuto “per molto tempo, la risposta adeguata alla gravità di alcuni reati a tutela del bene comune”. Lo ha affermato Papa Francesco in un video messaggio alle Associazioni che fanno capo alla Coalizione Mondiale contro la pena di morte, riunite per il VII Congresso Mondiale contro la pena di morte, presso il Parlamento Europeo a Bruxelles.
Secondo Francesco, “nessuno può essere ucciso e privato dell’opportunità di abbracciare nuovamente la comunità che ha ferito e fatto soffrire”. La pena di morte, infatti, è “una grave violazione del diritto alla vita di ogni persona”.
Oggi sempre più Paesi l'hanno completamente eliminata dalla loro legislazione penale, altri stanno facendo dei passi importanti in tale direzione. Papa Francesco esorta tutti a proseguire in questo processo e a “riconoscere la dignità di ogni persona” e a “lavorare in modo che non vengano eliminate altre vite, ma guadagnate per il bene della società nel suo complesso”.
Nel video messaggio Francesco cita anche la recente modifica al testo del Catechismo della Chiesa cattolica relativo alla pena capitale. “La Chiesa insegna alla luce del Vangelo – si legge nel documento – che la pena di morte è inammissibile perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona e si impegna con determinazione per la sua abolizione in tutto il mondo”. “L’obiettivo dell’abolizione della pena di morte in tutto il mondo – conclude infine – rappresenta una coraggiosa affermazione del principio della dignità della persona umana e della convinzione che l’umanità può affrontare il crimine, oltre che rifiutare il male, offrendo al condannato la possibilità e il tempo per riparare il danno commesso, pensare alla sua azione e quindi essere in grado di cambiare la sua vita, almeno internamente”.
domenica 3 marzo 2019
mercoledì 14 novembre 2018
Pena morte: Commissione Onu approva risoluzione moratoria, maggiori le adesioni
La Terza Commissione dell'Assemblea Generale dell'ONU ha approvato la risoluzione per la moratoria con 123 voti a favore, quindi con un numero maggiore di consensi rispetto al 2016 che aveva visto nella stessa Commissione 115 voti a favore e nell'Assemblea Generale dello stesso anno 117.
Senza dubbio un segnale positivo verso l’obiettivo dell’abolizione completa della pena capitale nel mondo!
Ci sono tuttavia, nonostante la tendenza abolizionista, segnali preoccupanti in alcuni Paesi per questioni legate al terrorismo e al traffico di droga. Nello specifico, nel 2016 si erano registrati importanti passi in avanti grazie ai primi voti a favore di Malawi, Swaziland, Namibia, Isole Salomone, Sri Lanka e Guinea, ma abbiamo purtroppo assistito anche ai passi indietro fatti da Seychelles, Niger, Filippine e Guinea Equatoriale, i quali si sono astenuti dopo aver precedentemente votato a favore, delle Maldive che sono passate dall’astensione al voto contrario e dal Ruanda, assente dopo avere in precedenza votato a favore.
La risoluzione che chiede una moratoria universale sulla pena di morte è promossa da una coalizione di paesi di tutto il mondo.
La campagna contro la pena di morte è stata tradizionalmente una delle priorità italiane, un contributo significativo è stato dato anche dalle organizzazioni della società civile che, insieme al ministero degli Esteri, fanno parte della Joint Task Force contro la pena di morte: la Comunità di Sant'Egidio, Amnesty International e Nessuno Tocchi Caino, che sono stati i principali promotori della moratoria.
Ecco i voti in commissione 2018 comparati con quelli in commissione e assemblea 2016)
123 a Favore (in commissione 115 - in assemblea generale 117)
36 Contrari (in commissione 38 - in assemblea generale 40)
30 Astenuti (in commissione 31 - in assemblea generale 31)
4 Assenti (in commissione 9 - in assemblea generale 5)
sabato 3 novembre 2018
Lo stato tedesco dell'Assia elimina la pena di morte
lo stato tedesco dell'Assia ha eliminato la pena di morte dalla costituzione che un'anomalia giuridica era rimasta nella costituzione dello stato.
Con il loro voto i cittadini hanno modificato una norma che da 69 anni conservava la pena di morte nell'Assia, seppur eliminata con la Costituzione del 1949. Un voto certamente simbolico, in quanto le leggi federali hanno sempre prevalso su quelle statali, tra il 1946 e il 1949, due persone furono condannate a morte nello stato, ma le sentenze furono successivamente commutate in ergastoli.
La pena capitale è vietata in tutti i paesi dell'UE, quindi questa strana anomalia era vista con imbarazzo dalla Germania, schietto oppositore della pena capitale.
La pena di morte in Germania fu infatti cancellata dall'ordinamento giudiziario della Repubblica Federale nel 1949, mentre nella Repubblica Democratica fu abolita nel 1987.
Con il loro voto i cittadini hanno modificato una norma che da 69 anni conservava la pena di morte nell'Assia, seppur eliminata con la Costituzione del 1949. Un voto certamente simbolico, in quanto le leggi federali hanno sempre prevalso su quelle statali, tra il 1946 e il 1949, due persone furono condannate a morte nello stato, ma le sentenze furono successivamente commutate in ergastoli.
La pena capitale è vietata in tutti i paesi dell'UE, quindi questa strana anomalia era vista con imbarazzo dalla Germania, schietto oppositore della pena capitale.
La pena di morte in Germania fu infatti cancellata dall'ordinamento giudiziario della Repubblica Federale nel 1949, mentre nella Repubblica Democratica fu abolita nel 1987.
venerdì 12 ottobre 2018
il 20° Stato Americano dice no alla pena di morte
da Avvenire:
Lo Stato di Washington mette fuorilegge il boia
di Elena Molinari
La Corte Suprema: è incostituzionale «Condanne commutate in ergastolo»
Un altro Stato americano - il ventesimo - dice no alla pena di morte. La Corte Suprema di Washington, nel Nordovest americano, ha dichiarato la pena capitale incostituzionale e commutato in ergastolo la sentenza degli otto condannati detenuti nel locale braccio della morte. La decisione dei nove giudici è stata unanime, ma per motivazioni diverse. La maggioranza ha dichiarato che sono la discriminazione razziale e l' arbitrarietà che accompagnano la punizione a violare la Carta costituzionale statale, mentre quattro hanno citato i «principi morali e giuridici» sui quali riposa la giurisprudenza statale come base della loro posizione. A Washington era già in atto una moratoria delle esecuzioni, ordinata nel 2014 dal governatore Jay Inslee nel 2014.
Negli Usa già altri 19 Stati hanno abolito la pena di morte, che è stata reintrodotta a livello federale negli Usa nel 1976.
Si tratta di Alaska, Connecticut, Delaware, District of Columbia, Hawaii, Illinois, Iowa, Maine, Maryland, Massachusetts, Michigan, Minnesota, New Jersey, New Mexico, New York, North Dakota, Rhode Island, Vermont, West Virginia, Wisconsin, oltre alla capitale Washington.
La sentenza è arrivata al termine della giornata mondiale contro la pena di morte e ha coinciso con la decisione del governo della Malaysia di disfarsi una
volta per tutte dei boia. «Il governo ha accettato di abolire la pena di morte.
Spero che la legge sarà presto modificata », ha detto ieri il ministro malese delle Comunicazioni e del Multimediale, Gobind Singh Deo: un annuncio che Amnesty International ha definito «sbalorditivo », considerando che più di 1.200 persone hanno ricevuto condanne a morte in Malaysia. Allo stesso tempo, però, il governo del Bangladesh ha approvato la pena di morte per i reati di droga, a soli pochi mesi dall'avvio di un giro di vite anti-droga che ha portato all'uccisione extragiudiziale di centinaia di persone.
Sono in tutto 142 i Paesi mondiale dove il ricorso al boia è proibito, per legge o in pratica: un numero che cresce ogni anno, evidenziando una chiara tendenza internazionale verso il rifiuto della pena capitale.
Anche negli Stati Uniti si registra una crescente ostilità dell' opinione pubblica nei confronti della morte di Stato e soprattutto del modo con cui viene imposta e somministrata. I casi di errori giudiziari, oltre alle notizie di esecuzioni dolorose e alle conseguenti cause legali contro i farmaci usati per le iniezioni letali hanno rallentato l' attività del boia negli Stati Uniti, dove più di 2.800 persone rimangono nel braccio della morte, mentre la conta delle esecuzioni è scesa a 23 lo scorso anno, contro le 98 del 1999.
RIPRODUZIONE RISERVATA.
ELENA MOLINARI
Lo Stato di Washington mette fuorilegge il boia
di Elena Molinari
La Corte Suprema: è incostituzionale «Condanne commutate in ergastolo»
Un altro Stato americano - il ventesimo - dice no alla pena di morte. La Corte Suprema di Washington, nel Nordovest americano, ha dichiarato la pena capitale incostituzionale e commutato in ergastolo la sentenza degli otto condannati detenuti nel locale braccio della morte. La decisione dei nove giudici è stata unanime, ma per motivazioni diverse. La maggioranza ha dichiarato che sono la discriminazione razziale e l' arbitrarietà che accompagnano la punizione a violare la Carta costituzionale statale, mentre quattro hanno citato i «principi morali e giuridici» sui quali riposa la giurisprudenza statale come base della loro posizione. A Washington era già in atto una moratoria delle esecuzioni, ordinata nel 2014 dal governatore Jay Inslee nel 2014.
Negli Usa già altri 19 Stati hanno abolito la pena di morte, che è stata reintrodotta a livello federale negli Usa nel 1976.
Si tratta di Alaska, Connecticut, Delaware, District of Columbia, Hawaii, Illinois, Iowa, Maine, Maryland, Massachusetts, Michigan, Minnesota, New Jersey, New Mexico, New York, North Dakota, Rhode Island, Vermont, West Virginia, Wisconsin, oltre alla capitale Washington.
La sentenza è arrivata al termine della giornata mondiale contro la pena di morte e ha coinciso con la decisione del governo della Malaysia di disfarsi una
volta per tutte dei boia. «Il governo ha accettato di abolire la pena di morte.
Spero che la legge sarà presto modificata », ha detto ieri il ministro malese delle Comunicazioni e del Multimediale, Gobind Singh Deo: un annuncio che Amnesty International ha definito «sbalorditivo », considerando che più di 1.200 persone hanno ricevuto condanne a morte in Malaysia. Allo stesso tempo, però, il governo del Bangladesh ha approvato la pena di morte per i reati di droga, a soli pochi mesi dall'avvio di un giro di vite anti-droga che ha portato all'uccisione extragiudiziale di centinaia di persone.
Sono in tutto 142 i Paesi mondiale dove il ricorso al boia è proibito, per legge o in pratica: un numero che cresce ogni anno, evidenziando una chiara tendenza internazionale verso il rifiuto della pena capitale.
Anche negli Stati Uniti si registra una crescente ostilità dell' opinione pubblica nei confronti della morte di Stato e soprattutto del modo con cui viene imposta e somministrata. I casi di errori giudiziari, oltre alle notizie di esecuzioni dolorose e alle conseguenti cause legali contro i farmaci usati per le iniezioni letali hanno rallentato l' attività del boia negli Stati Uniti, dove più di 2.800 persone rimangono nel braccio della morte, mentre la conta delle esecuzioni è scesa a 23 lo scorso anno, contro le 98 del 1999.
RIPRODUZIONE RISERVATA.
ELENA MOLINARI
Il sostegno dei cristiani ai passi per l'abolizione in Malaysia
Importante decisione riportata dall'Agenzia Fides
Kuala Lumpur (Agenzia Fides) - I cristiani in Malaysia hanno accolto con favore la decisione del governo malaysiano di fare passi concreti per abolire la pena di morte: lo dice all'Agenzia Fides il cattolico, Hector Fernandez, attivista e sostenitore della campagna abolizionista, impegnato all'interno dell'organizzazione “Malaysians Against Death Penalty and Torture” (MADPET). L'associazione ha esultato in seguito all'annuncio, formalizzato dal governo malese, di presentare nella prossima sessione parlamentare, che inizia il 15 ottobre, una proposta di legge per abolire la pena capitale.
La sera del 10 ottobre 2018, nella “Giornata mondiale contro la pena di morte”, il Consiglio dei ministri ha comunicato di voler abolire la pena di morte, ha dichiarato Liew Vui Keong, responsabile del Dipartimento per gli Affari legali del Primo ministro, affermando che, nel frattempo, le esecuzioni capitali sono state tutte sospese.
Per quanto riguarda le persone attualmente nel braccio della morte, sarà affidato a una speciale Commissione il compito di esaminare le loro domande. "La nostra opinione è che le condanne alla pena capitale già comminate non debbano essere eseguite. Sosteniamo la possibilità di commutare le loro pene" ha detto Fernandez.
Secondo dati ufficiali, sono 1.267 le persone nel braccio della morte ovvero il 2,7% della popolazione carceraria che in Malaysia tocca i 60.000 detenuti .
Benché l'annuncio del governo sia stato generalmente bene accolto, bisognerà aspettare che il Parlamento approvi il disegno di legge e che poi questo entri in vigore, si spera entro la fine del 2018.
"Speriamo che si tenga fede alla promessa di presentare e approvare la legge nella prossima sessione. Come cittadini, invitiamo i membri delle opposizioni ad appoggiare questa mossa del governo per abolire la pena di morte, così da avere la più ampia maggioranza possibile", conclude Fernandez.
"La nostra rete MADPET aspetta il giorno in cui potremo celebrare l'abolizione della pena di morte, e sparirà il braccio della morte in Malaysia" aggiunge Charles Hector, un altro membro dell'organizzazione. (SD) (Agenzia Fides 11/10/2018)
Kuala Lumpur (Agenzia Fides) - I cristiani in Malaysia hanno accolto con favore la decisione del governo malaysiano di fare passi concreti per abolire la pena di morte: lo dice all'Agenzia Fides il cattolico, Hector Fernandez, attivista e sostenitore della campagna abolizionista, impegnato all'interno dell'organizzazione “Malaysians Against Death Penalty and Torture” (MADPET). L'associazione ha esultato in seguito all'annuncio, formalizzato dal governo malese, di presentare nella prossima sessione parlamentare, che inizia il 15 ottobre, una proposta di legge per abolire la pena capitale.
La sera del 10 ottobre 2018, nella “Giornata mondiale contro la pena di morte”, il Consiglio dei ministri ha comunicato di voler abolire la pena di morte, ha dichiarato Liew Vui Keong, responsabile del Dipartimento per gli Affari legali del Primo ministro, affermando che, nel frattempo, le esecuzioni capitali sono state tutte sospese.
Per quanto riguarda le persone attualmente nel braccio della morte, sarà affidato a una speciale Commissione il compito di esaminare le loro domande. "La nostra opinione è che le condanne alla pena capitale già comminate non debbano essere eseguite. Sosteniamo la possibilità di commutare le loro pene" ha detto Fernandez.
Secondo dati ufficiali, sono 1.267 le persone nel braccio della morte ovvero il 2,7% della popolazione carceraria che in Malaysia tocca i 60.000 detenuti .
Benché l'annuncio del governo sia stato generalmente bene accolto, bisognerà aspettare che il Parlamento approvi il disegno di legge e che poi questo entri in vigore, si spera entro la fine del 2018.
"Speriamo che si tenga fede alla promessa di presentare e approvare la legge nella prossima sessione. Come cittadini, invitiamo i membri delle opposizioni ad appoggiare questa mossa del governo per abolire la pena di morte, così da avere la più ampia maggioranza possibile", conclude Fernandez.
"La nostra rete MADPET aspetta il giorno in cui potremo celebrare l'abolizione della pena di morte, e sparirà il braccio della morte in Malaysia" aggiunge Charles Hector, un altro membro dell'organizzazione. (SD) (Agenzia Fides 11/10/2018)
mercoledì 10 ottobre 2018
Marco Impagliazzo: nessuno più dia la morte
da Avvenire
10 ottobre 2018
EDITORIALE GIORNATA CONTRO LA PENA CAPITALE
Da sedici anni a questa parte la Giornata Mondiale contro la pena di morte è un' occasione di sensibilizzazione e mobilitazione a favore del più inalienabile dei diritti, quello alla vita. Tema di quest' anno è la salvezza delle oltre ventimila persone condannate a morte in tutto il mondo, ma anche il miglioramento delle loro condizioni di detenzione. In molti Paesi, infatti, la prassi è ben diversa nonostante l' obbligo a un trattamento umano di chi ogni prigioniero. Anche di chi è stato condannato alla pena capitale. Quasi che i condannati a morte morti già fossero per chi li circonda. Negli Usa, in Giappone, in Pakistan, in Vietnam, sono spesso tenuti in isolamento e non hanno il permesso di uscire neanche per un' ora d' aria. Eppure, come scriveva Dostoevskij, «il grado di civiltà di una società si misura dalle sue prigioni».
Ma è proprio di civiltà che dovremmo parlare in questa Giornata. Civiltà giuridica, senz' altro. Civiltà tout court, della mente, del cuore, della parola. Se l' abolizione della pena capitale si fa strada nel mondo (come quest' anno è avvenuto in Burkina Faso, Paese che peraltro ha subito gravi atti terroristici), se il numero delle esecuzioni cala, ebbene, tra le opinioni pubbliche e sui media il richiamo della barbarie esercita un richiamo non residuale, anzi a volte potente. Lo abbiamo visto in diverse elezioni presidenziali, dalle Filippine al Brasile. La tentazione di una soluzione spiccia e sommaria al problema del crimine guadagna spazio nell' immaginario di tanta gente.
Tutto ciò rende evidente come il problema della sensibilizzazione su un tema come questo sia sempre più importante, coinvolgendo i popoli quanto gli Stati. Preziosa, allora, è stata la netta presa di posizione di papa Francesco, che ha modificato un articolo del Catechismo della Chiesa cattolica (n. 2267), affermando, alla luce del Vangelo, «l' inammissibilità della pena di morte perché attenta all' inviolabilità e dignità della persona ». Essere contro la pena capitale si traduce, insomma, in una vigilanza continua sulla società e su noi stessi: un modo per sottrarsi al sonnambulismo che porta al disinteresse per la vita altrui o, addirittura, al desiderio di eliminazione dell' altro. In America la presa di posizione del Papa ha avuto effetti significativi: molti cattolici hanno alzato ancor più la loro voce, mentre alcune Conferenze episcopali hanno chiesto ai fedeli di attivarsi nei confronti delle autorità per fermare la mano del boia.
Ma ognuno di noi può fare qualcosa, anche nei Paesi già abolizionisti. La sfida è svelenire un clima che chiede vendetta, più che giustizia; è dire 'no' a una cultura dello scarto e 'sì' a una cultura della riabilitazione. Si può - come già accade - mobilitarsi in difesa della vita dei condannati, riuscendo in alcuni casi a fermare l' esecuzione. Oppure si può tendere la mano alle migliaia di persone che sono nei bracci della morte, scrivendo loro lettere, alleviandone la durezza della detenzione, favorendo il loro percorso interiore, finendo per essere quell' ora d' aria che a tanti manca.
Ricevere una lettera - come raccontano le centinaia di detenuti in contatto con i loro 'amici di penna' di Sant' Egidio e di altre realtà di volontariato - è il segno che qualcuno ha a cuore la tua vita. È un legame con il mondo esterno. È uno spazio libero nella vita di uomini e donne in catene. Ricevere posta è un po' come allargare le sbarre. E, d' altra parte, scrivere una lettera - lo raccontano tanti che corrispondono con i condannati a morte - è rendersi conto, come ha detto suor Helen Prejean, che «un essere umano è molto di più della peggiore cosa che possa aver fatto».
Del resto, ricordiamoci che la giustizia umana può sbagliare, che tanti innocenti hanno passato anni nei bracci della morte finendo sul patibolo e ogni credente ha nel Vangelo della Passione il più chiaro esempio della fallibilità del sistema giudiziario. Questa giornata mondiale dovrebbe quindi convincerci una volta di più della necessità di mettere in soffitta i troppi ingegnosi sistemi escogitati dall' uomo per mettere a morte il proprio simile e lavorare tutti per un mondo liberato dalla pena capitale, un mondo dove vinca la vita.
RIPRODUZIONE RISERVATA.
MARCO IMPAGLIAZZO
10 ottobre 2018
EDITORIALE GIORNATA CONTRO LA PENA CAPITALE
NESSUNO PIÙ DIA MORTE
di Marco Impagliazzo
Da sedici anni a questa parte la Giornata Mondiale contro la pena di morte è un' occasione di sensibilizzazione e mobilitazione a favore del più inalienabile dei diritti, quello alla vita. Tema di quest' anno è la salvezza delle oltre ventimila persone condannate a morte in tutto il mondo, ma anche il miglioramento delle loro condizioni di detenzione. In molti Paesi, infatti, la prassi è ben diversa nonostante l' obbligo a un trattamento umano di chi ogni prigioniero. Anche di chi è stato condannato alla pena capitale. Quasi che i condannati a morte morti già fossero per chi li circonda. Negli Usa, in Giappone, in Pakistan, in Vietnam, sono spesso tenuti in isolamento e non hanno il permesso di uscire neanche per un' ora d' aria. Eppure, come scriveva Dostoevskij, «il grado di civiltà di una società si misura dalle sue prigioni».
Ma è proprio di civiltà che dovremmo parlare in questa Giornata. Civiltà giuridica, senz' altro. Civiltà tout court, della mente, del cuore, della parola. Se l' abolizione della pena capitale si fa strada nel mondo (come quest' anno è avvenuto in Burkina Faso, Paese che peraltro ha subito gravi atti terroristici), se il numero delle esecuzioni cala, ebbene, tra le opinioni pubbliche e sui media il richiamo della barbarie esercita un richiamo non residuale, anzi a volte potente. Lo abbiamo visto in diverse elezioni presidenziali, dalle Filippine al Brasile. La tentazione di una soluzione spiccia e sommaria al problema del crimine guadagna spazio nell' immaginario di tanta gente.
Tutto ciò rende evidente come il problema della sensibilizzazione su un tema come questo sia sempre più importante, coinvolgendo i popoli quanto gli Stati. Preziosa, allora, è stata la netta presa di posizione di papa Francesco, che ha modificato un articolo del Catechismo della Chiesa cattolica (n. 2267), affermando, alla luce del Vangelo, «l' inammissibilità della pena di morte perché attenta all' inviolabilità e dignità della persona ». Essere contro la pena capitale si traduce, insomma, in una vigilanza continua sulla società e su noi stessi: un modo per sottrarsi al sonnambulismo che porta al disinteresse per la vita altrui o, addirittura, al desiderio di eliminazione dell' altro. In America la presa di posizione del Papa ha avuto effetti significativi: molti cattolici hanno alzato ancor più la loro voce, mentre alcune Conferenze episcopali hanno chiesto ai fedeli di attivarsi nei confronti delle autorità per fermare la mano del boia.
Ma ognuno di noi può fare qualcosa, anche nei Paesi già abolizionisti. La sfida è svelenire un clima che chiede vendetta, più che giustizia; è dire 'no' a una cultura dello scarto e 'sì' a una cultura della riabilitazione. Si può - come già accade - mobilitarsi in difesa della vita dei condannati, riuscendo in alcuni casi a fermare l' esecuzione. Oppure si può tendere la mano alle migliaia di persone che sono nei bracci della morte, scrivendo loro lettere, alleviandone la durezza della detenzione, favorendo il loro percorso interiore, finendo per essere quell' ora d' aria che a tanti manca.
Ricevere una lettera - come raccontano le centinaia di detenuti in contatto con i loro 'amici di penna' di Sant' Egidio e di altre realtà di volontariato - è il segno che qualcuno ha a cuore la tua vita. È un legame con il mondo esterno. È uno spazio libero nella vita di uomini e donne in catene. Ricevere posta è un po' come allargare le sbarre. E, d' altra parte, scrivere una lettera - lo raccontano tanti che corrispondono con i condannati a morte - è rendersi conto, come ha detto suor Helen Prejean, che «un essere umano è molto di più della peggiore cosa che possa aver fatto».
Del resto, ricordiamoci che la giustizia umana può sbagliare, che tanti innocenti hanno passato anni nei bracci della morte finendo sul patibolo e ogni credente ha nel Vangelo della Passione il più chiaro esempio della fallibilità del sistema giudiziario. Questa giornata mondiale dovrebbe quindi convincerci una volta di più della necessità di mettere in soffitta i troppi ingegnosi sistemi escogitati dall' uomo per mettere a morte il proprio simile e lavorare tutti per un mondo liberato dalla pena capitale, un mondo dove vinca la vita.
RIPRODUZIONE RISERVATA.
MARCO IMPAGLIAZZO
10 ottobre, Sant'Egidio rafforza l'impegno contro la pena di morte
In occasione della Giornata mondiale contro la pena capitale Sant'Egidio organizza visite nei bracci della morte in diversi continenti.
Cresce la mobilitazione della società civile: nel 2018 un migliaio di cittadini ha chiesto alla Comunità di corrispondere con un condannato. Migliaia gli appelli inviati per chiedere clemenza per chi rischia l'esecuzione.
https://www.santegidio.org/Giornata-Mondiale-contro-la-Pena-di-Morte.
www.santegidio.org/SCRIVI-A-UN-CONDANNATO-A-MORTE.html
nodeathpenalty.santegidio.org/Cities_for_Life
nodeathpenalty.santegidio.org/Appelli-urgenti
http://nodeathpenalty.santegidio.org/Appelli-urgenti.html
Cresce la mobilitazione della società civile: nel 2018 un migliaio di cittadini ha chiesto alla Comunità di corrispondere con un condannato. Migliaia gli appelli inviati per chiedere clemenza per chi rischia l'esecuzione.
https://www.santegidio.org/Giornata-Mondiale-contro-la-Pena-di-Morte.
www.santegidio.org/SCRIVI-A-UN-CONDANNATO-A-MORTE.html
nodeathpenalty.santegidio.org/Cities_for_Life
nodeathpenalty.santegidio.org/Appelli-urgenti
http://nodeathpenalty.santegidio.org/Appelli-urgenti.html
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